La danza classica è una disciplina complessa. La progettualità del movimento che questo tipo di vocabolario richiede, comporta una tale quantità di cose da gestire contemporaneamente che a volte viene spontaneo contrarre tutto, dalla testa ai piedi, senza neanche respirare, come se persino le funzioni di base fossero qualcosa in più che in quel momento non ci si può permettere di controllare. Mi ritrovo molto spesso ad urlare ‘respiraaaaa!’ o a suggerire io stessa l’azione, facendo sonore espirazioni al punto da rischiare di andare in iperventilazione, mentre le persone che ho davanti si ostinano a non emettere una sola molecola di Co2. Questo riflesso automatico di trattenere il fiato mentre si danza è una delle prime cose su cui amo indagare quando mi trovo di fronte ad un nuovo gruppo, perché credo fermamente che questo aspetto del lavoro, insieme ad un corretto allineamento, siano la base di qualsiasi pratica corporea. Il respiro è l’unica funzione del sistema nervoso autonomo sulla quale abbiamo la possibilità di agire volontariamente e questa azione, se svolta consapevolmente, avrà degli effetti nella totalità del corpo. Un’adeguata, ampia, appagante respirazione, in entrambe le fasi, non ha effetti positivi solo a livello fisiologico, per l’approvvigionamento di ossigeno, ma anche nella sfera emotiva e infine, ma non meno importante, sulla qualità del nostro movimento. Invito i danzatori ad osservare la propria respirazione durante l’esecuzione degli esercizi, senza fare nulla, solo ascoltare. Già nel fare questo spesso compaiono le prime difficoltà, perché non si riesce a porre attenzione al respiro o perché ci si accorge che non ha una qualità soddisfacente. Allora suggerisco di non cercare semplicemente di respirare nel movimento, ma piuttosto di ribaltare il punto di vista e provare a muoversi nel respiro, capovolgendo ogni consuetudine. Buddhadasa, nel suo libro ‘ La consapevolezza del respiro ‘ , mi ha donato questa idea, sottile e poetica, di immaginare il respiro come un corpo dentro al nostro corpo. Così per me il corpo che danza contiene in sé un corpo che respira. Ed è proprio questo corpo interno, leggero, potente e pulsante, che permette a quello esterno di muoversi con consapevolezza e integrazione. Possiamo osservare il respiro che si gonfia e si estende fino ad occupare tutto lo spazio disponibile, senza limitarsi alla regione toracica, e lasciare che questi due corpi, uno dentro l’altro, si muovano insieme in una armonia danzante. Ripeto queste informazioni quasi ad ogni lezione, perché ogni corpo ha i suoi tempi di metabolizzazione. Poi, all’improvviso, scatta qualcosa, il concetto matura e il corpo COMPRENDE DI AVER COMPRESO. Il respiro si prende il ruolo che gli compete e avviene qualcosa di straordinario, un cambiamento improvviso e simultaneo nella totalità del corpo: gli spazi interni e quelli esterni si aprono, come se diventassero più grandi. Il peso scende fluidamente lungo le gambe, i piedi cominciano a dialogare con il pavimento, tutte le tensioni superflue svaniscono e finalmente la danza vive gioiosa, espandendosi e contraendosi come se tutto il corpo, in ogni sua parte, agisse in armonia con la respirazione. La bellezza dello sguardo quasi incredulo, di chi si sente totalmente dentro al proprio corpo, che risponde secondo un’organizzazione intelligente, tocca sempre una corda sensibile in me. La loro felicità è anche la mia. In quel momento sento il mio stesso corpo prendersi una bella boccata d’ossigeno, anche io percepisco un senso spaziale amplificato, i miei polmoni si riempiono e si svuotano in profondità, partecipi di questa ritrovata libertà.
Una boccata d’ossigeno. Lia Courrier e la libertà in un respiro.
Lia Courrier
Lia Courrier studia arte grafica e danza classica nella città di Catania fino alla decisione, all’età di quindici anni, di trasferirsi a Milano per approfondire gli studi coreutici alla Scuola Professionale Italiana Danza (s.p.i.d.).i primi lavori sono tutti sotto la direzione di coreografi legati al balletto: danzatrice stabile al teatro Litta di Milano, danzatrice per Marco Pierin, Alessandra Panzavolta.lavora come mimo-danzatore per il teatro alla Scala, il Carlo Felice e il Comunale di Firenze, sotto la direzione dei registi: Keita Asari, Robert Carsen, Robert Lepage, Giorgio Barberio Corsetti. Dal 2000 inizia il lavoro di insegnante di danza. Studia release technique, con (tra gli altri):Juliette Mapp, Diane Madden, Jeremy Nelson, anatomia esperienziale con Eva Karczag e Body Mind Centering con Trisha Bauman. Ha all’attivo diverse collaborazioni,che hanno portato alla creazione di performance e opere di videodanza rappresentate in vari festival, quali: Lavoriinpelle, Insoliti (corti di danza d’autore), “insoliti Off” , “convergenze”, festival “Bergamo danza estate”, il coreografo elettronico, “festival del ticino”, “danza InMediata” per Ariella Vidach. Per diversi anni ha collaborato con altri performers nell’associazione culturale Graziadicolpo, di cui è stata fondatrice, realizzando performance legate esclusivamente alla pratica e all’utilizzo della composizione estemporanea e produzioni teatrali. Realizza i movimenti scenici per l’opera teatrale ‘Modì, l’ultimo inverno di Amedeo Modigliani’, uno spettacolo musicale diretto e composto da Gipo Gurrado, rappresentato per due stagioni al Teatro Leonardo di Milano. Fondatrice, con Rebecca Pesce e Stefania Trivellin, di ARTICHOKE, un progetto di alta formazione coreutica dedicato e focalizzato sulla danza contemporanea e di ricerca. Attualmente è docente di danza classica e anatomia del movimento in percorsi di avviamento professionale nella città di Milano e dintorni, per lezioni professionali, nonché docente di danza contemporanea in stages e incontri formativi per attori. Nel suo lavoro di insegnante tutto il suo bagaglio e le sue esperienze trasversali confluiscono in un approccio al movimento in cui consapevolezza, coordinazione e dinamica sono protagoniste assolute. Oltre ad essere una danzatrice ed insegnante di danza Lia Courrier è anche un’operatrice olistica in biodinamica cranio sacrale.