Le ballerine di Edgar Dégas sono famose a livello planetario, presenti non solo nei musei, ma su borse, magliette, fermacapelli, quaderni e su ogni genere di oggetto di uso comune. Hanno raggiunto lo status di icone di una bellezza, al punto che almeno una volta nella vita sono entrate in contatto con ognuno di noi. Una parte consistente della produzione di questo pittore, infatti, ritrae vari momenti della vita delle ballerine dell’Opéra durante le prove e sulla scena, immortalate per sempre su quelle tele che, prese tutte insieme, raccontano la storia della danza alla fine del 1800, periodo in cui l’ ideale femminile evanescente e tormentato era perfettamente incarnato nel corpo della ballerina che si erge sulle punte dei piedi quasi staccandosi da terra.
Qualche giorno fa, mentre contemplavo per l’ennesima volta le sue opere, la mia attenzione è stata catturata da una figura che non avevo mai analizzato in modo approfondito: il maestro di danza.
Mantengo fermamente l’accezione maschile del termine, dal momento che il maestro è il solo uomo, a parte i maestri accompagnatori, ritratto nella serie dedicata alla danza: nessun ballerino. Mentre provo a pormi domande sul significato di queste lapidarie distinzioni di genere, sono già sprofondata nella contemplazione di quella figura e di come il pittore lo ha inserito drammaturgicamente nella composizione. In un quadro compare un maestro al cospetto di un gruppo di ballerine: il suo atteggiamento è distaccato, c’è una grande distanza, fisica ed emotiva, tra lui e l’ammasso di tulle, fiocchi e scarpette che ha dinanzi. I capelli bianchi e la postura stanca ne tradiscono l’età. È vestito di tutto punto, con un morbido completo fresco e leggero, giacca e pantaloni, con delle buffe scarpette che lo fanno sembrare un maestro di arti marziali cinesi. In un altro dipinto, invece, compare un maestro più giovane, con dei baffoni neri, fasciato in un elegante completo bianco, con cravattino blu e panciotto. Sembra pronto più per una petit déjeuner sur l’herbe piuttosto che per una lezione di danza.
Entrambi stringono l’immancabile bastone, come un pastorale.
Rimango qualche minuto ad osservare il maestro ritratto da Dégas.
Nell’immaginario comune ogni maestro di danza classica ha sempre un bastone con sé, lo usa per battere il tempo e, all’occorrenza, anche per spingere le gambe degli allievi più in alto. Trovo molto divertente che, persino nella copertina della rubrica che state leggendo, sia raffigurata una maestra che stringe tra le mani un sottile bastone, tenuto nella stessa identica posizione dei maestri di Degas.
Pare proprio che il bastone sia una protesi fisica dell’autorità stessa del maestro.
Sono consapevole di essere, in assoluto, la maestra più lontana da questa immagine, ma il fatto che compaia in qualcosa che mi rappresenta non mi disturba affatto, perché possiamo considerare il bastone come un simbolo, il cui significato è correlato ad una certa austerità, autodisciplina e spirito di dedizione che la danza classica richiede. Dai tempi di Dégas sono passati moltissimi anni, durante i quali ci siamo potuti emancipare dall’utilizzo di questo attrezzo, soprattutto quando optiamo per l’autorevolezza, più che per l’autorità. Però in fondo, il bastone esiste nella memoria di ciò che trasmettiamo,nella storia stessa di questo linguaggio coreutico e noi possiamo usarlo anche senza averne fisicamente uno tra le mani, utilizzando in sua vece gesti e parole quando vogliamo spronare i nostri allievi. In questo modo ognuno di noi può forgiare il proprio personale bastone come meglio crede. Il mio, per esempio, lo uso più per sostenere che non per punzecchiare, ed è principalmente composto da una sana, a volte irriverente ironia. È così che riesco a creare l’atmosfera giusta in classe per poter lavorare sodo ma con lievità : una dimensione ideale per me e per i danzatori che seguono le mie lezioni. Il mio bastone esorcizza le frustrazioni e alleggerisce il carico, già consistente, composto da azioni quali: controllare, correggere, migliorare, coordinare, tenere, rilasciare, spingere, allungare, strisciare, sollevare, stendere.
L’importante, infine, è rimanere fedeli a ciò che si vuole trasmettere ai propri allievi, senza mai smettere di amare la danza e senza far perdere loro la gioia di farlo.
Possiamo fare tutto questo, anche senza un bastone di legno tra le mani.