6 aprile possibile nuova data di riapertura dei luoghi della cultura

di Giada Feraudo
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“Cinema e teatri verso la riapertura dal 6 aprile”. Ormai i giornali non cambiano nemmeno più i titoli ma soltanto le date. Del resto come biasimarli (sotto questo aspetto) dato il continuo balletto di numeri che farebbe girare la testa al miglior matematico del mondo.

Di DPCM in DPCM da un anno continuiamo a spostare la pedina di due settimane in due settimane, di mese in mese, “stiamo distanti ora per riabbracciarci più forte domani” diceva l’ex premier Conte in uno dei primi discorsi, che poi è diventato “resistiamo adesso per salvare il Natale e trascorrerlo insieme ai nostri cari”, ma neanche questo è andato come speravamo. 15 febbraio? No, si cambiano le carte in tavola e lo si comunica la sera precedente, slitta tutto al 5 marzo… anzi no, già che ci siamo facciamo direttamente 6 aprile perché le vacanze pasquali potrebbero essere occasione di assembramento. E magari poi qualcuno potrebbe anche ricordare che c’è il 25 aprile (ah no, cade di domenica), e l’1 maggio (di sabato anche quello, mannaggia!) ma anche senza ponte magari possiamo tenere chiuso lo stesso, simbolicamente. Così non viene in mente a nessuno di fare cose strane, non si sa mai.

«Perché tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi» affermava il principe di Salina nel celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo. E tant’è, verità sempre valida, presa alla lettera. Ogni giorno c’è qualcosa di “nuovo”: regioni che cambiano colore, in raffinate nuances di giallo arancione arancione scuro rosso che probabilmente nemmeno Manet aveva nella sua tavolozza quando dipinse “Impression, soleil levant”, l’opera che diede avvio al movimento dell’Impressionismo. E così come gli Impressionisti furono esclusi dal “Salon” accademico parigino, creando in risposta l’altrettanto celebre “Salon des Refusés”, anche in questo caso i refusés sono assai numerosi. Teatri, scuole di danza, tutte le discipline artistiche, cinema, palestre, piscine, e l’elenco sarebbe ancora tanto lungo non volendo dimenticare nessuno.

In tutto questo mare magnum intanto (senza vena polemica da parte della sottoscritta, ma solo per osservazione oggettiva) facciamo Sanremo, dove se da un lato molti artisti e maestranze hanno occasione di lavorare almeno per qualche giorno, tanti altri lo percepiscono, a torto o a ragione, come un affronto nei confronti di chi questo lavoro non lo può attualmente fare. Del resto che il concetto di panem et circensem funzionasse alla grande l’avevano capito già gli antichi romani, e continua, evidentemente, ad essere sempre in auge.

L’ancora ministro della cultura Dario Franceschini ha espresso la volontà di riaprire teatri (e altri luoghi della cultura quali musei e sale cinematografiche) il 27 marzo, in occasione della giornata mondiale del teatro. Desiderio che fa sorridere con pietà mista ad isteria, anche se ormai nessuno più sorride, perché forse non è chiaro che un teatro, nemmeno riesumando un allestimento dalla propria cantina, dopo una chiusura lunga un anno, può mettere in scena in 3 settimane qualcosa di proponibile a un (possibile?) pubblico pagante. Soprattutto perché si parla già del 6 aprile dato che c’è la Pasqua di mezzo e non si vuole rischiare… quindi non più il 27 marzo? In una situazione di totale incertezza è chiaro che non è possibile definire nulla, per nessuno.

Si cerca comunque di lavorare a protocolli che prevedano regole più severe per cinema e teatri: mascherina Ffp2 obbligatoria sempre, biglietti nominativi prenotati online per consentire il tracciamento ed evitare il pagamento alle casse, sanificazione al termine di ogni spettacolo, ultima visione entro le 22 per i cinema, ingressi contingentati. Ma non è scontato che tutto questo sarà sufficiente a consentire il via libera.

Perciò, in sostanza, per ora ancora tanto fumo e niente arrosto. O meglio, l’arrosto forse sì ma forse no.

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