La danza non è un arabesque venuto bene, non è un collo del piede pronunciato e nemmeno un tutù che si muove su un palco. Danzare vuol dire metterci l’anima, il cuore, la testa, l’impegno, la passione, i sacrifici, lamore…metterci tutto se stessi…mostrarsi dentro….e se allora ballare fosse una punizione, condannatemi a vita!
Nell’ultima parte di questo Danzaperché viene inserito un nuovo concetto che ancora non avevamo letto, un concetto che sicuramente ci sorprende e ci fa riflettere: il ballo associato a una punizione e quindi a una ben accolta anzi desiderata, auspicata condanna a vita eventuale!
Quando chiesi a Marianna, lautrice 15enne di questo Danzaperché, come le fosse venuta in mente questa metafora mi rispose con il candore dei suoi anni che quando i genitori mettono in castigo i figli per supposti errori commessi, generalmente tolgono il cellulare o revocano qualche altro privilegio o permesso…ecco, se invece la punizione per un errore fosse danzare per lei sarebbe meraviglioso!
Peccato che invece a volte succeda proprio il contrario e cioè che alcuni genitori come modalità punitiva tolgano la danza al figlio perché pensano che possa distrarlo, allontanarlo dagli studi e così facendo spesso ottengono l’obiettivo contrario!
Marianna con la sua metafora mi ha molto incuriosita e sono andata alla ricerca del concetto danza/punizione nella letteratura e nella storia del balletto e immediatamente mi è venuto in mente il balletto romantico per eccellenza e cioè Giselle dove le Villi, creature leggendarie della tradizione slava e germanica, spiriti di fanciulle morte per l’abbandono il giorno prima del matrimonio, si aggirano tra i boschi indossando l’abito nuziale e costringendo gli uomini in cui si imbattono a danzare fino alla morte!
Attenzione dunque ingrati fidanzati a non aggirarvi mai tra i boschi!
In attesa dei vostri Danzaperché alla nostra email [email protected] come sempre vi saluto e vi auguro buona settimana in danza!