Dramma in tutti i sensi al Teatro dell’Opera di Roma: all’ordine del giorno del consiglio di amministrazione la chiusura della fondazione che ne detiene la gestione. Evento, quest’ultimo, che non è mai accaduto in Italia dal dopoguerra ad oggi. Centrale il peso dei sindacati, i quali richiedono l’annullamento dell’accordo dell’8 Luglio, in contrasto con il CDA della Fondazione che, al contrario, ne esige il rispetto.
Sul palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma viene rappresentata ancora una volta una tragedia intessuta di congiure, di intrighi e di complotti. Eppure, non è una messa in scena: è la realtà.
Lo scenario più probabile? Il fallimento, nella prospettiva del sovrintendente Carlo Fuortes; la nomina di un commissario che decida sul processo di liquidazione dei beni e delle risorse. La mediazione si prefigura difficile e dura. È stata una corsa contro il tempo quella che è stata affrontata ieri, 29 Luglio. L’unica possibilità che può salvare il Costanzi è il referendum sindacale. Oltre il 66% dei lavoratori – con più di 300 firme su 460 dipendenti – nei giorni passati ha chiesto di convocare una consultazione interna che possa finalmente ratificare il piano di rientro che il sovrintendente Fuortes deve presentare al Governo entro fine mese, pena il fallimento per debiti (oltre 25 milioni di euro) del Teatro della capitale, che ha visto trionfare glorie del passato, come Maria Callas, Beniamino Gigli, Rudolf Nureyev e molti altri. La manovra di salvataggio elaborata da Fuortes, che genera un cauto ottimismo, è stata già sottoscritta da quasi tutti i sindacati, eccezion fatta per Cgil e Fials Cisal. Due sigle che rappresentano il 25% dei lavoratori, ma che, con il loro veto, tengono in pugno il destino del Teatro, poiché senza le loro firme il piano non può essere validato da Palazzo Chigi. Un conto alla rovescia che scadrà domani, 31 Luglio. Nuovi scioperi all’orizzonte, dunque, dopo la Bohème a Caracalla senza orchestrali e le repliche saltate. Il sindacato, contro cui grava anche un esposto alla Corte dei Conti atto a mettere nel mirino clientelismo, presunti privilegi e denunce di mala gestione, è pronto a far saltare anche la replica del Barbiere di Siviglia, finora sempre andato in scena regolarmente.
Il danno per il teatro è stato di circa centomila euro, tanti sono i biglietti già venduti che ora vanno rimborsati. Già centinaia di acquirenti scontenti, durante la giornata di Domenica 27 Luglio, si sono messi in coda alle biglietterie, mentre a pochi passi circa duecento lavoratori manifestavano la loro delusione contro chi ha organizzato lo sciopero che ha provocato la cancellazione della rappresentazione. «Con la scusa di difendere i lavoratori dai prepensionamenti, due sindacati vogliono difendere altri privilegi». L’ultima trattativa reca la data di ieri e si è consumata negli uffici del Dipartimento Cultura del Comune, dove l’assessore Marinelli ha convocato i vertici regionali di Cgil, Cisl, Uil e Fials per provare in extremis a far rientrare la protesta al fine di evitare l’arrivo di un nuovo commissario. Un nervo scoperto, insomma, per la cultura, che soffre i tagli di anni forse decenni di cattiva amministrazione e privilegi.