Il ritorno a Londra del Mariinsky Ballet, che ha occupato il cartellone della Royal Opera House dal 28 di Luglio al 16 di Agosto, ha regalato emozioni impareggiabili al pubblico accorso numerosissimo per ammirare i danzatori della prestigiosa compagnia, impegnati in classici per eccellenza come Il lago dei Cigni e Romeo e Giulietta, in capolavori di Balanchine e Ashton come Apollo, Sogno di una notte di mezza estate, Marguerite e Armand e Uccello di Fuoco, ma anche in opere nuove dell’innovativo coreografo Alex Ratmansky, e precisamente Concerto DSCH e Cenerentola.
Proprio questa versione di Cenerentola, rappresentata per la prima volta al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo nel 2012 e riproposta nelle sere del 15 e 16 Agosto al Teatro di Covent Garden, ha fatto conoscere al pubblico inglese Alex Ratmansky, coreografo formatosi alla scuola del Bolshoj di Mosca e oggi stabile all’American Ballet, conosciuto per la sua capacità di rivitalizzare le opere tradizionali, donando loro un’energia dinamica e originale, più vicina allo spirito contemporaneo. Benché, a mio avviso, non tutte le volte queste operazioni si rivelino vincenti, è certo doveroso ammettere che nella Cenerentola di Ratmansky non si toccano mai punte troppo estreme né si arriva a stravolgimenti eccessivamente arditi.
La serata del 16 Agosto ha visto in scena un cast di danzatori veramente straordinari per la loro padronanza tecnica, ma anche estremamente coinvolgenti dal punto di vista interpretativo, iniziando da Anastasia Petushkova, la quale ha dato vita a una matrigna ricca di personalità, ma sempre esilarante, capace di concentrare su di sé l’attenzione del pubblico a ogni suo intervento e di strappare sempre applausi e risate. Così come Margarita Frolova e Ekaterina Ivvanikova, le spassose sorellastre, che hanno affiancato la matrigna in maniera egregia.
Le Stagioni, normalmente affidate a quattro ballerine, erano qui interpretate da quattro danzatori che, nonostante la loro inconfutabile bravura e musicalità, a tratti apparivano – sfortunatamente – un po’ impropri e fuori contesto nei costumi ideati per loro da Elena Markovskaya, la quale, al contrario, ha contribuito, per mezzo delle sue creazioni, a valorizzare tutti gli altri personaggi del balletto. Anche la Fata Madrina, Elena Bazhenova, ha perso in questa versione, ahimè, tutta la sua sfolgorante aura magica, perché ridotta ad una vecchietta mendicante, ingobbita dal peso di una borsa di rete piena di arance, che porta su e giù per il palcoscenico. Favoloso, invece, e charmant il Principe, Vladimir Shklyarov, il quale, con eleganza e padronanza del ruolo, si presenta al ballo in un elegantissimo smoking bianco, facendo andare in deliquio tutte le invitate, sorellastre e matrigna comprese, che fanno di tutto proprio per farsi notare da lui.
Ma una menzione del tutto particolare è doverosa per Nadezhda Batoeva, una Cenerentola davvero incantevole per delicatezza e naturalezza del movimento, ma fornita al tempo stesso di una tecnica d’eccellenza, che riesce a trasformare i passaggi più ostici richiesti dalla complessa coreografia in una danza di grazia e leggerezza. Commoventi i passi a due d’amore tra il Principe e Cenerentola, resi dai due interpreti in maniera talmente convincente, da poter quasi sentire per davvero i palpiti dei loro cuori innamorati, grazie a una danza che riesce a rendere palpabile l’entusiasmo giovanile della scoperta dell’amore. Davvero indimenticabili.
Al termine della rappresentazione, tantissimi gli applausi per tutti gli interpreti, in particolare per la Batoeva e Shklyarov, chiamati alla ribalta più di una volta a sipario già chiuso, per ricevere dal pubblico vere ovazioni, segno che questa versione di Cenerentola ha fatto sicuramente breccia nel cuore del pubblico londinese, nonostante si presentasse come un allestimento innovativo, moderno, che nell’insieme non ha stravolto in maniera eclatante l’originale. A mio avviso, però, è sfumata a tratti la magia propria della favola, il sogno in cui poter immedesimarsi, il che suscita nostalgia per allestimenti più tradizionali che meglio riescono a trasportarci in una dimensione lontana dal reale. Del resto, non servono forse proprio a questo le favole?
Crediti fotografici: Dave Morgan, John Ross