Buongiorno amici di Hip Hop Circle, per voi ho incontrato Anna Simone, in arte Big Mama, che si è raccontata, tra danza e passioni.
Raccontaci la tua storia e come ti sei avvicinata al mondo dell’Hip Hop
Ho iniziato a ballare all’età di 8 anni, in una scuola a Novate Milanese con un’insegnante fantastica con la quale ho studiato lo stile moderno; successivamente ho studiato con Tony B., specializzato in tap fusion e danza moderna. Loro mi hanno dato tantissimo, insegnandomi la tecnica, il controllo del mio corpo e la capacità di ascoltare la musica.
Questi insegnanti mi hanno portato ai primi stage di Hip Hop, e da lì me ne sono innamorata. La musica Hip Hop e black mi sono sempre piaciute, ma da quel momento ho iniziato a viverle anche nella danza, scoprendo che, guardando i video di Missy Elliott, sognavo di lavorare con lei. Chi non lo sogna? A 18 anni, andavo ovunque studiando con molti insegnanti, fino a che non ho conosciuto Betty Style, figura fondamentale nella mia esperienza, dalla quale ho imparato molto dell’Hip Hop; è stata per me una compagna e un’insegnante, e io per lei la sua assistente prima di creare la crew “Spit”.
Quali sono le crew con cui hai lavorato, oltre la “Spit”?
La Spit è stata la mia prima crew, con le mie compagne Betty Style e Rachele Tarantino, detta Ra; balliamo soprattutto Hip Hop, anche se molto spesso inseriamo anche brani di dance hall. Abbiamo lavorato molto, anche in Germania grazie a Betty; abbiamo tenuto molti stage e lavorato per l’Hip Hop TV, e i marchi Puma e Red Bull. È stata una bellissima esperienza che mi ha permesso di imparare molto; quando si inizia a lavorare nell’ambito della danza, col tempo comprendi e porti avanti quello che ti piace fare.
Attualmente, non lavoriamo più insieme a causa di impegni e orari inconciliabili; non gioverebbe allo spirito della crew continuare senza avere la possibilità di incontrarsi, tuttavia abbiamo mantenuto i rapporti e, se ne abbiamo l’occasione, ci ritroviamo per lavorare ancora insieme. Ora lavoro con le Wine Out, con cui mi esibisco in spettacoli esclusivamente di Dance Hall.
Perché Big Mama?
Molti quando sentono Big Mama si aspettano una vera “Big Mama”, grande a tutti gli effetti; invece non è ciò che sono in realtà. Questo nome mi è stato dato durante un lavoro con due ballerini, Rex e Raoul, i quali, vedendomi ballare freestyle con passi di Dance Hall, per la mia energia e per come mi muovevo, mi hanno detto “sei una Big Mama”. Così è nato e mi piace; c’è una cantante blues che si chiama Big Mama, che ammiro molto, quindi credo mi si addica molto questo nome. Tuttavia, mi presento sempre come Anna, anche alle lezioni, pur mettendo nei volantini Big Mama; trovo la cosa divertente e strana allo stesso tempo, ma resterò sempre Anna; mantengo la mia identità, dato che non ho inventato io la Dance Hall, né passi. Amo questa cultura e cerco di studiarla, mantenendomi aggiornata, e di trasmetterla agli allievi.
Cosa ti hanno lasciato le esperienze sui palchi d’Italia? Raccontaci quella che ti ha maggiormente colpito.
Il ricordo più bello è legato al musical “Stand Up” e alla grande emozione che provavo ogni volta che andava in scena; appena prima di salire sul palco, sentendo la voce del protagonista, piangevo, perché per me significava poter dire “sono un palcoscenico e questo è il mio lavoro”. È stata un’esperienza ricchissima, mi ha insegnato a dare il massimo sempre: ballando ogni sera, può succedere di avere momenti giù, però ho capito che non bisogna abbandonarsi ad essi, perché, quando lavori con l’arte, i sentimenti che dai, le sensazioni che provi su un palcoscenico, il pubblico te le restituisce. Ogni sera, cercavo di caricarmi per dare sempre il massimo, e questo ho imparato a farlo anche nella quotidianità della vita, per lo studio e nell’insegnamento: dare il massimo in tutto, perché possa tornare a casa ed essere soddisfatta.
Parliamo della tua passione per la scenografia.
Questo è il sogno della mia vita forse… Sono laureata in Scenografia Teatrale e ora frequento il corso specialistico in Scenografia Cinematografica. Quando ho iniziato a lavorare in questo campo, ho fatto lavori davvero belli, che mi hanno insegnato tantissimo, senza però avere in cambio un concreto guadagno economico. Quindi, ho deciso di rimettermi in gioco riprendendo gli studi che mi stanno dando tanto, anche per il mio lavoro; il danzatore può interagire con la scenografia o meno all’interno di un mio spettacolo, ma, quando creo, cerco sempre di farlo fondendo insieme tutte le arti, in modo da avere un risultato vero, di qualità.
Come ti sei avvicinata all’insegnamento?
A 17 anni a ho iniziato come assistente di Tony, e a 19 anni di Betty. Con il lavoro d’assistente, ho sviluppato la capacità di insegnare, capendo che sono gli allievi che ti scelgono e che ti dicono “mi interessa studiare con te”. Da lì ho scoperto che mi divertivo ed era bellissimo vedere la crescita della classe. Insegnare mi dà tanto, dai bambini agli adulti; se cogli il significato dell’insegnamento, allora diventa uno dei “mestieri” più belli. Lo studente ti considera come un punto di riferimento, e, da parte tua, oltre ad insegnargli a danzare, gli insegni in parte anche a vivere. L’insegnamento non è solo insegnare danza, ma significa stare vicino agli allievi. Tengo dei corsi anche per ragazzi autistici, pur non trattandosi di danza terapia; si divertono molto a inserirsi nel gruppo, ed è bello vederli ballare e vedere come sentono la musica, divertendosi.
Cos’è la Dance Hall e come ti sei avvicinata a questa disciplina?
Il termine Dance Hall si riferisce non solo allo spazio fisico in cui si danza, ma anche alla musica suonata all’interno di tali spazi, alla moda e agli stili di movimento che emergono dalla musica stessa. La dance hall è una vera e propria voce del popolo, riflette gli animi delle persone, è atteggiamento, energia, una danza composta da passi, movimenti precisi che spesso sono richiamati dal cantante; tutto questo si studia durante le lezioni. Ad ogni cosa mi sono sempre approcciata prima musicalmente; amo tutta la musica black, non solo ascoltarla ma anche studiarla, capirla, perché l’arte è tutta finalizzata a comunicare, ed è fondamentale informarsi e capire per farlo al meglio. Prima di ballare la Dance Hall, si deve capire cosa sia la dance hall, non solo musicalmente, ma a partire dalla storia del genere, perché è nata, dove e quando. Ho capito che ogni genere musicale nasce con una cultura, da un bisogno di comunicare. È una danza particolare, che racchiude movimenti forti, tribali anche erotici, un movimento che viene dalle danze di teatro primitivo; è una forma teatrale e c’è un motivo per cui si fanno questi movimenti. Provo molta rabbia nel vedere on line certi video di ragazze seminude che agitano il bacino; quella non è la dance hall di cui sto parlando. Nelle mie lezioni voglio che le ragazze abbiano un abbigliamento idoneo, non mi interessa portarle in scena con pantaloncini e stivali, il mio intento è fargli capire la Dance Hall, con lo studio e la corretta informazione. Quando ho iniziato a studiare dance hall, il movimento per me era spontaneo, lo sentivo molto vicino a me e sono andata a perfezionarmi a Parigi, città che mi è rimasta nel cuore perché lì ho respirato la vera voglia di ballare, e non per farsi notare. La danza lì è un po’ come la pittura; ognuno esprime la propria arte come vuole, con i propri colori e sfumature, senza dimenticare la tecnica.
Cosa ami di più della Dance Hall?
Amo tutto, ma in particolar modo l’atteggiamento e l’energia che la contraddistinguono e che mi rispecchiano tantissimo.
Sogno nel cassetto?
Ne ho tanti, ma la cosa più importante è realizzarmi in questo mondo artistico, svegliarmi al mattino stanca ma soddisfatta, non accontentandomi mai, andando avanti, crescendo, senza smettere mai di studiare. Fare quello che mi piace ed essere felice in ciò che faccio.
Cosa ne pensi della situazione attuale in Italia nel campo artistico?
In campo artistico, ma anche non, siamo messi male. Parlando da scenografa, dopo tanto studio e impegno, vedo che il lavoro non viene valorizzato; tutto viene visto solo dal punto di vista economico. Ci sono tanti giovani scenografi, fotografi, registi che non sono valorizzati. Bisognerebbe lasciare più spazio ai giovani, per dare un futuro all’arte italiana, oggi in grande difficoltà. Parlando di danza, in Italia c’è troppa rivalità; chi balla lo fa per sfidarsi, per dire “io sono il migliore”, si è persa la voglia di condivisione in favore dell’esigenza di competere. Quest’arte è nata per comunicare e non solo per il desiderio di sfida.
Consiglio per tutti i giovani?
Studiare tanto e tutto, ascoltare le persone e vivere chi ti sta attorno, perché gli stimoli e le nozioni arrivano da ogni persona che incontriamo. Non fermarsi mai e trovare nuovi stimoli, mettendosi in gioco, per crescere.
By Polly Dance