“Il coreografo è l’architetto dell’effimero”. Teet Kask e la sua danza

di Beatrice Micalizzi
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In attesa della premiere di Anna Karenina, il coreografo estone Teet Kask si racconta, dagli anni dei primi studi alle numerose esperienze come coreografo. Danzatore per l'Estonian National Ballet, il Royal Swedish Ballet e il Norwegian National Ballet, si dedica alla coreografia da metà degli anni 90, aggiudicandosi l'approvazione della critica. Nel 2005 si laurea presso la prestigiosa London City University/ Trinity Laban Conservatoire of Music and Dance con un progetto ambizioso che considera il danzatore come un metodo da costruirsi, basato sulla ricerca del movimento autentico. 

Alla sua prima esperienza in Italia, ecco le parole di questo talentuoso coreografo. 

Iniziamo dal principio. Raccontami dei tuoi primi studi alla scuola di Tallin.

Io non sono originario di Tallin, ma di un piccolo sobborgo distante dalla capitale. Quando ero bambino, iniziai a studiare danza quasi per caso; mio fratello maggiore stava per iniziare l’università. Lui era un vero appassionato di danza e io seguii la sua passione. Già praticavo ballo da sala e acrobatica, ero sicuramente molto attivo, ma di certo non potevo immaginare che il balletto sarebbe diventato qualcosa su cui costruire la mia intera esistenza.

All’epoca, l’Estonia faceva parte dell’Unione Sovietica e, perciò, alla scuola potevamo avvalerci di importanti maestri direttamente da Mosca o dell’Accademia Vaganova. Il balletto era una priorità in tutto il sistema sovietico, la più importante forma d’arte. Il linguaggio della danza è universale e per essere compreso basta assistere a una performance, senza la necessità di una specifica conoscenza. È esattamente quello che si vede.

Torniamo ai tuoi studi, cosa accadde allora?

Dopo le audizioni, la scuola mi accettò e per me fu l’inizio di tutta la mia realtà. Una nuova vita ebbe inizio, ma allo stesso tempo fu l’inizio di un periodo molto duro per me.

A sedici anni potei entrare nel cast del repertorio e, non appena terminai gli studi accademici, mi venne offerta la possibilità di unirmi alla compagnia di Balletto Estone. Qui, rimasi per tre anni.

Qual è stato il ruolo che più ti è piaciuto interpretare?

Devo dire che, se da un lato in compagnia dominava la tradizione del repertorio classico, dato che il sistema non accettava ufficialmente creazioni più contemporanee, dall’altro l’Estonia era molto vicina all’ideologia occidentale e, negli anni, ebbi occasione di assistere a balletti moderni.

Per risponderti, ricordo il primo ruolo principale che mi fu assegnato a sedici anni; fui Franz in Coppélia, molto divertente. Tuttavia credo che uno dei miei preferiti sia Espada in Don Chisciotte. Magnifico toreador, un vero mediterraneo che incarna forza e passionalità. Nella mia vita precedente sono convinto di essere stato un uomo mediterraneo! E ancora Rothbart da Il Lago dei Cigni è sicuramente uno dei più significativi. Oltre ai ruoli classici del balletto, partecipai a produzioni più frizzanti come Cabaret.

Parliamo della tua permanenza alla Swedish Dance Company.

Sì, si trattava di una compagnia contemporanea e quando incontrai il gruppo, non avevo idea che ci fossero così tanti nomi illustri della danza in Svezia all’interno della compagnia. Mi invitarono a studiare presso la sede per due settimane; rimasi quasi scioccato poiché allora era quasi del tutto impossibile viaggiare. In qualche modo ottenni il passaporto speciale e iniziai quest’esperienza a Stoccolma. Fui molto fortunato ad avere l'occasione di studiare presso il Cullberg Ballet e a seguire le loro prove.

Due settimane volano in fretta… cosa accadde alla fine del tuo stage?

Sapevo che avevo molto su cui riflettere. Era tutto nuovo per me! Sapevo anche che, grazie al mio background classico accademico, avrei potuto essere competitivo. Non potevo immaginare che il Direttore del Royal Swedish Ballet mi avrebbe chiesto qualche momento dopo di entrare nel corpo di ballo! Improvvisamente, diventai il primo danzatore estone ad essere uscito dal proprio Paese e a trovare il lavoro che sognava.

Quale fu la tua prima produzione al R.S.B?

Come primo balletto, presi parte a The rite of Spring di Béjart. Ma, in generale, ricordo che ogni giorno per me era una sfida, perché sentivo la mia mente pronta ad accogliere questo nuovo movimento, tuttavia il mio corpo era in opposizione, non possedeva ancora quel tipo di danza. Ad esempio, durante gli anni trascorsi in compagnia, conobbi e appresi il principio della contrazione e il suo profondo significato. Sentivo di avere la necessità di combinare la mia formazione classica e questo nuovo movimento in un qualcosa di unico.

Quante esperienze Teet. So che hai viaggiato molto ma che per diversi anni hai scelto Oslo come città in cui vivere.

A Oslo ebbi l’occasione di entrare a far parte del Norwegian National Ballet e, nonostante fossi convinto di trattenermi per una sola stagione, ci rimasi per ben 15 stagioni.

Amavo molto il vasto repertorio della compagnia, che spaziava dal classico al contemporaneo, e vantava nomi come Mats Ek e Jiri Kylian. Durante la mia permanenza, potei lavorare con i più grandi coregrafi, alcuni dei quali iniziarono a creare apposta per me e su di me. Ricordo Anna Maria Holmes, direttore del Boston Ballet, e la sua personale versione de Il lago dei Cigni. Qui, interpretai ancora Rothbart ma in una nuova luce; il misterioso mago, molto caratterizzato, divenne per la Holmes più simile a Dracula con il volto bianco e i capelli lunghi. Fu in occasioni come questa che iniziai a scoprire che c’era qualcosa in più in me oltre all’essere un danzatore.

Cosa scopristi esattamente?

Ruotava tutto intorno a questo “materiale” dentro di me, pronto ad esplodere. Avevo veramente molti interessi; fu uno dei periodi artisticamente più ricchi della mia vita poiché mi trovavo al top della carriera come danzatore e allo stesso tempo stavo sviluppando giorno dopo giorno la mia attività di coreografo.

Sfortunatamente, ed è probabile che forzai troppo il mio fisico, mi infortunai al piede; costretto ad interrompere, dovetti subire un intervento, piccolo ma abbastanza rilevante da lasciare delle differenze in me e nel mio modo di danzare. Faticai molto ad accettare la mia nuova condizione; il mio corpo è il mio tempio, e potevo sentire le sue reazioni e le sue paure.

L’operazione riuscì senza intoppi ma quando tornai in palco, ero del tutto terrorizzato dall’idea di un altro infortunio. Dopo circa sei mesi dovetti smetter di danzare.

Cosa provasti?

Oggi posso dirti che fu il momento perfetto. Non rimpiango nulla e so di aver fatto del mio meglio. Tuttavia, all’epoca dovetti iniziare un nuovo capitolo della mia vita e mi misi in cerca di un nuovo modo di vivere. Sai, da quando avevo dieci anni il mio mondo era sempre stato la danza. Null’altro!

Fu questo che ti spinse a frequentare l’università?

Sì certo. Realizzai in quel momento che desideravo incrementare le mie conoscenze e per farlo scelsi la migliore opzione nel rispetto delle mie disponibilità; venne accettata la mia candidatura presso la London City University / Trinity Laban per un corso esclusivo. Durante il mio master, incontrai vere leggende della danza come William Forsythe, Baxton e Merce Cunnigham. I giorni erano sempre troppo brevi!

Inoltre potei esplorare il concetto di danza da diversi punti di vista, come ad esempio quello di un gruppo di cinque architetti.

Architetto?

Sì certo! Ho compreso che il coreografo è molto affine all’architetto; entrambi costruiscono.

La differenza sta nel risultato finale: un coreografo costruisce coreografie effimere, mentre l’architetto costruisce edifici duraturi nel tempo.

Il coreografo è l’architetto di “edifici” in procinto di scomparire non appena creati.

Raccontami qualcosa del tuo progetto per la prova finale al Laban.

Tutti i miei studi mi condussero ad una conclusione e fu così che realizzai il progetto “Dancer as a Method”, basato su diversi argomenti relativi al danzatore e al suo approccio alla danza, ma anche su quale dovrebbe essere l'approccio del coreografo al lavoro dei danzatori in sala, per ottenere il massimo dei risultati.

Sono rimasta colpita dal punto in cui parli del “suono come Partner”.

Credo che il suono, la musica debbano essere considerato come un partner da chi danza. La musica non è da intendersi solamente come un qualcosa da seguire, ma al contrario diventa una parte reale delle mie coreografie, quasi fosse una persona in carne ed ossa. Io considero fondamentale il link, o meglio l’interconnessione tra movimento e musica. È importante prestare attenzione a come i danzatori reagiscono alla musica, in modo da creare un equilibrio.

Come trovi la musica più adatta per le tue creazioni?

Dipende, ogni volta è diverso!

Ad esempio, una volta ebbi occasione di lavorare direttamente con un compositore. Dopo brevi condivisioni iniziali, la musica venne naturalmente. Quando mi trovo di fronte a questo tipo di collaborazione, ho la possibilità di creare una musica che si adatti perfettamente alla mia idea, e viceversa. Altre volte faccio riferimento a musiche già composte.

In Anna Karenina, infatti, ho usato una melodia già esistente e, nonostante non volessi dar vita ad un balletto classico, sapevo che Tchaikovsky sarebbe stato la scelta migliore.

Come hanno reagito i danzatori qui a Milano ai tuoi metodi?

Innanzitutto, sono stato molto felice di poter lavorare qui in Italia. Durante tutta la produzione, ognuno dei danzatori del Balletto di Milano ha dimostrato motivazione e dedizione. Certo, non ti nascondo che all’interno del corpo di ballo ho trovato differenze di livello, esperienza e capacità, ma tutti i membri avevano la stessa attenzione e la stessa volontà di apprendere.

All’inizio, decisi di dimostrare le prime sequenze dando solo pochi input per vedere la loro reazione. Dal momento che già conoscevo la compagnia, nella mia mente era abbastanza chiaro chi sarebbe stata Anna e  chi avrebbe interpretato gli altri ruoli. Tuttavia in questo modo siamo riusciti a trovare insieme la via per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Chi è la tua Anna?

Anna è in ognuno di noi.

Tutti noi abbiamo la necessità di definire la nostra individualità seguendo quella costante voce interiore.

Anna voleva liberarsi dalle costrizioni sociali, dando seguito al suo bisogno di esplorare e costruir una sua propria personalità. Non è una donna che si accontenta degli ingredienti essenziali di una vita tranquilla, quali potrebbero essere la quotidianità e l’amore.

Con questo spettacolo, non mi sono posto come obiettivo il ricreare una nuova versione di Anna Karenina, ma volevo raccontare quello che Tolstoj sussurra al lettore tra le righe. Credo che dove le parole finiscono, la danza prenda vita. Non si tratta di cercare delle risposte, ma piuttosto di meditare su accurate domande.

Progetti futuri? Magari di nuovo qui a Milano?

Finora questa esperienza si sta rivelando molto positiva… aspettiamo dopo la premiere ovvio!

Di sicuro se il Balletto di Milano vorrà collaborare con me nuovamente, sarò ben felice di partecipare.    

ENGLISH VERSION

Let’s start from the beginning. Tell me something about our dance education and your studies at the Ballet School

I’m not from Tallin, but I come from a small town far from the city. In my childhood, I started to dance at Tallin Ballet School accidentally; my brother was about to begin the University and he really loved dancing. So, I followed him; I also used to practice Ballroom dances and gymnastics. I was a very active young boy! I didn’t know that ballet could be something to dream about.

At that time, when I was young, Estonia was under the Soviet Union. For that reason, we had many teachers from Vaganova Academy and also from Moscow. Ballet in Soviet system was a priority, one of the most important form of art. Dance has a universal language to be used to express yourself without any knowledge; it is what you see with your eyes.

Then, what happened?

After the auditions, the school accepted me and it was the beginning of my reality. A new life started for me; it was very hard because I was only ten and I needed to become tough quickly.

At 16, I got the chance to perform the repertoire, since there’s not so many male dancers. When I graduated, the Estonian Ballet Company immediately offered to me to join the corps de ballet, where I stayed for three years.   

What was your favorite role?

On one side, at the Estonian, we had a strong classical and traditional repertoire, since the system didn’t accept contemporary works. On the other side, Estonia was very close to the West and its ideology, and in years, I managed to see some contemporary ballet.

To answer to your question, I remember my first main role, when I was 16; I did Franz in Coppélia, very funny, but I think that one of my favorite, for that time, was Espada in Don Quixote, the magnificent toreador, a real Mediterranean, who embodies strength and passion. In my previous life I’m sure I was a Mediterranean. Another relevant role in my career is Rothbart from Swan Lake.

Beyond these classical, I also participated to several operettas, like Cabaret. This kind of work is really a fun.

At that time, there was something urge inside me, and I needed to discover and explore it. I knew I needed to let this something to grow up.

Let’s talk about your stay at the Swedish Dance Company.

This is a contemporary company and when I met this group, I dind’t knew that there were so many important swedish ballet people inside this company. I got an invitation for a sort of internship, to study there for two weeks. I was pretty shocked because it was really hard to travel at that time, even if Estonia was closer to the West and the first country to become free after the end of Soviet system. Somehow, I got a special traveling passport and I moved in Stockholm. I was really lucky; I could study with the company, attend the rehearsals and to meet the best of dance world. I got the chance to take classes at the Cullberg Ballet. I fell in love with Mats Ek’s masterpiece, Giselle and it’s funny, since few years later I worked with Mats Ek himself at the Norwegian National Ballet!

Two weeks go fast… what did you decide to do at the end of your experience there?

After my stay, I needed to think about my life. Everything was so new to me!

I knew that, thanks to my classical background, I could compete; my technique made me competitive but I would have never imagine that the director of the Royal Swedish Ballet was about to offer to me a job. I remember when I got the news I was totally frozen. Suddenly, I became the first Estonian dancer who managed to go away from his country and to get the job of his dreams.

What’s the first ballet with RSB?

As first ballet, I performed Béjart’s The Rite of Spring on Igor Stravinky's music. In general, it was a challenge because I knew my mind was ready, but I could feel my body in opposition; it wasn’t used to this kind of movement. I needed to learn everything about this new way of dancing, and I wanted to of course. During my stay, I discovered the contraction and its deep meaning for this kind of dance. What I had to do was to find a way to combine contraction to classical dance in a unique movement.

So many experiences Teet but, I know you had travelled a lot: would you like to tell me something about your stay in Oslo?

After my collaboration at RSB, I moved a lot. Then I settled down in Oslo, where I joined the Norwegian National Ballet. At the beginning, I wasn’t impressed in a positive way, also because the look of Oslo. I believed in staying there only for 1 season, but reality always surprised you; I stayed there for about 15 seasons!

I really loved the wide range of ballet in the repertoire at NNB, from classical to contemporary works by the legendary Mats Ek and Jiri Kylian. Since my entrance, some choreographers started to use me to create their pieces. I remember Anna Maria Holmes, Boston  Ballet Director, who gave her personal version of Swan Lake; I got Rothbart’s role, which I had already performance in “classical way”; this time, the mysterious magician is more developed, similar to Dracula, with white face, long hair a dragon’s finger, not only like a bird. Thank to this work, and to the others as well, I discovered something beyond my being a dancer: I found out I was interested in art, musicals, operetta…even in cooking! This is a pure choreography!

So what did you find out exactly?

It was about this "material" inside of me which needed to go out. I was interested in so many things and I was wondering how to combine them all.

It was a very rich time in my life because I was at the top of my career as a dancer I was developing day by day my activity as choreographer.

Unfortunately, maybe I pushed myself too much and I got an injury. My foot hart and I forced to take a break cause I needed surgery, small surgery but it was relevant enough to leave some differences in me, in my way to dance. It was really hard to accept, I was living a struggle of transition, almost in a psychological way. My body is my temple and I could feel it's reaction and its fears as well.

The operation went well but when I came back on stage I was totally afraid. I felt something different and it was the fear to break me again. In half a year I stopped dancing.

How did you feel?

Well today I can say it was the perfect time, I don't regret anything and I know I did my best. But at that time, I needed to start a new chapter of my life, I began to search something new. I had to learn how to live in a different way. You know, before my entire world was dance, and I lived in it as dancer. What else?

This is the reason why you decided to attend university?

Yes, I realized that I wanted to increase my knowledge and I chose the best place for my possibilities to do that; I made the application at the London city university Laban for a very selective course. They accepted me and I suddenly found out I had an entire life in front of me. During this master course, I met authentic legends of contemporary dance like Forsythe, Baxton and Cunningham. I always felt the days wet too short!

During the course I also had the chance to explore the concept of dance from different point of view. For instance I made a research about dance with a group of five architects.

Architects?

Yes. And finally I realized that a choreographer is very similar to an architect. They both build, but the difference comes from the result they get: a choreographer builds disappearing architectures, while an architect builds sustainable architectures.

Beautiful way to think about dance!

Yes! A choreographer is an architect of disappearing buildings, made by combinations of movements. It is ephemeral because in the moment I do a step, it's already done!

Regarding to your course, tell me something about your graduation work.

All my studies brought me to this ending point. I produced "Dancer as a method" with many items about who a dancer should be for me, and I should approach to him/her at work in the studio, in order to get the best from the material inside of him/her.

I'm curious about the item referred to the sound. What does it mean for you?

I believe that the sound, or the music, should be considered like a partners. I always look at the music in this way when I create, it's not only something you need to follow.. The sound becomes a real part of my choreographies, like a person who dances with my dancers. I mean that I see the link between the movement of the music and the movement of dancers and also how they interact together. It is about create a balance between dancer and music to get this kind of interconnection.

How do you find the right music for your creations?

It depends.. Each time is different…

For instance, once I worked in a team with the composer. We met and we shared just few suggestions, like expressing which sound I liked most. Then the music went out easily!

When I find this kind of cooperation, I had the possibility to create a music that matches perfectly with my ideas. Other times, I use ready composed musics.

In Anna Karenina the choice was easy and almost natural. Although my aim was to use an original musica, specially composed for Anna, I knew I needed a classical music to create this piece. Tchaikovsky was the best choice at all.

How did dancers here in Balletto di Milano react to you and your way to work?

Well, I’m really happy to work here. During the entire production, each dancer showed high motivation and dedication. Of course, inside the group I found differences in level, experience and capabilities, but they all have the same attitude, the same willing to learn; they really accepted what I had to give.

At the beginning, when I demonstrated the first sequences of steps, I decided to give them few and quick inputs, to see how they could react to them. I’ve already known them so in my mind it was almost clear who would be Anna or the other characters, but we found together the way to get the final goal. I want dancers to participate.

Who is your Anna?

Anna Karenina is everyone of us. We all have a urge to define our individuality to follow our 'internal voice'. Anna have a need to break the frame where she lives, where there is an expected way to behave, respecting what society expects.

Anna follows her need to explore, to build her personality and she is destined to do it through actions, but this leads her to a point of death. It is like an effort to get attention and admiration, pushing beyond the limit through death martyrdom. Anna is not just a woman, who needs essential ingredients to live or love, which are natural element of Human life.

My aim was not to recreate Lev Tolstoj's story in theatre frame, but to touch what Tolstoj imbedded between the lines in his book. I believe where words end, dance takes over and brings life. I was not seeking answers, but meditating to compose accurate questions, this what Tolstoj was 'asking' me to do when I read Anna Karenina and got instantly clear visions of this ballet.        

Do you have any future projects, maybe in Milan again?

This experience is really pleasant, till now I mean, and I’m really looking for the premiere. Surely, if Balletto di Milano and the theatre ask me for a new collaboration, I will be glad to work again with them.

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