Spellbound danza il ‘corpo’ dei Carmina Burana

di Giada Feraudo
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Spellbound Contemporary Ballet ha riproposto, nella serata del 24 novembre, presso il Teatro Nuovo di Torino, lo spettacolo Carmina Burana, con la coreografia e regia di Mauro Astolfi e le musiche di Carl Orff, Antonio Vivaldi e Aleksandar Sasha Karlic.

Carmina Burana si annovera ormai tra le produzioni di maggior successo della Compagnia: dopo il debutto in prima assoluta a Maiori, nel settembre 2006, è subito entrato nel repertorio della formazione ha superato ormai le centocinquanta recite grazie alle tournée internazionali che l’hanno fatto conoscere ad un gran numero di spettatori.

Lo spettacolo è stato presentato a Torino nel riallestimento fatto in occasione della celebrazione dei duecento anni del Teatro Sociale di Como e per il Prisma Festival de Danza contemporanea di Panama (ottobre 2014). 

Come spiega il coreografo Mauro Astolfi, questa produzione accompagna il lavoro della Compagnia da ormai quasi dieci anni, nel corso dei quali è stato più volte rivisto, con aggiunte di nuove parti e rimaneggiamenti di altri momenti coreografici, fino a giungere alla forma attuale, che è, secondo lui, la più completa, quella che più rappresenta l’essenza del lavoro svolto.

In questo contesto la danza contemporanea si avvicina a uno dei più imponenti monumenti poetici e musicali del Medioevo, i Carmina Burana, appunto, rielaborandone le diverse suggestioni che la grandiosità e la potenza della musica di Orff, accostata ad altre partiture legate al tema trattato, offre.

La scena, sempre in penombra, contribuisce a creare un’atmosfera di mistero e di attesa, e vede la presenza di un grande armadio e di una tavola, elementi con cui i danzatori interagiscono per tutta la durata dello spettacolo e che acquisiscono un forte significato simbolico, così come gli abiti, di colore scuro e con una croce rossa riportata sulla parte anteriore, che rimanda ad una sfera religiosa e quasi rituale. Il tavolo, simbolo di tutto ciò che è terreno, che i corpi dei danzatori percorrono e utilizzano, spesso capovolgendolo, secondo tutti i possibili orientamenti spaziali, evoca momenti goliardici: il banchetto che vi si allestisce non è però fatto di cibo (che compare solo verso il finale) ma è un vero e proprio banchetto umano, su cui il corpo tentatore fa mostra di sé.  L’armadio si pone invece come luogo che cela ma che, se aperto, svela memorie e segreti talvolta indicibili. 

Il balletto, che vede il corpo come protagonista assoluto della narrazione, si suddivide in tre momenti ben definiti: all’inizio si rappresenta una violenta aggressione a sfondo sessuale sotto lo scroscio della pioggia battente, segue poi una parte più irriverente e grottesca che allude, anche musicalmente, alle giullarate, per terminare infine con lo scatenarsi incontrollato e brutale, quasi animalesco, delle passioni.

La coreografia, eseguita da danzatori di cui è doveroso sottolineare la precisione, nonché la  bellezza e la qualità della tecnica, è di sicuro impatto, grazie anche alla grandiosità della musica, ma risulta, nel complesso, un po’ troppo monocorde, in quanto la tensione e la forza del movimento danzato restano costanti durante tutto il balletto e seguono un ritmo interiore sempre incalzante, anche laddove la musica, pur nella sua espressività, si fa più dolce o semplicemente solo meno potente.

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