Discorrere a lungo con Lorella Cuccarini fa sorgere spontanea una domanda: è realmente così? Esistono davvero persone così pure, intatte nella loro bellezza, uniche nel loro genere? Non ho tardato a darmi una risposta. Questa splendida donna dai colori del sole è l’esempio vivente che le persone speciali possono essere di questa terra. E perdendomi nei suoi racconti e in quegli occhi blu, profondi come l’oceano, sono tornato bambino, quando – vedendola la prima volta – m’innamorai della sua danza, delle sue braccia, delle sue gambe infinite e decisi che avrei fatto questo nella vita.
Hai iniziato a studiare danza all’età di nove anni. E da subito hai affrontato lo studio con una consapevolezza adulta. Che cosa accade in una bimba di quell’età per avere, così presto, la certezza di voler fare quello nella vita?
Non so dire cosa accada. Mia madre mi raccontava che già intorno ai quattro anni ballavo davanti allo specchio e non stavo mai ferma. Per me danzare è sempre stata un’esigenza, come bere e mangiare.
Intere generazioni di ballerini hanno cominciato a danzare guardando te in televisione. C’è stato, nel tuo caso, un modello di riferimento?
Quando ero piccola, sto parlando dei primi anni settanta, esisteva una televisione agli esordi. Ricordo “Milleluci”, uno spettacolo meraviglioso con Raffaella Carrà e Mina, all’interno del quale c’erano grandissimi balletti. Di certo quei numeri e quei personaggi rappresentarono, per me, un faro. Ma a quell’età volevo fare la ballerina classica. Amavo infinitamente Carla Fracci. La vidi con grande fatica al Teatro dell’Opera. Ricordo che trascorsi un’intera notte fuori del teatro per prendere i biglietti e assistere a un suo “Lago dei cigni” con Nureyev. Un’intera notte per dei posti in piccionaia. Ma ero dentro, e questo importava.
Hai parlato di una consapevolezza adulta. Quanto è contata nella tua lunga carriera la determinazione?
Io credo che determinazione, pazienza e sacrificio siano elementi fondamentali nella vita di ognuno di noi. Il lavoro del ballerino è un percorso fatto di studio, capacità di saper aspettare e forza per superare i momenti di delusione. Io son stata così sempre. Neve, pioggia, feste, per me non esisteva nulla. Prima c’era la danza e poi il resto.
La danza è una scelta o un sacrificio?
E’ indubbiamente una scelta. Proprio per il sacrificio che richiede. E’ un percorso di grande fatica, dedizione e spesso di rinunce. Disciplina che non cammina a braccetto con gli anni dell’adolescenza che è per definizione un’età in cui si è contro le regole. La danza è esattamente l’opposto.
Ci racconti gli anni della tua adolescenza? Quelli della tua formazione?
Sono stati anni bellissimi. Lavoravo tanto per pagarmi le lezioni, ma non mi è mai pesato. Ho iniziato facendo le pulizie, poi ho lavorato nella segreteria della scuola. Vendevo i gambaletti e i calzerotti cuciti da mia madre. La mia mamma fu una grande mamma, non ci è mai mancato nulla, ma preferivo non pesare sul budget di famiglia. Poi ho iniziato a insegnare ai corsi di propedeutica, fino a diventare assistente degli insegnanti.
Ricordi il tuo primo contratto di lavoro?
Lavorai in un circo. Il coreografo dei balletti era Flavio Turchi che con Enzo Paolo era uno dei miei insegnanti. Fummo il primo esempio di circo con spettacolo. Potei vivere l’esperienza della vita circense: una grande famiglia in cui il rispetto e la cura degli animali veniva prima di tutto. Non avevo neppure diciotto anni.
Ricordi il momento in cui Pippo Baudo pronunciò il tuo nome davanti a una platea di venti milioni di persone?
Ricordo un momento di buio totale. Avevo la consapevolezza che si trattava di una grande occasione, ma al contempo credevo non sarebbe durata. Fino a quel momento ero stata solo una ballerina di fila e già quello era un traguardo straordinario.
Guardando “Fantastico” l’anno precedente a quello del tuo debutto, non avevi sperato di poter essere un giorno al posto di Heather Parisi?
Guardavo il programma e i balletti erano meravigliosi. Mi sarebbe piaciuto far parte, un giorno, di quei bellissimi numeri di spettacolo. Ma non lo credevo possibile. Da un lato non pensavo di avere le qualità, non mi sono mai sentita tecnicamente così eccelsa e poi credevo che certe opportunità non potessero capitare a me. Mi sembrava di vivere una vita in cui quel tipo di occasioni non potessero verificarsi.
Ci racconti la convention dell’Algida in cui ti notò Pippo Baudo?
Quando scelsi di lavorare in quella famosa convention, non avevo neppure idea che sarebbe stato lui a presentare. Sapevo di dover lavorare a una serie di quadri ballati in cui ricordare i cinquant’anni dell’Algida. Le coreografie erano di Bryan e Garrison, i quali scelsero me come loro partner per dei piccoli numeri da solista. Nulla di più.
E quella sera nacque la favola di Lorella Cuccarini.
Dopo la prima serata, Pippo mandò il suo manager chiedendo di me. Si organizzò un incontro per il giorno dopo al quale mi presentai con mia madre. Mi sembrava tutto un sogno. Credevo che mi sarei svegliata l’indomani e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Quando ti han detto che saresti stata la prima donna di “Fantastico”, come ti sei sentita?
Non ci volevo credere. La convention avvenne il giorno di San Valentino. Feci i provini a fine febbraio e la comunicazione ufficiale me la diedero a maggio. Incisi la sigla a giugno e il 20 agosto entrammo in sala prove. E tutto cambiò.
Da lì è nata una delle carriere più longeve della televisione italiana.
Con “Fantastico” è cominciato tutto. Ma all’inizio mi dissi “cogli l’attimo”. Non ho pensato che la mia vita sarebbe cambiata così tanto. Credevo che sarebbe stato un momento bellissimo, ma… un momento. Invece, puntata dopo puntata, notai che iniziavano a uscire fotografie, copertine, che i giornali parlavano di me.
Sei nata in un momento televisivo in cui di artiste brave come te ce n’erano tante. Eppure, per tantissimi anni, hai letteralmente dominato le copertine dei giornali e la televisione. Nessuna critica, solo commenti positivi. La Cuccarini era intoccabile. Perché?
Credo di essere stata la risposta italiana ad anni in cui i personaggi con le mie caratteristiche venivano dall’estero. C’era una straordinaria Heather Parisi, ma quando arrivai nell’ottantacinque, forse c’era voglia d’italianità. In qualche modo ho rappresentato il sogno americano in Italia. Venivo dal niente, non avevo precedenti in famiglia, vivevo in un quartiere di Roma in cui sembrava che certe cose non potessero accadere. Ognuno ha trovato in me qualcosa per cui affezionarsi.
Non credi di essere troppo modesta? Tu incarni realmente la “bellezza” in senso totale. Quando si pensa alla Cuccarini, si pensa a una donna che racchiude in sé tantissime qualità. Sei bella, bravissima, professionale, hai una famiglia, quattro figli. Nell’ideale collettivo, rappresenti un po’ la perfezione.
Il fatto di essere la persona che sono, il mio percorso di vita, la coerenza che ho sempre dimostrato, il pubblico può vederlo adesso, dopo trent’anni di carriera. Nell’ottantacinque non era possibile. Oggi avverto l’affetto profondo di tante persone che nel tempo si sono legate a me, alla mia vita, compresi gli alti e i bassi.
Come ti poni nei confronti di te stessa?
Non sono molto buona e non mi sono mai piaciuta particolarmente. All’inizio della carriera cercavo di guardare le registrazioni, ma poi ho smesso. Oggi sono più tollerante, ma continuo a non guardarmi. Mi fido di ciò che dicono gli altri. Se in tanti ti dicono che sei brava, forse qualcosa di vero c’è. Ma è un qualcosa che ancora non sono riuscita a toccare con mano. Chissà, forse fra trent’anni.
Oggi in Italia, sei l’unico personaggio di spettacolo che possa definirsi “americano”. Donna di spettacolo a trecentosessanta gradi.
Sono l’unico personaggio famoso. Nell’ambito del musical esistono ragazzi di grandissimo talento. Ma il teatro, si sa, non regala la stessa notorietà della TV. Io ho iniziato come ballerina, ma già da piccola guardavo Cyd Charisse, Shirley Maclaine, Liza Minnelli. Donne di spettacolo a tutto campo. Ecco, io volevo essere come loro. In Italia tendiamo sempre a incasellare. Da ballerina ho iniziato a lavorare per alcune operazioni discografiche. Poi è arrivata la conduzione di tanti programmi, poi la fiction e il musical in teatro. Ogni volta ho dovuto dimostrare che anche nel nostro paese siamo in grado di poter fare tutto e farlo bene.
Quanto è cambiata, secondo te, la danza oggi rispetto ai tuoi anni?
L’offerta teatrale è aumentata moltissimo. E questo è un bene. La danza a livello televisivo, così come l’abbiamo vissuta noi, mi spiace dirlo, ma ormai è completamente scomparsa.
Trent’anni di carriera, e di emozioni, sono troppi per essere raccontati in una sola intervista. Sarebbero necessari giorni e notti per cogliere ogni aspetto, ogni sguardo, ogni inflessione della voce, che han caratterizzato la nostra lunga conversazione. Una persona che era con me durante l’intervista e che non conosceva Lorella mi ha detto: “questa donna ha una luce che è solo sua”. In quella luce, unica e rara, è racchiusa tutta Lorella Cuccarini.
1 commenti
[…] Lorella Cuccarini è senza dubbio un esempio di come il talento e la determinazione possano portare al successo nel mondo dello spettacolo. La sua carriera è un insegnamento per tutti coloro che sognano di fare della propria passione una professione di successo. [5][6][7][8] […]