Cabaret, uscito nel 1972, è un riadattamento su pellicola del musical di Broadway del 1966 di cui porta lo stesso titolo e a sua volta ispirato alle “Berlin Stories” di Christopher Isherwood. Cabaret non parla di danza, ma, essendo una pellicola musicale diretta e prodotta dal leggendario Bob Fosse, qui al suo secondo film da regista, non può non includere l’elemento ballo. La trama: nella Berlino degli anni ’30, Sally Bowles, interpretata da Liza Minnelli, è una giovane cantante che si guadagna da vivere intrattenendo il pubblico di un piccolo locale di cabaret, il “Kit Kat Club”, frequentato da artisti, omosessuali, borghesi e personaggi eccentrici. I numeri di varietà sono presentati da uno straordinario “maestro delle cerimonie” (Joel Grey), che si esibisce a sua volta in pezzi come “Two Ladies” e il famosissimo “Money, Money”. Sally intreccia una relazione con Brian Roberts, un timido intellettuale inglese che però non le dà, né dal punto di vista affettivo né economico, la sicurezza che lei vorrebbe. Tra di loro si intromettono vari personaggi come il ricco e ambiguo Max von Heune (Helmut Griem), che li invita a trascorrere alcuni giorni nella sua casa aristocratica. Entrambi affascinati da questo galantuomo, i due si confesseranno di aver ceduto alle sue offerte erotiche. Un’altra vicenda riguarda Fritz Wendel, un amico che nasconde le sue origini semitiche e che finirà per sposare una ragazza ebrea in un momento storico in cui questa scelta rappresenta un atto di coraggio: siamo ai tempi della Repubblica di Weimar e dell’ascesa al potere del Partito Nazionalsocialista di Adolf Hitler che si impone nella quotidianità in maniera sempre più violenta. Un montaggio eccellente ci mostra la vita dentro e fuori il cabaret che, con la sua atmosfera alienante, sembra il luogo ideale in cui rifugiarsi dai drammi della vita…fino a quando ignorare quello che sta succedendo fuori diventa impossibile. Durante il varietà un militante raccoglie offerte per il partito di Hitler, e viene cacciato a calci dal proprietario del locale. Poco dopo, sarà lo stesso proprietario ad essere massacrato dai commilitoni del giovane. Il punto di rottura lo abbiamo quando Sally scopre di essere incinta e decide di abortire; lo scarso entusiasmo con cui Brian accoglie la notizia la convince a non abbandonare il suo sogno di fare carriera nel mondo dello spettacolo. Brian parte lasciandosi alle spalle un mondo che sembra non essere mai esistito, se non che in sogno, pieno di personaggi e fatti bizzarri incontrati in una Berlino che non esiste più. Il film si conclude con un famoso brano cantato da Sally che tira le somme e afferma “Life is a cabaret, old chum! ” Un monologo del maestro delle cerimonie e il suo inchino ci congedano.
Il film contiene numeri musicali straordinari che uniscono il comico al drammatico e descrivono lo stato d’animo di un mondo che stava andando incontro al disfacimento. Per ciò che riguarda la danza, le coreografie, nel cinema rese ancor più fluide da elaborati movimenti di macchina, portano la firma di Bob Fosse e il suo stile inconfondibile che ha influenzato la danza a partire dagli anni ’60. Movimenti piccoli e stilizzati, ginocchia in dentro, spalle arrotondate, cappelli, bastoni e sedie: influenzato da Fred Astaire, del quale era un grande ammiratore, Fosse creò uno stile nuovo e di successo per cui divenne una leggenda vivente. Figlio d’arte, come Liza Minnelli, con questo film immortale Bob Fosse vinse l’Oscar per la regia.
Difficile da credere, Liza Minnelli partecipò all’audizione per il ruolo di Sally Bowles per la precedente produzione di Broadway e fu scartata. “Ma sapevo che avrei avuto il ruolo. Ricordo di aver detto a me stessa: tutto ok, farò il film.” Ha raccontato in una intervista telefonica a “The Huffington Post”.
Cabaret costò 6 milioni di dollari e, solo in USA, ne incassò circa 43. Il film fu travolto dai premi e, tra cui tre Golden Globe (Miglior film commedia o musicale, Miglior attrice in un film commedia o musicale e Miglior attore non protagonista a Joel Grey) e gli otto Oscar (Migliore regia, Miglior attrice protagonista, Miglior attore non protagonista, Migliore fotografia, Migliore scenografia, Miglior montaggio, Miglior sonoro e Miglior colonna sonora a Ralph Burns).
Genere: musicale
Anno: 1972
Regia: Bob Fosse
Soggetto: dall’omonima commedia musicale di Joe Masteroff, ispirato al testo teatrale “I Am a Camera” di John Van Druten e ai racconti “Berlin Stories” di Christopher Isherwood
Sceneggiatura: Jay Presson Allen, Hugh Wheeler
Interpreti: Liza Minnelli (Sally Bowles), Michael York (Brian Roberts), Helmut Griem (Maximilian “Max” von Heune), Joel Grey (Maestro di cerimonie), Fritz Wepper (Fritz Wendel), Marisa Berenson (Natalia Landauer), Elisabeth Neumann-Viertel (Sig.na Schneider), Helen Vita (Sig.na Kost), Sigrid von Richthofen: (Sig.na Mayr), Gerd Vespermann (Bobby), Ralf Wolter: (Herr Ludwig), Georg Hartmann (Willi), Ricky Renée (Elke), Estrongo Nachama (Cantor)
The Kit-Kat dancers: Kathryn Doby, Inge Jaeger, Angelika Koch, Helen Velkovorska, Gitta Schmidt, Louise Quick
Fotografia: Geoffrey Unsworth
Montaggio: David Bretherton
Musica: John Kander, Fred Ebb, Ralph Burns
Supervisione musicale: David Burns
Coreografo:Bob Fosse
Assistente coreografo: John Sharpe
Scenografia: Rolf Zehetbauer, Hans Jurgen Kiebach e Herbert Strabel
Costumi: Charlotte Flemming
Produzione: ABC Pictures Corporation
Paese di produzuone: USA
Lingua originale: inglese
Colore: colore (Technicolor)
Durata:124 min