Vittoria Maggio racconta la storia di Alfonsina e il mare

di Vittoria Maggio
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La scorsa settimana Finché c’è tango c’è vita ha dedicato il suo spazio a Malena, la prima delle tre donne di cui raccontiamo, associate a un tango famoso che ne porta il nome come titolo del brano.

Tre infatti sono le donne generalmente ricordate nella storia della musica del tango: Malena, Alfonsina, Maria de Buenos Aires, di cui parleremo settimana prossima.

È strano come questo ballo celebri per lo più le donne nella sua musica e nei brani, mentre menzioni maggiormente gli uomini come ballerini famosi: Gavito, Veron, Zotto, Arce… solo per citarne alcuni.

Le loro splendide compagne vengono sempre di “conseguenza”: nella loro regalità accettano quel famoso passo indietro, tipico della ballerina di tango, che ogni regina è tenuta a tenere dopo il suo re, per usanza e mantenimento di codici antichi. Non c’e un tango dedicato a un uomo con una storia importante da raccontare, a parte A Evaristo Carriego che però ha un altro tipo di motivazione.

Le storie delle donne celebrate nei tanghi sono di amori sofferti e di battaglie di vita vissute da sole contro tutti: dignità, fierezza, sofferenza, rinuncia, lotta per uscire da una condizione di inferiorità, contrapposizione a pregiudizi sociali e alla morale vigente. Anche in questo il tango si rivela moderno e contemporaneo con lunga visione anche sul nostro mondo di oggi.

Lo struggente tango Alfonsin y el mar è dedicato alla poetessa e giornalista argentina Alfonsina Storni, morta a soli 40anni suicida nel Mar de La Plata, davanti alla spiaggia La Perla.

E il brano a lei dedicato è una perla dell’eternità del tango, romantico, toccante, con un testo poetico che evoca alla mente immagini all’altezza della mitologia greca, come “dipinti” indelebili nella memoria.

“Por la blanda arena que lame el mar
su pequeña huella no vuelve más
y un sendero solo de pena y silencio llegó
hasta el agua profunda
y un sendero solo de penas mudas llegó
hasta la espuma.

Sabe Dios que angustia te acompañó
qué dolores viejos calló tu voz
para recostarte arrullada en el canto
de las caracolas marinas
la canción que canta en el fondo oscuro del mar
la caracola.

Te vas Alfonsina con tu soledad
¿qué poemas nuevos fuiste a buscar?
Y una voz antigua de viento y de sal
te requiebra el alma
y la está llevando
y te vas, hacia allá como en sueños,
dormida Alfonsina, vestida de mar.

Cinco sirenitas te llevarán
por caminos de algas y de coral
y fosforecentes caballos marinos harán
una ronda a tu lado.
Y los habitantes del agua van a jugar
pronto a tu lado.

Bájame la lámpara un poco más
déjame que duerma, nodriza en paz
y si llama él no le digas que estoy,
dile que Alfonsina no vuelve.
y si llama él no le digas nunca que estoy,
di que me he ido”

“Per la soffice sabbia lambita dal mare
la sua piccola impronta non torna mai
e un sentiero solo di pena e silenzio seguì
sino all’acqua profonda
e un sentiero solo di pene mute seguì
sino alla spuma.

Sa Dio che angustia ti accompagnò
che antichi dolori zittirono la tua voce
per addormentarti avvolta dal canto
delle conchiglie marine
la canzone che canta nel fondo oscuro del mare
la conchiglia.

Te ne vai Alfonsina con la tua solitudine
quali poesie nuove sei andata a cercare?
E una voce antica di vento e di sale
ti conquista l’anima
e la porta via
e tu vai fino là, come in sogno
dormiente Alfonsina, vestita di mare.

Cinque sirenette ti condurranno
per cammini di alghe e di coralli
e fosforescenti cavallucci marini faranno
la ronda al tuo fianco.
E gli abitanti dell’acqua verranno a giocare
subito al tuo lato.

Abbassami la luce un po’ di più
Lascia che io dorma, nutrice in pace,
e se lui chiama non dirgli che ci sono,
digli che Alfonsina non torna,
e se lui chiama non dirgli mai che ci sono,
digli che me ne sono andata”

Il suo suicidio ispirò i musicisti Ariel Ramírez e Felix Luna: il brano fu pubblicato per la prima volta nel 1969 dalla cantante argentina, simbolo di lotta per la pace e i diritti civili, Mercedes Sosa, nell’album intitolato “Donne argentine”; fu negli anni interpretato da moltissimi cantanti famosi di differenti nazionalità e calibro artistico, la versione di Antonella Ruggiero del 2010 tratta dall’album Contemporanea Tango è quanto di più suggestivo si possa ascoltare.

Alfonsina Storni è stata una donna del popolo, una ragazza madre, insegnante, viaggiatrice, giornalista; una socialista, una donna pubblica, una femminista che si è battuta per i diritti delle donne e che amava definirsi “una donna ultra moderna, senza balaustre”.

Le sue poesie legano spesso il tema del mare e della morte: morte per acqua uno dei temi della letteratura di ogni tempo e luogo, nonché delle cronache di ieri e di oggi.

La morte per acqua di Alfonsina è stata comunque una scelta, decisa, programmata, voluta: se sia stata a causa di un male incurabile che le minò la salute e la forza, oppure, come canta il testo del tango, a causa di un amore mai ricambiato, probabilmente per il padre di suo figlio di cui mai rivelò il nome, questo con esattezza non sappiamo. Fa parte degli aloni misteriosi e leggendari del tango di cui abbiamo parlato e che proprio per questo forse ne consacrano il fascino senza tempo.

Se Alfonsina si sia gettata dalla scogliera o se sia lentamente entrata in mare passo dopo passo, dirigendosi verso il largo fino a quando le onde non l’avessero sommersa…anche questo non lo sapremo mai. Se il suo suicidio sia stato una rinuncia oppure una protesta…anche questo non lo sapremo mai. Ci è lasciata libertà di pensiero, la libertà del tango stesso!

E come sempre Buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi solo lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà…a chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!

Un abbraccio

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