Da anni sono membro del direttivo di una formazione professionale nell’ambito della danza contemporanea e di ricerca, ossia tutto ciò che spesso viene etichettato, criticato, snobbato, semplicemente perché non si conosce. Anziché cercare di comprendere le motivazioni che muovono i danzatori a scegliere la danza contemporanea come strumento di comunicazione, si preferisce incasellarla nel territorio dell’indefinito.
Non si sa cos’è? Allora è danza contemporanea.
In Italia qualcuno pensa ancora che se non riesci come ballerino classico allora puoi sempre ripiegare con la danza contemporanea, ignorando totalmente il contributo che questa ha dato al panorama esteso dell’arte e il percorso storico ed emotivo che ci ha portati a concepire un movimento danzato non codificato. Non voglio certo star qui a scrivere di storia della danza, se volete saperne di più non mancano i canali per soddisfare questa curiosità, ma una cosa è certa: il fatto che i paesaggi contemporanei di movimento siano relegati ad essere danza silenziosa alla ricerca di un luogo abbastanza ampio per poter respirare ed esprimersi, è dovuto essenzialmente all’ignoranza. Un’ignoranza che affligge non solo il pubblico ma anche una buona parte degli addetti ai lavori. Uso questa parola non come giudizio, ma per indicare una condizione, un fatto. Essere consapevoli della propria ignoranza rappresenta uno stato di grazia, una dinamo accesa per spingersene fuori attraverso curiosità, studio e apertura della mente.
Alla danza contemporanea negli ultimi anni, qui in Italia, è stato assegnato il ruolo di danza intellettuale, criptica e concettuale, che viene percepita dal pubblico come qualcosa di incomprensibile, noioso e altezzoso. Ho sentito addirittura chiamare i danzatori contemporanei ‘poveri sfigati’ da chi concepisce come danza solo il balletto e le sue derivazioni. Ammetto che il primo approccio con la danza contemporanea possa non essere proprio ‘morbido’, poiché ci si trova di fronte a qualcosa che non fonda le sue basi sull’estetica o su un codice riconoscibile, quanto piuttosto su dei principi e delle motivazioni che spingono il danzatore nella scelta di un movimento non riconducibile al conosciuto. D’altra parte penso anche che siamo usciti dall’epoca delle corti imperiali e il ricco patrimonio del repertorio classico rappresenta un lascito prezioso, che va mantenuto e protetto, ma è necessario andare oltre e guardare anche al nostro presente e a come la danza si relaziona ad esso. Questo non vuol dire che la danza contemporanea debba piacere a tutti, ovvio, ma dovremmo imparare a non criticare sempre duramente ciò che non comprendiamo, chiedendoci invece perché questo accade. A volte è semplicemente per ignoranza, altre volte perché quel linguaggio non risuona con la nostra visione dell’esistenza, altre ancora perché in quel dato momento non siamo pronti a ricevere quel tipo di informazione, mentre magari lo stesso spettacolo, visto qualche tempo dopo, ci può toccare nel profondo. A me è successo molte volte.
Chiarite le premesse, sperando che nessuno si senta offeso, possiamo guardare alle ricadute che l’ignoranza che avvolge la percezione della danza contemporanea in Italia ha sulla formazione dei giovani danzatori, perché da insegnante mi rendo conto di quanto i problemi di una società vadano risolti a partire dalla formazione. Se già è difficile formarsi come ballerini, dal momento che l’unico ente riconosciuto è l’AND, e persino la scuola di ballo della Scala è diventata una accademia privata, formarsi come danzatore contemporaneo aggiunge anche la difficoltà di trovare un progetto formativo in linea con gli standard europei, che sono alti e in costante trasformazione, come anche la danza stessa lo è. La danza contemporanea non è più o meno facile oppure più o meno bella del balletto, parlarne in questi termini sarebbe oltremodo puerile, semplicemente si basa su criteri diversi. Il danzatore contemporaneo ha bisogno di una lunga formazione per sviluppare determinati strumenti che stanno alla base del movimento, contattando la sua propria danza. Non un codice uguale per tutti, quindi, ma principi che il corpo e la mente devono interiorizzare e metabolizzare per poi riportare all’esterno attraverso il gesto danzato. La formazione del danzatore contemporaneo prevede un accesso ed una visione specifici allo studio del movimento, proprio perché non è una derivazione del balletto, quindi in un progetto che vuole formare professionisti della danza contemporanea, la danza classica diviene un importante training complementare a supporto del bagaglio dell’allievo. Il lavoro al suolo, la danza che scaturisce dal contatto con gli altri corpi, la composizione e l’improvvisazione: anche questa è tecnica, e richiede grande impegno ed energia, fisica, intellettiva e anche intellettuale, poiché il danzatore contemporaneo è anche autore di sé stesso, oltre che interprete di materiale assegnato da un coreografo. La maggioranza dei giovani che desidera formarsi in questo tipo di danza attualmente è costretto a partire, purtroppo, poiché in Italia sono pochissimi i centri che si occupano in modo onesto di questo settore, immersi in un contesto culturale che chiama danza contemporanea ciò che non lo è affatto. Siamo culturalmente attaccati ai fasti del passato, un passato ingombrante e meraviglioso che ci ha resi famosi nel mondo, ma che troppo spesso diventa un pesante fardello che impedisce di guardare alla creazione artistica con leggerezza, semplicità, e con la curiosità di un bambino.