Finché c’è tango c’è vita compie proprio in questi giorni due anni di vita, quella vita che con umiltà e rispetto cerca di onorare attraverso il racconto del tango, questo strano ballo, unico a riuscirsi a confondere con la vita stessa, tanto da prenderne a volte il posto.
Tango e musica, arte, creatività e fantasia più in generale, a volte sono l’unico modo per esprimere e conservare identità, interiorità, spiritualità, radici anche quando sono ad alto rischio di sopravvivenza.
Questa settimana ricorre il Giorno della Memoria, quel ricordare ciò che per certi aspetti si vorrebbe dimenticare.
In quel terribile periodo, il tango ha ballato la sua tanda più difficile, quella ai confini tra vita, non vita, e morte.
Pochi conoscono il Tango Yiddish, e pochi Musicalizador osano metterne qualche brano nelle serate di milonga. Suonarli di tanto in tanto aiuterebbe la memoria del 27 gennaio e contribuirebbe a ricordare uno dei valori più importante da difendere: la tolleranza nei confronti del diverso e la sua integrazione.
Il Tango Yiddish é un tango composto da musicisti ebrei negli anni trenta e quaranta, cantato in yiddish, la lingua giudeo-tedesca, quindi una lingua germanica che veniva parlata dagli ebrei originari dell’Europa orientale.
Tra gli immigrati in Argentina nelle prime decadi del ‘900 c’erano naturalmente anche ebrei e fu proprio in quel periodo che i loro tipici violini si mischiarono ai suoni nascenti del tango che anni più tardi videro la creazione dei tanghi yiddish più famosi.
Papirosen, che significa sigarette, è uno dei più celebri: scritto e composto da Herman Yablokoff nel 1935 a ricordo dell’occupazione tedesca di Grodno nella prima Guerra Mondiale racconta la storia di un venditore ambulante di sigarette, orfano di guerra che vende sigarette in una notte fredda e nebbiosa. È molto bello se pur triste nelle note e nelle parole.
Il famoso My Yiddishe Mamme, dedicato a una delle tante madri di guerra, composto nel 1925, fu cantato in inglese, in russo, in yiddish e ripreso anche nel 2003 in francese dal grande Charles Aznavour.
Durante l’Olocausto, il tango è diventato parte della vita dei ghetti e dei campi di concentramento: i prigionieri avevano bisogno di avere una valvola di sfogo durante la loro tremenda giornata, e la musica poteva anche compiere questo miracolo.
Quindi il tango in yiddish fu il mezzo per esprimere le esperienze dei detenuti, le loro speranze, le sofferenze, le privazioni e il desiderio di libertà.
I nazisti permettevano questa musica non solo perché come il jazz era uno dei ritmi di moda in quegli anni: nei campi di concentramento costringevano le orchestre del campo , le Lager Cappellen, a giocare il Tango di Morte, per accompagnare i detenuti verso le camere a gas.
Un compositore ebraico ha scritto uno dei tanghi più conosciuti di questo periodo: si intitola “Friling” che significa Primavera, e fu scritto da Shmerke Kaczerginski nell’aprile 1943, dopo la morte di sua moglie Barbara nel ghetto di Vilna; il brano, basato su una melodia di tango esprime la tristezza e il senso di disperazione e solitudine dell’Autore.
Il tango yiddish è in continua evoluzione, arriva sino ai giorni nostri…. se cominciate a navigare alla ricerca del tango yiddish, troverete questa parola che ricorre spesso: “tanguele”. E’ il punto di incontro tra due potenti culture, cioè tra la canzone yiddish e il tango argentino.
“Tanguele” è anche il titolo di un album del 2008 che un trio di musicisti (un vocalist, un violinista ed un pianista) ha dedicato alle canzoni, ai tanghi più importanti e conosciuti di quell’epoca.
Esiste anche una pagina Facebook che si chiama Yiddish Tango Club, una band il cui leader è Gustav Bulgach, ebreo argentino, che ha dedicato ed ancor oggi dedica la sua arte e la sua musica alla miscela di danza ebraica conosciuta come Klezmer con il tango argentino.
L’anno scorso un altro gruppo di musicisti, un duo di fisarmonica e clarinetto, I Milongaires, sempre più interessati a divulgare il Tango yiddish, ha realizzato e prodotto un CD intitolato Un tango per Auschwitz dedicato a tutte le vittime della Shoah.
C’è un altro emblematico tango yiddish con cui mi piace concludere il nostro viaggio di oggi che si intitola “Ich hob dich lieb”…. “Io ho amore per te”: chissà, finché qualcuno avrà amore ancora per qualcun altro…… forse ancora vincerà la speranza!
E come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi ha la voglia di vivere!
Un abbraccio!