Lia Courrier e le audizioni: “Quali sono gli scenari possibili?”

di Lia Courrier
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Gli accadimenti della settimana mi hanno portata a riflettere sulla questione audizioni. 

Non le frequento ormai da anni, ma ne ho fatte tantissime in passato, per le situazioni più disparate: dalle produzioni di Opera lirica alle piccole o grandi compagnie, con o senza produzione alle spalle. I lavori più retribuiti sostenevano la possibilità di concedersi qualche esperienza artisticamente importante anche se pagata meno. Le audizioni sono una parte integrante del lavoro del danzatore, e sebbene spesso siano arene crudeli e caustiche, in questa scelta professionale non si può che prendere il pacchetto completo.  

Quando otteniamo successo ad un’audizione, è come se ci infondessero una dose esagerata di gioia. Tutta la fatica provata e le tensioni a cui siamo stati sottoposti vengono istantaneamente dissolte, ci sentiamo riconosciuti, apprezzati, valorizzati ed elettrizzati per una nuova esperienza che inizia. La sensazione di leggerezza e l’appagamento che seguono ad una audizione con un buon finale, ti fa volare per diverse ore a qualche centimetro da terra, con la voglia di andare immediatamente a far baldoria per festeggiare.  

Ci sono invece diversi modi in cui un’audizione può andare male, sebbene tra questi potremmo individuare un denominatore comune nel sentimento della tristezza. Al di là delle mille variabili che subentrano in questo tipo di esito, bisogna ammettere che non è automatico essere sempre presenti e lucidi per tutto il tempo, anche perché le selezioni possono durare da poche ore a intere settimane.  

In special modo se abbiamo appena concluso la nostra formazione, e quindi non siamo ancora così sicuri della nostra identità artistica, possiamo ritrovarci intrappolati in una matassa vischiosa fatta di indecisione, domande e desideri. Poi c’è il giudizio, che sentiamo arrivare dalla commissione, dagli altri candidati e da noi stessi. Spesso ci ritroviamo a chiederci che tipo di danzatore stiano cercando, per rispondere alle richieste in modo appropriato, ma questa è solo una proiezione, dal momento che non siamo in grado di leggere nel pensiero, e così alla fine questo atteggiamento diventa controproducente, riuscendo solamente a distogliere la nostra attenzione da noi stessi e dalla nostra danza, offuscando la nostra onestà creativa. 

Io sono campionessa di audizioni finite male, per questo oggi vorrei fare con voi un inventario dei possibili scenari, dedicato a chi in questo momento sta vivendo le miserie conseguenti ad una audizione finita male, in particolare a chi si trova alle prime esperienze. Non sentitevi soli e incompresi, non prendetela come una questione personale, è del tutto inutile e doloroso cercare di darsi una spiegazione degli accadimenti. Fidatevi: si può solo cercare di metterla in saccoccia per poi voltare pagina e passare oltre.  

Il primo scenario è quello in cui sei fuori al primo sbarramento. A me una volta è successo, mentre ero in fila per lasciare il mio nome alla segretaria, dopo un lungo viaggio, che uno della commissione si avvicinasse, mi squadrasse così com’ero, ancora vestita, e mi dicesse che potevo andare. Beh questo è un caso forse un po’ estremo, tuttavia essere eliminati subito ha anche i suoi vantaggi: se davvero non corrispondi all’ideale estetico che stanno cercando (l’estetica è alla base delle selezioni, e chi dice di no mente sapendo di mentire), almeno ti eviti la fatica. Bene. Però è anche vero che in questo modo ti viene negata proprio la possibilità di esprimerti, e senti che tutto ciò che hai duramente imparato negli anni di studio viene totalmente svalutato di fronte al dato puramente esteriore del tuo aspetto. Male. 

Il secondo scenario è quello in cui arrivi fino in fondo ma poi non vieni scelto. La situazione opposta alla precedente, insomma. In questo caso ti viene data la possibilità di far vedere cosa sai fare, anzi, più vai avanti e più ti senti forte, perché assistere alla rituale lettura dei nomi (o dei numeri) di chi viene eliminato, senza mai sentire il tuo, è una bella iniezione di autostima ed energia. A me è capitato varie volte di partecipare ad audizioni in cui abbiamo cominciato in numeri da capogiro, anche centinaia, per arrivare alla fine in due.  Poi però prendevano sempre l’altra.  

Ecco, nonostante ti venga riconosciuto il lavoro, e questo è il dato positivo, è anche vero che in una simile situazione, non appena viene comunicato l’esito finale tutta la sicurezza e la forza che avevi nel corpo e nel cuore sfumano. Le aspettative che crescevano di ora in ora, di minuto in minuto, crollano di colpo. Tutta la stanchezza della giornata, senza essere rinfrancata dal riscontro finale, ti piomba addosso lasciandosi stordita e afflitta. Ognuno ha i suoi tempi e metodi di ripresa in questo tipo di circostanza. 

L’ultimo scenario è legato al precedente: essere presa come riserva. La sensazione è una mezza felicità repressa e inespressa, velata dall’evidenza di essere una seconda scelta, a volte anche terza. In più queste sono le situazioni in cui avere il lavoro vuol dire che il titolare si è ammalato o infortunato. Nel migliore dei casi ha preso un lavoro con più retribuzione oppure, come è capitato a me, la titolare del contratto aspettava un bambino. Beh, almeno in quel caso c’era di che essere felici per tutti. 

Se sei protagonista di queste tristi avventure, il mio consiglio è di indossare un bel paio di occhiali dalle lenti rosa con cui guardare il mondo, alleggerire il carico e dedicarsi una giornata tutta per sé. Rimanere saldi alla propria motivazione e prepararsi ad affrontare la prossima audizione: lo scenario potrebbe cambiare! 

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