Il nostro è un popolo fatalmente affascinato dal culto della personalità. Leggenda vuole che al famoso referendum del dopoguerra, la vittoria della Repubblica sulla monarchia non fosse che il risultato di brogli elettorali. Siamo attratti dal potere del leader, del prescelto, dell’eletto, dell’eroe.
Nell’ambito dello spettacolo dal vivo, dove l’ego gioca un ruolo non indifferente, la venerazione del Divino Artista è un’abitudine un po’ nostalgica che fatica a estinguersi. In queste settimane impazza ovunque l’evento di danza diretto da Roberto Bolle, oggi non più “l’erede di Nureyev” ma “l’Etoile dei due mondi”, appellativo che gli conferisce un’aura quasi mitica. Roberto è indubbiamente un ballerino di grandi qualità tecniche, con una brillante carriera che lo ha consacrato sui più grandi palcoscenici del mondo. Negli ultimi anni si è fatto conoscere anche da un pubblico meno avvezzo alla danza, grazie alla sua trasmissione, le apparizioni come ospite in diversi contesti, e poi ancora in teatro, il suo habitat naturale, con lo spettacolo “Roberto Bolle & friends”, che da anni fa il pienone ai botteghini. Roberto Bolle piace a tutti in modo trasversale, per la sua danza ma anche per la sua bellezza apollinea, ed è stato investito all’unanimità popolare del ruolo di ambasciatore della danza italiana nel mondo.
Con buona pace di tutti coloro che non si riconoscono in quel modello e in quella danza.
“Roberto Bolle & friends” è il centro attorno cui si sviluppa “On Dance”, presentato come una festa della danza per Milano, un contenitore all’interno del quale ci sono anche proposte formative per i giovani danzatori, occasione per la quale Roberto Bolle vestirà per la prima volta i panni del docente.
So che siete tutti molto entusiasti ed elettrizzati per questo evento e vi dico con grande sincerità che sono felice per il meritato successo di Roberto Bolle e per la possibilità che gli è stata data di poter realizzare il suo progetto, ma i dubbi che sorgono nella mia mente dinanzi a questo genere di operazione sono molti.
Lo so cosa state pensando: sei sempre la solita. Ma che ci volete fare, sono totalmente estranea al culto della personalità, è una pratica che non mi appartiene, non fa parte della mia formazione di essere umano. Quello che vedo è un evento, ancora una volta, incentrato esclusivamente sulla figura di Roberto Bolle, da tempo ormai onnipresente ovunque: protagonista di un film realizzato proprio su di lui e per lui, che verrà proiettato durante l’evento, personaggio in una storia a fumetti nientemeno che su Topolino, video in cui lo vediamo ballare in strada, in galleria, fare stretching su un tram. Onestamente io se fossi in lui mi preoccuperei perché la sovraesposizione non sempre fa bene all’arte, potrebbe offuscare la sua luce, rischiando di trasformarlo in una icona pop, ma nel senso meno nobile del termine. Roberto in questo momento si trova implicato in un preciso disegno che vede la mercificazione della sua persona, alla stessa stregua di un marchio commerciale, questo è il motivo per cui una considerevole quantità di sponsor e finanziatori hanno voluto sostenerlo, e non c’è da meravigliarsi che vogliano cogliere questa imperdibile occasione per sentirsi dei magnati della cultura ma senza alcun rischio d’impresa, scommettendo su un cavallo vincente.
Da anni le politiche culturali, in particolare nella regione Lombardia (che non ha una legge Regionale per lo spettacolo dal vivo come ad esempio Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna dove infatti le cose sembrano funzionare diversamente) si muovono solo su eventi singoli e molto meno, se non quasi per niente, su progetti continuativi a lungo termine. Quando si parla di attività didattiche o di promozione e diffusione della danza, l’evento sporadico che si produce una volta all’anno ha una valenza relativa, poiché tutto l’investimento di energia e di risorse si consuma in pochi giorni e questa attività anaerobica non consente un utilizzo delle risorse che vada a vantaggio di tutti, e neanche di offrire la continuità necessaria per costruire qualcosa di concreto in termini di cultura o di formazione.
Data la situazione critica in cui la danza versa in Italia, e in particolare la formazione coreutica, il mio umile parere è che bisognerebbe fare molta attenzione a come si impiega la propria notorietà e la ricchezza che da questa si riceve. Sappiamo tutti che Roberto Bolle non è uno a cui piace esporsi personalmente, lui propone la sua danza e il suo lavoro, non l’ho mai sentito prendere posizione o fare dichiarazioni sulla situazione della danza in Italia. Forse non la conosce bene, dal momento che ha viaggiato sulle alte sfere fin dall’inizio della sua carriera, ma penso che quando diventi così famoso oltre agli applausi e alle lodi questo comporti anche un certo senso di responsabilità nei confronti di tutti gli altri, o almeno così dovrebbe essere. Questo evento è stato promosso anche come una opportunità di formazione, ma non mi si venga a dire che fare una lezione di danza classica tenuta da Roberto Bolle, o uno stage di una settimana come ce ne sono tanti, possa in qualche modo aiutare i giovani danzatori a realizzare le proprie ambizioni professionali, al massimo possono coronare il sogno di studiare per un giorno assieme ad una brillante stella del balletto e scriverlo sul proprio curriculum, tutto qui.
Se davvero si volesse fare qualcosa per i giovani danzatori mi dichiaro disponibile a fare una bella chiacchierata con il sindaco Sala, che scopro essere un entusiasta della danza, per spiegargli come stanno le cose nell’ambito della formazione coreutica quando si guarda fuori dai salottini dorati. Io e molti colleghi, che ogni giorno da decenni lavoriamo come formatori nella danza, abbiamo moltissime idee su come si potrebbe dare una reale opportunità ai giovani aspiranti danzatori di sviluppare i propri talenti anche qui in Italia, senza farli sempre fuggire all’estero per avere una professionalità competitiva sul mercato del lavoro, perché cerchiamo di farlo ogni giorno e senza alcun sostegno da parte di nessuno, solo con le nostre forze e la passione. La stessa di Roberto Bolle, perché la passione non è proporzionale al successo, anzi, a volte è addirittura più difficile mantenerla sempre accesa anche quando non ti lanciano le rose dai palchetti ogni sera.
Sono sempre contenta quando un evento di danza vede la luce.
Ma sarei molto più contenta se ogni tanto i riflettori fossero puntati anche verso altre realtà, oltre alle solite, che sicuramente non hanno bisogno di avere più notorietà di quella di cui già godono.