Antonio Desiderio: “Tra Miami e l’Italia, riflessioni di un impresario”

di Francesco Borelli
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Anche quest’anno sarai referente dell’International Ballet Festival di Miami. Com’è nata la tua collaborazione con il Festival?

Era il 2010 e mi trovavo a New York impegnato in due differenti produzioni per il Metropolitan Opera House. Avendo sentito molto parlare del Festival di Miami, inviai una mail al fondatore, il Maestro Pedro Pablo Pena, presentandomi e proponendo una collaborazione. Dopo neppure 24 ore, ricevetti una mail dal Maestro nella quale, oltre a ringraziarmi, mi domandava come avremmo potuto dare concretezza al progetto. Sfruttando la mia presenza negli Stati Uniti ci incontrammo e tutto ebbe inizio.

Pedro Pablo Pena ci ha lasciati all’inizio dell’anno; è stato un onore conoscerlo e aver condiviso con lui una piccola parte del mio percorso. Ricorderò per sempre il pranzo dello scorso anno assieme, al fine del quale mi portò a visitare la parte cubana di Miami. Da quest’anno ci sarà Eriberto Jimenez, da sempre suo braccio destro e da quest’edizione nuovo Direttore Artistico del Festival.

Chi sono i danzatori che rappresenteranno l’Italia? Perché la scelta è caduta proprio su loro?

Negli anni scorsi, sulla base di una mia precisa volontà, ho sempre proposto danzatori italiani che potessero distinguersi come eccellenze del nostro paese. Quest’anno non verrò meno a tale usanza, seppure i due danzatori appartengano all’ensemble del Teatro dell’Opera di Vienna. Si tratta di Adele Fiocchi e Francesco Daniele Costa. Adele la conosco sin dai tempi del diploma presso il Teatro alla Scala di Milano. Ancora giovanissima la invitai in alcuni gala in Italia, dimostrando, sin da subito, oltre a una grande tecnica, anche temperamento e carattere. Con Francesco collaboro, invece, per la prima volta, ma si è già ampiamente distinto per capacità, tecnica e grande presenza scenica.

Insieme danzeranno un passo a due tratto da “Fiamme di Parigi” e Francesco sarà protagonista di un assolo dal titolo “Moscato” creato per lui da Alessio Di Stefano.

Tecnica, fisicità, motivazione. Quali sono, se esistono le differenze tra i danzatori italiani e i danzatori stranieri?

La differenza non credo sia nei singoli danzatori ma nella cultura da cui provengono. Faccio un esempio: se un bambino russo è iscritto a un corso professionale di danza è certo che crescerà in un contesto in cui la danza è onnipresente e, con grande probabilità, sarà supportato, non solo dalla famiglia ma anche dalle istituzioni. Viceversa in Italia un bambino che frequenta una scuola professionale avrà combattuto per poterla frequentare nell’indifferenza dei genitori che, o non si accorgono neppure dell’attitudine del figlio o, addirittura la contrastano.  C’è un ulteriore differenza. All’estero i danzatori formatisi nelle accademie o nelle scuole private, troveranno lavoro nel proprio paese. In Italia i ballerini sono costretti a emigrare dato che non siamo in grado di offrire possibilità di lavoro o contratti dignitosi.

Negli ultimi anni ti adoperi molto al fine di sostenere i giovani talenti italiani. Da cosa nasce quest’impegno?

Dal desiderio di dimostrare che l’Italia è un paese che può ancora dare moltissimo, e che i nostri talenti possono tranquillamente competere con gli stranieri. La nostra scuola di formazione è tra le più apprezzate al mondo e, non dimentichiamo, che ovunque si vada, in qualsiasi compagnia, ci sono almeno un paio di danzatori italiani.

Quali sono gli impegni estivi oltre il Festival, che ti vedranno protagonista?

Sarò giurato in moltissimi concorsi e a fine luglio e nel mese di settembre, sarò impegnato al Teatro San Carlo di Napoli, rispettivamente nel “Gala in omaggio a Rudolf Nureyev” e ne “La Signora delle camelie”.

Ma, una settimana di vacanza me la concederò anche io.

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