“Ogni volta che vedo una ragazzina in tutù o con i capelli raccolti in uno chignon, mentre va ad una lezione di balletto, tutto quello che penso è che dovrebbe correre nella direzione opposta perché nessuno la proteggerà, come nessuno ha protetto me”. Alexandra Waterbury
Per fortuna sappiamo che non è sempre così e che la danza, come altri mestieri, per dura che sia può regalare gioia e soddisfazioni e può significare costruzione di una carriera e raggiungimento di traguardi personali. Va detto però che, proprio come ogni professione, non è immune da scorrettezze e scandali più o meno gravi. E’ il caso delle vicende che hanno interessato il New York City Ballet, per molto tempo nell’occhio del ciclone.
E’ l’inizio di dicembre 2017 quando Peter Martins, 71 anni, storico leader della Compagnia, viene rimosso dalla scuola dell’American Ballet. Contro di lui gravano le accuse di molestie sessuali e verbali. I fatti, risalenti agli anni ’90 vengono svelati da una lettera anonima che fa scattare l’indagine e confermati da 24 danzatori sia uomini che donne. Lo statuto della Compagnia vieta le relazioni tra un supervisore ed un subordinato e già un anno prima, per lo stesso principio, Jed Bernstein aveva lasciato il ruolo di Presidente del Lincoln Center perché accusato di aver promosso una donna che lavorava per lui e con cui aveva intrecciato una relazione. Anche Mr Martins era solito agevolare e promuovere certi suoi favoriti. Scavando nel passato di quest’uomo, purtroppo si scopre anche un’accusa per maltrattamenti nei confronti della moglie, la prima ballerina Darci Kristler, ma non è finita qui: nel 2011 Mr Martins è stato arrestato per guida in stato di ebrezza.
Alla luce di questi elementi, l’unica cosa che viene da dire è che quest’uomo non avrebbe dovuto ricoprire un ruolo tanto prestigioso e di responsabilità, nonostante la brillante carriera alle sue spalle. La sua vicenda ha trovato ampio spazio nei giornali italiani, ma che dire del più recente scandalo, sempre targato NYC Ballet, a cui la stampa del nostro Paese non ha prestato attenzione? Ce lo fa notare Mary Garret (nome d’arte di Mariafrancesca Garritano) che ne scrive sul suo blog attingendo a testate come The New York Times, New York Post e The Indipendent.
Nel mese di settembre 2018 la stampa estera riporta un nuovo caso che mette in cattiva luce la Compagnia, questa volta tirando in ballo #MeToo, il noto movimento americano nato lo scorso anno a tutela delle donne contro abusi e molestie, soprattutto nei luoghi di lavoro. Una giovane danzatrice della compagnia, la ventenne Alexandra Waterbury, ex allieva della Scuola dell’American Ballet, accusa il NYC Ballet di tollerare comportamenti in cui vengono violati i diritti fondamentali delle donne e di creare un “terreno fertile per lo sfruttamento sessuale”. La ragazza si appella alla Corte Suprema di Stato di Manhattan contro la Compagnia e contro il suo ex fidanzato Chase Finlay, Primo ballerino, che rassegna le dimissioni appena cercano di interrogarlo sulle accuse avanzate della danzatrice.
Tutto inizia la scorsa primavera quando la Waterbury scopre sul computer del fidanzato un file che contiene i messaggi di una chat di gruppo con tanto di foto e video privati della ragazza stessa e di altre ballerine, commentati con un linguaggio volgare, degradante e misogino che citava anche l’utilizzo di sostanze stupefacenti. Tra i partecipanti alla chat c’erano altri membri della compagnia e dei benefattori del NYC Ballet. Alcuni danzatori sono stati sospesi. La Waterbury, come spesso succede in questi casi senza distinzione di tempo e luogo, ha iniziato a ricevere telefonate anonime e minacce. Poco tempo dopo, due ballerini coinvolti nella vicenda sono stati licenziati per “comunicazioni inappropriate”.
Si tratta di Zachary Catazaro, 29 anni, e Amar Ramasar, 36, entrambi attivi nella conversazione iniziata da Finlay con l’invio di foto e video di incontri sessuali che aveva registrato segretamente. In risposta, Ramasar ha inviato una foto del seno di una ballerina e così via… Ad aggravare il tutto, c’è il fatto che le conversazioni avvenissero in orario di lavoro.
Nel licenziare le persone coinvolte, la famosa compagnia fondata nel 1948 da George Balanchine e Lincoln Kirstein ha dichiarato: “Non consentiremo alle azioni private di pochi di indebolire il duro lavoro e la forza costantemente dimostrati dagli altri membri della nostra comunità o dall’eccellenza dell’azienda” . “Un posto di lavoro in cui i nostri ballerini e lo staff si sentano rispettati e valorizzati è il nostro più alto obbligo.”
Recentemente, la compagnia è tornata a far parlare di sé per il suo splendore promuovendo ben sette danzatori, tra cui un primo ballerino, Joseph Gordon. Ma non è la sola buona notizia: in occasione della settima edizione del NYCB Autumn Fashion Gala, Alberta Ferretti ha disegnato i costumi per il ballo ‘Judah’ di Gianna Reisen (L.A. Dance Project) sulle note del compositore John Adams. Perfetto il connubio tra danza, musica e moda.
I fatti denunciati da Alexandra Waterbury, oltre ad attirare l’attenzione delle maggiori testate, hanno fornito vari spunti di riflessione. Ne è un esempio l’articolo www.dancemagazine.com/alexandra-waterbury-2602545003.html?rebelltitem=1#rebelltitem1
Per l’Italia, in effetti, tra Mr Martins e #metoo è uscita una notizia più positiva: il diciottenne Davide Riccardo, originario di Messina, diplomato alla School of American Ballet, e già insignito di premi come quello di “Artista emergente del 2018”, da agosto è entrato in compagnia, unico italiano a far parte del “New York City Ballet”! Ma, fatta eccezione per la stampa siciliana, anche questa notizia non ha trovato il giusto spazio nelle testate nazionali…