Franco Miseria: “La danza, in Italia, è vista come un lavoro precario. Dovrebbe nascere una nuova stella capace di riaccendere tutto”

di Francesco Borelli
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Il prossimo 8 dicembre presso il Pala Seven Show di Roma tornerai in scena con uno spettacolo ideato, diretto, e coreografato da te. Cosa ti ha riportato sul palcoscenico?

Sono trascorsi circa 40 anni dall’ultima volta ma torno in scena per un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Quante volte nel corso del tempo ho sentito storie di ragazzi, maschietti in particolare, che han dovuto lottare per studiare danza? Quante volte ho ascoltato ragazzi raccontare delle difficoltà incontrate per via di genitori che vedevano la danza come un mondo prettamente femminile? Ebbene.. #PapàNonVoleva parla proprio di questo argomento. L’obiettivo è di far capire al pubblico che cos’è la danza e che essa rappresenta la madre di tutte le arti.

Chi sono i protagonisti dello spettacolo?

C’è Silvia Specchio, meravigliosa cantante, attrice e danzatrice e poi Alex La Rosa, mio allievo e ottimo mattatore e presentatore. Infine io, che interpreto me stesso e cerco di spiegare la danza attraverso un’audizione che si tiene all’inizio dello spettacolo e poi le varie fasi di preparazione dello show.

Com’è nato #PapàNonVoleva?

Ѐ stato Alex La Rosa a propormi di pensare a un suo spettacolo. Abbiamo parlato lungamente, e dopo una settimana è venuto fuori questo titolo. Alex per primo ha vissuto sulla sua pelle questo tipo di problema; il padre non vedeva di buon occhio che intraprendesse lo studio della danza tant’è che iniziò a studiare di nascosto. Oggi le cose sono cambiate per fortuna ma immaginate come poteva essere vissuta una scelta di questo tipo nella Sicilia di qualche anno fa. Ascoltando la sua storia sono tornato indietro nel tempo e ho ricordato che mio padre voleva che facessi il barbiere. Non pensava che con la danza si potessero guadagnare dei soldi. Questo insieme di circostanze ha portato alla nascita di #PapàNonVoleva.

Esiste un progetto a lungo termine riguardo allo spettacolo?

Certamente. La sera della prima verranno effettuate delle riprese che porteranno all’elaborazione di due videoclip che saranno inviati ai vari teatri per un’eventuale tour futuro. La novità sarà rappresentata dal fatto che in occasione delle varie rappresentazioni che si terranno, effettuerò, in ciascuna città ospitante, un’audizione per cercare nuovi talenti che si esibiranno la sera stessa durante la messa in scena.

Ti mancava il palcoscenico?

Mi manca la danza. Per vedere qualità ed eccellenza devo attendere che Daniele Cipriani organizzi i suoi meravigliosi Gala.

Prossimamente sarà di scena anche il tuo primo concorso nelle vesti di organizzatore.

Erano anni che pensavo di dar vita a un concorso che avesse la mia firma, e così, dopo tantissime giurie, è nato “Key Dance Competition”, la cui prima edizione andrà in scena il prossimo 2 dicembre al Teatro Politeama di Prato. È un’iniziativa realizzata in collaborazione con l’Associazione Labirinto diretta da Maria Meoni; speriamo di regalare tante concrete opportunità a tutti i giovanissimi danzatori che interverranno.

KEY DANCE è anche il nome del brand che sto creando per abbigliamento danza.

Secondo te esiste ancora la danza in televisione?

No, non esiste più. Pensa che tanti anni fa quando danzavo in TV e portavo ballerini come Raffaele Paganini o Mario Marozzi, esisteva una legge che imponeva, prima dell’audizione di danza moderna, l’audizione di danza classica. Passata questa si poteva accedere alla successiva. Se venivi bocciato per tre volte, dovevi cambiare mestiere. Le selezioni erano tenute dai Maestri del Teatro alla Scala, dell’Opera di Roma, del Regio di Torino. Io, per esempio, sostenni la selezione di danza classica con Attilia Radice. Per danzare in TV dovevi avere almeno quindici anni di danza classica nelle gambe.

Quando la RAI cominciò con i grandi varietà negli anni ‘60, veniva Hermes Pan (coreografo di Fred Astair) a curare le coreografie delle trasmissioni. Io fui visto proprio da un danzatore americano mentre ballavo al PIPER CLUB di Roma. Mi chiese dove avessi studiato danza, gli risposi che non avevo mai studiato, e mi suggerì di studiare danza classica perché avrei potuto fare il ballerino professionista. Seguii il suo consiglio e iniziai a studiare tutti i giorni per 5/6 ore.

Qual è stato l’ultimo varietà della televisione italiana?

Credo, senza peccare di presunzione, che dopo FANTASTICO 8 non ci siano più stati i grandi varietà e i grandi corpi di ballo. Era l’edizione targata Celentano e chiamai, per ballare con Heather Parisi, grandissimi danzatori: Micha Van Hoecke, Eric Vu An, Raffaele Paganini, Mario Marozzi. Con l’aiuto di Vittoria Ottolenghi riuscii a portare in TV i più grandi ballerini di allora.

Che cosa farebbe oggi Franco Miseria per “pubblicizzare” la danza?

Organizzerei flash mob in tutte le grandi piazze italiane. Così da costringere le persone a fermarsi e guardare la bella danza. Ovviamente dovrebbe trattarsi di bravi danzatori che si esibiscono su coreografie accattivanti. All’estero c’è molta cultura in tal senso. In Italia c’è ancora una mentalità vecchia che vede la danza come un lavoro incerto e precario. Forse dovrebbe nascere una nuova stella con un appeal tale da riaccendere tutto.

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