Vittoria Maggio: “Il mio piccolo contributo alla giornata della memoria; il tango della speranza”

di Vittoria Maggio
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“Il tango è la musica di quelli che hanno perso la patria, di quelli che vengono da altre parti. Un miscuglio di habanere e candombe dei neri, con la fisarmonica di un figlio di italiani e il violino di un ebreo che ha imparato a suonare nella sinagoga di qualche impronunciabile villaggio della Polonia”.

Finché c’è tango c’è vita torna questa settimana per dare il suo piccolo contributo alla Giornata della Memoria che ieri 27 gennaio ha visto eventi, mostre, pensieri e parole ad essa dedicati.

È infatti attraverso il racconto del tango, che è l’unico ballo che  riesce a confondersi con la vita stessa tanto da prenderne a volte il posto, che la nostra rubrica ha la possibilità di far parte di una memoria collettiva che a volte ci fa piegare le ginocchia perché sembra non servire a nulla.

La memoria va invece con ostinazione preservata perché se il messaggio arriva anche solamente a una persona nuova, ecco che allora There is always hope come si legge su uno dei muri dipinti dallo street art per antonomasia che ha sempre avuto il coraggio di dire NO a ogni forma di guerra con immagini molto potenti che colpiscono più di tante parole.

Arte, musica, danza, tango, creatività più in generale, sono l’unico modo per esprimere e conservare identità, interiorità, spiritualità, radici anche quando sono ad alto rischio di sopravvivenza, anche quando quel ricordo vorrebbe essere dimenticato.

In quel terribile periodo, il tango ha ballato la sua tanda più difficile, quella ai confini tra vita, non vita, e morte.

Pochi conoscono il Tango Yiddish, e pochi Musicalizador osano metterne qualche brano nelle serate di milonga. Suonarli di tanto in tanto aiuterebbe la memoria del 27 gennaio e contribuirebbe a ricordare uno dei valori più importante da difendere: la tolleranza nei confronti del diverso e la sua integrazione.

Il Tango Yiddish é un tango composto da musicisti ebrei, cantato in yiddish, la lingua giudeo-tedesca, una lingua germanica che veniva parlata dagli ebrei originari dell’Europa orientale.

Tra gli immigrati in Argentina nelle prime decadi del ‘900  c’erano naturalmente anche ebrei e fu proprio in quel periodo che i loro tipici violini si mischiarono ai suoni nascenti del tango che anni più tardi videro la creazione dei tanghi yiddish più famosi.

Secondo lo studioso di tango Miguel Gadea Sandler, il violino fu il principale contributo  che l’immigrazione ebraica diede al tango rioplatense, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX.

Non era difficile trovare un ebreo con un violino sotto il braccio in quel momento. Provate a scappare con un pianoforte!

Non è un mistero che la predisposizione del popolo ebraico verso la musica generò nella storia grandi artisti come Vladimir Horowitz, Isaac Stern, Leonard Bernstein, George Gershwin per citare quelli più “popolari”.

Una volta stabiliti nella capitale argentina, molti genitori mandavano i propri figli a studiare con l’idea di far loro intraprendere un cammino nel mondo della musica classica, ma molti si rivolsero al tango per amore verso questa musica e perché offriva più possibilità lavorative.

Papirosen, che significa sigarette, è uno dei brani più celebri: scritto e composto da Herman Yablokoff nel 1935 a ricordo dell’occupazione tedesca di Grodno nella prima Guerra Mondiale  racconta  la storia di un venditore ambulante di sigarette, orfano di guerra che vende sigarette  in una notte fredda e nebbiosa. È molto bello se pur triste nelle note e nelle parole.

Il famoso My Yiddishe Mamme, dedicato a una delle tante madri di guerra, composto nel 1925, fu cantato in inglese, in russo, in yiddish e ripreso anche nel 2003 in francese dal grande Charles Aznavour.

Durante l’Olocausto, il tango divenne parte della vita dei ghetti e dei campi di concentramento: i prigionieri avevano bisogno di avere una valvola di sfogo durante la loro tremenda giornata, e la musica poteva compiere questo miracolo.

Quindi il tango yiddish fu il mezzo per esprimere le esperienze dei detenuti, le loro speranze, le sofferenze, le privazioni e il desiderio di libertà.

I nazisti permettevano questa musica non solo per il loro divertimento, ma per manipolare le impressioni dei “nuovi arrivati” che accolti dalla musica si illudevano per poche manciate di secondi che potesse essere dignitoso essere prigionieri di guerra. Fra gli orrori commessi, nei campi di concentramento, i militari costringevano le orchestre del campo, le Lager Cappellen, a giocare il Tango di Morte, per accompagnare i detenuti verso le camere a gas.

Un compositore ebraico ha scritto uno dei tanghi più conosciuti di questo periodo: si intitola “Friling” che significa Primavera, e fu scritto da Shmerke Kaczerginski nell’aprile 1943, dopo la morte di sua moglie Barbara nel ghetto di Vilna; il brano, basato su una melodia di tango  esprime la tristezza e il senso di disperazione e solitudine dell’Autore.

Dai remoti inizi, ancora prima del bandoneon e del pianoforte, il violino apparteneva già al tango ed é stato forse lo strumento più “integrato” oltre che per la sua profonda corda nostalgica anche per la praticità del suo trasporto, piccolo e agile da nascondere.

Nascono cosi i violini della speranza!

Il famoso liutaio Amnon Weinstein emigrato dalla Germania in Palestina nel 1938 per sfuggire al nazismo, ha sempre considerato la Shoah un argomento tabù nella sua famiglia, sterminata nelle camere a gas.

Ma un giorno nella sua nuova casa, la storia bussa alla sua porta. Un sopravvissuto dell’orchestra di Auschwitz gli chiede di riparare il suo strumento che vuole donare al nipote. Da quel momento a oggi sono ben piú di 50 I violini della speranza da lui riparati e riconsegnati al suono delle dolci corde nostalgiche.

C’è un altro emblematico tango yiddish con cui concludere il nostro viaggio di oggi che si intitola  “Ich hob dich lieb”…. “Io ho amore per te”: chissà, finché qualcuno avrà amore ancora per qualcun altro … vincerà la speranza!

E  come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà…

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