Bentornati carissimi lettori.
Spero che la vostra estate sia stata densa di bei momenti e che ora siate rigenerati, pronti a ricominciare un altro pazzo anno in compagnia di Madama Danza e di tutti i piccoli e grandi danzatori a cui avremo il privilegio di insegnare.
Questo primo numero di SetteOtto è, in un certo senso, anche l’ultimo per un po’.
Prima di scriverlo ho riletto l’ultima pubblicazione prima della pausa estiva, incarnazione di una intricata matassa di sensazioni ed emozioni legate al mio lavoro e alla mia persona in relazione alla danza, che ancora non sono riuscita a districare. Un sentire che ho deciso di ascoltare, creando appositamente per lui uno spazio vuoto nel quale possa esprimersi, espandersi e trasformarsi. Ho compreso che questo per me non è il momento propizio per agire, ma quello di fare una sosta, per osservare e cercare di comprendere, di leggere i segnali.
La ciclicità delle cose e la finitezza di qualsiasi cosa emerga dal velo di Maya, possiede intrinsecamente una natura caduca. Lo sanno bene i giapponesi, che di questa consapevolezza hanno imbevuto la loro poetica cultura. Il mondo fluttuante, l’esistenza in continuo cambiamento, i fiori di ciliegio a loro così cari, non durano che una manciata di ore, prima di lasciarsi andare in un vortice danzante, che si infrange sulle acque di un laghetto, puntellando l’azzurro di una moltitudine rosa. Vivere il momento, ascoltare il presente e cercare di lasciarsi guidare dall’istinto per rimanere quanto più possibile coerenti a sé stessi. In armonia con le opportunità.
Scrivo questa rubrica dal 2015, un tempo che non si può certo considerare lungo, ma forse considerevole, almeno per me. Mi sono progressivamente esposta con crescente onestà, anche perché sentivo di poterlo fare con voi lettori, andando a scavare ogni volta più a fondo nelle mie ragioni e nel mio pensiero riguardo la danza e il suo insegnamento.
La scrittura è uno sforzo fisico, che richiede l’abbattimento di ogni barriera, sovrastruttura, armatura, affinché una parvenza di verità (intendendo qui una verità del tutto personale e individuale) emerga dalla selva di stratificazioni che affollano la mente, quando ci si trova davanti al foglio bianco. Esporsi vuol dire condividere, ma ovviamente anche rendersi vulnerabili alle critiche, agli attacchi, alle incomprensioni, per difendersi dalle quali bisogna spendere ulteriori energie in chiarimenti e argomentazioni, cercando di essere gentili anche con chi non lo è stato affatto.
La scrittura è sempre esistita, in qualche strana forma, come mia modalità espressiva, ma da quando ciò che scrivo viene pubblicato, ogni settimana, di certo molte cose sono cambiate, ho dovuto imparare a farlo con consapevolezza attraverso la pratica: cercare di non inibire la purezza del flusso di pensiero nel raccontarsi, ma allo stesso tempo anche tenere conto del fatto che qualcuno leggerà quelle parole, quindi fare molta attenzione ad essere chiari, limitando al massimo il rischio che qualcuno possa sentirsi attaccato o offeso.
Dopo tutti questi anni insieme sento che è giunto il momento di creare uno spazio di decompressione tra me e questa creatura, cui ho dato la vita insieme a Francesco Borelli in un bar di Milano qualche anno fa. Non voglio allontanarmene o abbandonarla, ma sento che SetteOtto si trova in una fase di trasformazione, un processo delicato in cui qualcosa deve morire per lasciare il posto a ciò che sta nascendo, e quando queste condizioni si mostrano, non resta che rallentare per un momento e lasciare il tempo agli eventi affinché trovino un nuovo equilibrio.
Annuncio quindi che SetteOtto da quest’anno avrà cadenza mensile e non più settimanale, e questo con l’unico scopo di creare le migliori condizioni affinché gli argomenti possano farsi trovare, maturare, ed essere trasmessi in modo più approfondito e ragionato, cosa che ultimamente non sempre è accaduta, anche a causa delle vite frenetiche che ogni persona che abita in questa città (Milano) deve condurre. Proprio perché adoro scrivere su questa rivista, voglio essere certa che nessuna energia inquinante e tossica possa frapporsi tra me e la scrittura. Questo è quello che sento dopo essermi ascoltata, e so che capirete.
Vorrei, allo stesso tempo, invitarvi tutti ad una maggiore partecipazione, rispetto a quanto fatto finora. Ho avuto in questi anni il privilegio di essere seguita da lettori sempre pronti alla condivisione o al commento, ma in questo momento penso che l’azione in prima persona sia una fondamentale chiave per poter portare nuova energia in un tessuto sociale e culturale attualmente fermo come uno stagno. Per questo motivo ho pensato di proporvi una rubrica di posta, la cui frequenza dipenderà semplicemente da quante lettere riceverò.
Cosa vi chiedo di scrivermi? Qualsiasi cosa vi passi per la mente, che riguardi la danza e il suo insegnamento, e che vogliate condividere con me e con la comunità di SetteOtto: una riflessione, una domanda aperta, un racconto, una denuncia, qualcosa di serio, qualcosa di leggero, ma soprattutto – spero- qualcosa di divertente.
Periodicamente pubblicheremo un numero de La Posta di Lia Courrier contenente il vostro materiale, che correderò con un mio commento. Vi prego di specificare nella mail se volete mantenere l’anonimato o se possiamo lasciare la firma sotto alla vostra lettera.
Potete inviare le vostre mail a [email protected] scrivendo come oggetto “La Posta di Lia Courrier”.
Auguro a tutti voi uno splendido inizio d’anno, e che la danza possa essere sempre un veicolo di condivisione, armonia, unione tra i popoli e le culture, espressione stessa della vitalità e della gioia.
Restiamo in contatto.
Ci ritroveremo qui tra un mese.