E mentre fuori tutto è fermo, teatri e cinema chiusi, pure Halloween è stato bandito… avete mai provato a organizzare il vostro “The Rocky Horror Show” privato?
«It was a night out they were going to remember for a very long time»
È quasi blasfemo non parlare di Rocky Horror sotto Halloween, tra l’altro in un anno molto importante per il film che proprio lo scorso 25 settembre ha raggiunto il traguardo dei 45 anni dalla prima proiezione negli Stati Uniti.
Se poi ci chiudono pure il Cinema Mexico di Milano (the official Rocky Horror House), l’unico in Italia che permette di vivere un’esperienza immersiva del Rocky Horror, la soluzione è una sola: organizzare una proiezione privata in casa (mi raccomando tutti congiunti o con mascherina!).
UN RIPASSINO… Nel 1975 il film – prodotto da Lou Adler – era troppo particolare per proiezioni a orari convenzionali: aveva bisogno dell’atmosfera giusta e di quel senso di appartenenza che i fan erano riusciti a costruire in un modo del tutto nuovo per il mondo cinematografico e teatrale, ossia attraverso la partecipazione a 360 gradi all’interno dello show.
Il pubblico degli spettacoli di mezzanotte aveva creato dei rituali, successivamente ci si rese conto che il pubblico aiutava addirittura lo svolgimento dell’azione attraverso battute alternative e oggetti per simulare le scene stesse: fu la genesi dell’interattività.
A iniziare la tradizione di rispondere con dialoghi alternativi alle battute del film proiettato fu l’insegnate Louis F. Farese nel 1976. Quando ad esempio la coppia protagonista si addentrava nell’oscurità sotto la fitta pioggia, egli rispondeva con «Compratevi un ombrello!». Il passaggio dall’interagire con i personaggi della pellicola a vestirsi come loro fu rapido. Le platee si riempivano di cloni di Brad, Janet, Frank, Riff-Raff, Magenta… che mimavano il musical davanti la proiezione stessa.
Ecco cosa vi serve per una partecipazione attiva al Rocky Horror:
– riso per la scena delle nozze;
– lettere J, A, N, E, T;
– giornale per la scena della pioggia (è consigliato il Plain Dealer, l’originale);
– acqua;
– accendino, fiammiferi, candele, piccole torce elettriche o qualsiasi altra cosa in grado di produrre una luce;
– guanti di gomma (meglio se di lattice per uso chirurgico)
– trombette e altri materiali per le feste;
– coriandoli bianchi e abbastanza grandi;
– cappellino carnevalesco, per imitare i transylvani o Frank nella scena della cena;
– carta igienica per imitare le bende che avvolgono Rocky;
– carte da gioco.
Tra i rituali il primo fra tutti è il lancio del riso alle nozze degli ex colleghi di college di Brad e Janet. Le lettere J, A, N, E, T vanno alzate sopra la testa, in modo che tutti le vedano, una per volta, quando Brad, durante “Damn it, Janet!” fa lo spelling del nome della fidanzata. Durante il temporale, Brad e Janet sono costretti ad abbandonare l’auto a causa di una gomma a terra e mentre procedono a piedi verso un castello che hanno visto più indietro, Janet si mette un quotidiano sulla testa. Il pubblico è invitato a fare altrettanto. Le pistole ad acqua permettono di simulare in modo efficace e sicuro il temporale che imperversa sulla scena. Durante la canzone “Over at the Frankenstein place”, il verso «There’s a light» dà il via all’accensione delle luci (torce o accendini), che vanno poi spente quando la canzone arriva a «… in the darkness».
I guanti da chirurgo sono quelli usati da Frank in laboratorio, lo scienziato ha l’abitudine di farli schioccare intorno ai polsi quando li indossa durante il proprio delirante discorso sulla creazione di Rocky. Il pubblico dovrebbe avere il tempismo perfetto di farli schioccare nello stesso istante, per amplificare l’effetto. Party makers, trombette, fischietti, maracas o quant’altro si possa usare per fare rumore alle feste e/o a Capodanno devono essere usati dopo che Frank finisce il discorso che presenta la sua creazione. I coriandoli, al pari del riso, vanno tirati per festeggiare gli sposi, questa volta quando Frank sposa Rocky. Sull’utilizzo della carta igienica ci sono due correnti di pensiero: alcuni preferiscono lanciarla nel momento in cui Frank toglie le bende a Rocky, altri usano lanciarla all’arrivo del Dott. Scott. Il cappellino (in cartoncino, di quelli carnevaleschi): quasi tutti i Transylvani ne indossano uno e Frank se lo mette durante la cena.
Il campanellino va suonato quando Frank chiede a Janet «Did you hear the bell ring?» durante la canzone Planet Schmanet; volendo si può suonare la propria campanella in risposta. Quando durante “I’m going home” Frank arriva al verso «…cards for sorrow, cards for pain» il pubblico lancia le carte in aria.
Per quanto riguarda le battute alternative da gridare in risposta a quelle originali, anche in questo caso ce ne sono alcune che si ritrovano spesso durante lo spettacolo, e sono:
– Asshole! ogni volta che Brad compare in scena;
– Per Janet si usa ripetere Weiss! con le esse finali molto sibilanti, oppure la si apostrofa con la parola slut!;
– Al Dr. Scott non è raro dire «suck my cock!» anche se ha ormai preso piede il più fulmineo «Uh!», inizialmente usato solo a teatro;
– E d’uso urlare «Shhh!», invece, ogni volta che viene nominato Eddie.
Il prossimo 31 ottobre ci sarà inoltre una reunion del cast a favore di Biden per le prossime elezioni presidenziali statunitensi: un’iniziativa in streaming organizzata nel Wisconsin.
Presenti il protagonista Tim Curry, che nel film vestiva i panni dell’ambiguo scienziato Frank N. Furter, e Nell Campbell, rispettivamente di Brad Majors e Columbia.
«Don’t dream it, be it!»