Quanto è difficile correggere gli allievi durante una lezione online?

di Lia Courrier
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“porta il fianco sinistro più avanti…

…no, il sinistro…

L’altro sinistro (!!!)

Ok, però lascia la spalla dov’era. Solo il fianco.

Uhm…meglio. Adesso spingi sulla gamba di terra.

Sì, ma non perdere il fianco e la spalla…

Bene. Adesso ruota la coscia, alza il ginocchio, stendi le dita del piede,

spazio tra le scapole, lungo il braccio, morbida la mano, forza…

Tutto insieme, tutto insieme…

no, abbassa il coso, lì…ma non perdere le cose di prima!

No, non ci siamo, smonta tutto e ripartiamo da capo”

Ecco un classico esempio di quello che mi succede da quando non è più possibile toccare gli allievi per correggerli. Prima che questa nuova era ci prendesse tutti nel suo vortice, non avevo idea di quanto fosse indispensabile il tocco nella lezione di danza, anzi, dato che spesso vedo gli allievi manovrati manco fossero delle bambole di pezza, sono sempre stata una evangelista dell’auto consapevolezza, e credevo di toccare gli allievi il minimo indispensabile, ma ora che non posso più farlo, mi rendo conto che in realtà utilizzavo le mani molto spesso. Non proprio per imporre, certo, forse con l’intenzione per guidare e sostenere, ma confesso: sono una toccacciona.

Adesso devo dire tutto a voce, e ci metto molto più tempo, al punto che dare le correzioni durante la danza è diventato impossibile, un esercizio atletico per la mia lingua, che si arrota, salta, schioppa e si incespica nel tentativo di dire tutto nel breve tempo di un movimento, allora a volte viene fuori una cosa tipo: “tirasuquispingilìapridiquastendidilàTELODICODOPOOOO!”

Oppure, come nell’esempio sopra riportato, quando finalmente riesco a guidare l’allievo nella posizione giusta, è lì che trema come una lavatrice in centrifuga, perché ha dovuto mantenere la posizione per un tempo interminabile, quando con un bel paio di mani piazzate nel posto giusto, non si ha neanche bisogno di parlare, perché si usa un linguaggio molto più comprensibile per lo strumento che usiamo, e il risultato è immediato e chiaro.

Finisco la lezione con la lingua che sembra velcro, la gola secca, un’arsura che manco dopo aver attraversato il deserto a piedi, la voce roca per lo sforzo. Mi sgargollo due litri di acqua con disinvoltura, direttamente nel gargarozzo, mentre nella testa tutto quel parlare rimane come uno sciame di mosche che mi ronza in testa per ore.

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