Christian Fagetti, solista del Teatro alla Scala, è uno dei danzatori italiani più apprezzati. Entrato nel corpo di ballo dopo il diploma all’Accademia, ha ricoperto in questi anni tanti ruoli in cui ha sempre saputo lasciare il segno per le sue qualità interpretative oltre che tecniche. Recentemente gli è stato assegnato il Premio Capri Danza International. Sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria ha dimostrato grande sensibilità per i problemi dei lavoratori dello spettacolo usando spesso i propri canali social per parlare della crisi del settore e dei propri colleghi precari, scendendo anche in piazza con loro.
Non posso che iniziare chiedendo come vivi questa nuova chiusura dei teatri…
Come tutti gli artisti di teatro, ovviamente non sto vivendo al meglio la nuova chiusura. La prima volta abbiamo mantenuto un “mood positivo” per superare questa situazione che sembra senza fine. Oggi quell’entusiasmo non lo sento più perché tutti ci siamo stancati di non poter fare il nostro lavoro nelle condizioni di cui abbiamo bisogno.
Durante l’estate, i teatri all’aperto hanno permesso al settore di ripartire, seppure parzialmente, poi si è cercato di continuare al chiuso nel rispetto delle norme di sicurezza. Quali sono le difficoltà che avete incontrato voi danzatori una volta tornati in sala e le maggiori preoccupazioni legate alla vostra professione?
La prima difficoltà in assoluto e stata quella di danzare con la mascherina. Il nostro esercizio fisico, come potete immaginare, necessita di una buona respirazione, ma le regole ferree del protocollo di sicurezza dettate in maniera impeccabile dal nostro Teatro ci hanno obbligato a indossarla sempre, anche durante gli allenamenti e le prove. La seconda grande difficoltà che abbiamo incontrato è stata quella di non poterci toccare e di stare a distanza di sicurezza (esclusi i congiunti). Da quando siamo tornati viviamo ogni giorno come se fosse l’ultimo con la paura di ritrovarci di nuovo a casa. Io sono fortunato perché lavoro al Teatro alla Scala ed ho un contratto fisso, ma ho paura che questa situazione mondiale possa mettere i teatri in condizione di richiedere sempre meno lavoratori e che, di conseguenza, tanti danzatori con contratto a termine possano ritrovarsi disoccupati per tanti, troppi mesi. Spero vivamente che presto si possa trovare una soluzione.
Tornando all’estate, hai avuto l’opportunità di danzare in diverse occasioni e hai ricevuto il Premio Capri Danza. Come è stato, dal punto di vista emotivo, mentale ma anche fisico, essere di nuovo in scena dopo un lockdown durato diversi mesi?
Sono onorato di aver ricevuto il premio Capri Danza, amo molto quell’isola e la Campania, terra dalla quale nascono le miei origini nonostante io sia milanese, quindi poter danzare lì è stato davvero bellissimo. Poter calcare nuovamente la scena per me è davvero come tornare a respirare aria buona, come ritornare a casa, nel posto dove possiamo esprimere noi stessi e quella sul palcoscenico del Premio Capri Danza è stata una bellissima ripartenza.
Parliamo di formazione: hai frequentato la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Vuoi condividere con noi un bel ricordo legato a quegli anni?
Ho molti ricordi meravigliosi di quando ero in scuola di ballo ed oltre al ricordo più bello che è quello del giorno del mio diploma, ne ho un altro che ricordo con un gran sorriso. Avevo sedici anni e si stava avvicinando il giorno dell’esame del mio sesto corso ed io come ogni anno ero convinto che mi avrebbero bocciato (da qui si può dedurre la bassa autostima che mi apparteneva). Le assistenti mi chiamarono dicendomi che la Signora Anna Maria Prina (allora Direttrice della Scuola di Ballo) mi voleva parlare urgentemente. Non vi dico le mie paturnie mentali in quel momento, ero convinto mi chiamasse per dirmi che non avrei superato l’anno. Quando entrai nel suo ufficio ero terrorizzato ma subito dopo capii che il motivo per il quale mi aveva chiamato era un altro, bensì mi aveva offerto uno stage estivo in Spagna per premiarmi per i miglioramenti che avevo avuto in quegli anni e la cosa più bella era che insieme a me avrebbe mandato il mio migliore amico Francesco Ricci, oggi primo solista al Semperoper Ballett. Devo molto alla Signora Prina, grande donna alla quale oggi sono legato da un profondo affetto.
Cosa significa essere solista di uno dei pochissimi enti italiani a potersi ancora permettere un corpo di ballo stabile e una programmazione di alto livello?
Quello di diventare Ballerino Solista del Teatro alla Scala era il traguardo che volevo raggiungere. Ogni danzatore deve sapere qual è il proprio posto ed il proprio livello ed io potevo arrivare esattamente dove sono. In un Teatro di così grande prestigio nazionale e mondiale, è davvero un sogno realizzato anche perché ho lavorato tanto per arrivarci e sto lavorando tanto per meritare ogni giorno la categoria che rappresento. In un momento così terribile per il nostro settore e non solo, noi siamo davvero i più fortunati perché abbiamo la possibilità, anche se non al cento per cento come prima, di lavorare e di guadagnare. Non per questo però è facile lavorare serenamente e sentirsi motivati al massimo. È inutile far finta di niente, queste continue pause e ripartenze non fanno bene al corpo ma soprattutto alla mente. Ci sono giorni in cui mi devo sforzare di sentirmi bene… Poi penso che ci sono miei colleghi e artisti che non lavorano da marzo, mi sento in colpa per avere questo stato d’animo e cerco di tirarmi su. Purtroppo, come ben sappiamo, i teatri sono stati tra i primi a risentirne ma il nostro riesce ad oggi a reinventare nuove programmazioni per andare avanti.
Chi sono, tra i grandi nomi della Danza, quelli che ti ispirano?
Sicuramente grande fonte di ispirazione è sempre stato per me Massimo Murru, artista dal lavoro profondo e grande espressività. Poi mi è difficile sceglierne pochi altri, in quattordici anni di carriera ho avuto la fortuna di lavora con grandissimi coreografi e di danzare al fianco di grandi Artisti. Tra i coreografi contemporanei con cui ho avuto la fortuna di lavorare non dimenticherò mai William Forsythe, Jiri Killian e Alexei Ratmansky.
Tra i ruoli danzati, quali i preferiti e perché?
I ruoli che più mi piacciono sono impressi nel mio corpo e nella mia mente proprio perché sono i ruoli più difficili che ho interpretato sia a livello tecnico che artistico. In primis Rothbart ne “il lago dei cigni” di Rudolf Nureyev. A livello artistico è pieno di sfaccettature che hanno alimentato sempre di più la mia interpretazione, spettacolo dopo spettacolo. E’ indimenticabile anche a livello tecnico, per la difficoltà: giuro che a distanza di sei anni ho ancora le sensazioni fisiche addosso. Poi c’è Mercuzio in “Romeo e Giulietta” di Kennet McMillan, ruolo che ho danzato poco ma che è entrato nel mio cuore da subito. Che rimanga tra noi, è il ruolo più bello di tutto il balletto! Ho incontrato molte difficolta ad interpretare la scena dell’agognata morte, ma il Maestro Massimo Murru mi ha aiutato a trovare la chiave giusta per entrare totalmente nel ruolo. E poi c’è il ruolo che ho danzato più che è Espada in “Don Chisciotte” di Rudolf Nureyev. Ormai è un ruolo che ho in tasca e ogni volta che lo interpreto mi diverto a trovare delle sfumature nuove.
Da mesi le nostre vite sono diventate sempre più virtuali. I nuovi media se da un lato rappresentano una comodità che ci permette anche di fruire di prodotti culturali, dall’altro cambiano la qualità delle relazioni sociali. Ci spieghi qual è l’importanza di avere il pubblico in sala per un artista?
Per un qualsiasi artista di teatro la presenza del pubblico è fondamentale. Fa parte dello spettacolo. Ogni corpo ha un’energia, e la fusione tra le nostre e quelle degli spettatori creano l’adrenalina che sale prima di entrare in scena. La mancanza è forte, anche perché quando finisci di ballare c’è il silenzio tombale e non ti senti appagato fino in fondo. Ogni tanto penso a quando un giorno risentiremo gli applausi e già mi vengono i brividi.
Prima del lockdown, avevi intrapreso un percorso per la sistemazione del palato che prevede anche degli interventi chirurgici e hai deciso di raccontarlo sui social dove sei molto seguito. In un video spiegavi come la risoluzione di questo problema ti aiuterà anche nel lavoro. Ti va di parlarcene?
Chi mi segue sui social sa che uso la mia pagina non solo per pubblicizzare Christian danzatore, ma come vero e proprio “Diario aperto al mondo”. Racconto di me, della mia famiglia dei miei Hobby e delle mie debolezze. Ho deciso di parlare apertamente della “transizione” che sto affrontando principalmente per le persone che hanno un problema come il mio e che hanno paura di affrontare l’operazione. Da un anno ho iniziato questo lungo viaggio della sistemazione della mia malocclusione dentale che ho da quasi diciotto anni. Ho il “morso inverso” e questo mi porta ad avere grossi problemi alla schiena, perché tutto parte dai denti: se hai problemi alla bocca, ne risente anche il tuo corpo e il mio da un po’ di anni grida aiuto. Molte persone affrontato questo tipo di operazione Maxillo-facciale come intervento estetico che porta a migliorare la sporgenza accentuata del mento (in gergo chiamata scucchia) che spesso è fonte di grande insicurezza. Io oggi non riuscirei ad affrontare tutto questo processo semplicemente perché non mi piace il mio mento. Sono in una fase della mia carriera un po’ delicata, ho quasi 34 anni e, come molti sanno, la carriera dei danzatori è breve ed io sono proprio negli ultimi cinque, sei (spero) anni in cui un danzatore è considerato in piena forma! Quindi, dato che questo problema di malocclusione mi crea talmente tante tensioni alla schiena da bloccarmi un giorno sì e l’altro pure, ho deciso di affrontare l’operazione, per la mia salute. Vi chiederete “perché non l’hai fatta prima?” Perché ho voluto dare priorità ad altre cose, in primis alla mia carriera. Questa operazione è molto invasiva e mi fermerà di nuovo per un paio di mesi e quando tornerò sicuramente farete fatica a riconoscermi perché cambieranno anche i miei tratti somatici. Avrò bisogno di tempo per imparare a conoscere il nuovo Christian e di conseguenza anche tutti voi. Niente paura, sarò sempre la stessa persona e lo stesso ballerino, ma con un viso un po’ diverso ed una schiena migliore…incrociamo le dita!
Un consiglio per chi si avvicina oggi alla danza e per chi, a inizio carriera, non sa se il proprio sogno potrà ancora diventare realtà.
È davvero un momento difficile per dare un consiglio a chi si avvicina oggi al nostro mondo, ma come ben sappiamo le pandemie come arrivano se ne vanno, dobbiamo solo pazientare un po’. Il consiglio che posso dare ai giovani danzatori è quello di non avvilirsi e di continuare a lavorare intensamente anche se lo si fa in casa attaccati ad una sedia. Questo è anche un momento in cui possiamo guardarci dentro e riflettere molto, quindi un altro consiglio che posso dare è che se esiste un’altra passione, oltre a quella della danza, non va accantonata ma coltivata! Come ho già detto, la carriera dei danzatori è breve e se si ha un piano B, è una buona cosa anche per il post carriera.
Lockdown o no, ci prometti che troverai il modo di continuare a intrattenerci su Instagram con le avventure di Christian Fagetti e Virna Toppi ballerina?
Ma certo che sì! Io e Virna Toppi Ballerina avevamo preso solo una pausa! Anzi, da quando è tornata da Monaco, siamo ancora più affiatati! Quindi preparatevi a tutto! Vi sorprenderemo…
Grazie per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per il futuro!
Foto di copertina: Raffaele Ingegno