“…è tutto incellofanato un po’come i morti… è difficile descrivere il senso di desolazione che provo, ma ho reagito e ho pensato a come potevo rendermi utile per me e per gli altri.”
Gianluca Berti ti accoglie sempre con un sorriso aperto, spontaneo, esaltato da luminose giacche che uniscono eleganza e originalità; gli occhiali a volte lo rendono un tanguero intellettualoide! Certe sere in milonga puoi non riconoscerlo quando ama indossare varietà diversificata di parrucche che gli ridanno i capelli che chissà dove ha lasciato, dimenticato o forse consapevolmente occultato.
Gianluca è uno dei tanti esuli moderni del tango argentino che, dai lucidi pavimenti delle sale da ballo che erano il suo pane quotidiano, oggi corre tra i reparti dell’ospedale di Torino riparando e controllando l’intera parte idraulica che deve essere mantenuta con accuratezza e precisione. Un lavoro che non sapeva fare e che ha imparato con volontà e curiosità. Ha chiuso al momento casa, il suo “tempio” del tango, ed è andato oltre la lamentela con proattività ed umiltà accompagnate sempre dal suo sorriso.
“Ho abbandonato la mia casa in questo periodo, continuo a pagare le spese, è tutto incellofanato un po’come i morti… è difficile descrivere il senso di desolazione che provo. Ho cercato un altro lavoro e un mio allievo di tango mi ha dato una mano. Ho nostalgia del tango, molto, anche se mi reputo fortunato, posso ballare con la mia compagna, ma mi manca la parte sociale di questo ballo, la condivisione in milonga, la gente con cui scherzare, interagire, creare empatia.
Paradossalmente questa dimensione riesco a ricrearla in ospedale: nonostante la sofferenza c’è il senso di stare insieme e combattere uniti, la relazione di aiuto mi fa entrare in empatia, c’è la consapevolezza di guarire o di morire. Entro nei vari reparti, faccio il mio lavoro e scambio un sorriso e una battuta.
Anch’io come tutti mi sento in una sorta di esilio, non è la prima volta nella mia vita, mi ricordo il periodo del militare, l’impegno con la Folgore, una situazione aliena prima e dopo, così come quando ho perso tutto negli anni dell’azzardo totale della finanza. Ricreare dopo una ferita è sempre molto difficile. Hai bisogno di estraniarti prima di ritrovare le energie, così è stato per me nell’incontro col tango negli anni ’90.
Il tango è come una medicina, ti aiuta a fuggire dal dispiacere, dalla vergogna, a mettere da parte i problemi. L’accoglienza del tango mi ha aiutato moltissimo. Un vecchio milonguero mi parlò del “remedio para el alma” una notte a Buenos Aires: la milonga con la sua circolarità rende evidenti le emozioni primordiali, i temi dei suoi testi, magnifici, raccontano quello che tutti proviamo almeno una volta nella vita, tristezza, abbandono, solitudine, speranza, amore, passione, rivalità.
Il suo futuro? Il tango è un ballo competitivo, con te stesso prima di tutto, con l’altro, con la tua stessa compagna, ma non lo vedo in negativo, anzi è un aiuto all’evoluzione. La selezione naturale di questo periodo lo migliorerà: chi ballava tanto per fare, non tornerà in milonga, chi aveva paure sopite purtroppo in questo periodo le ha esaltate e non tornerà ad abbracciare in pista uno sconosciuto. La frattura è stata profonda, anche tra gli amici.
Rimarrà la parte nobile, quella che trova nella solidarietà il suo punto di forza, quella che tornerà al cuore senza il quale non si balla il tango.
Milano, la città paradossalmente forse meno competitiva nel mondo del tango, ha la possibilità di essere pilota di un progetto nuovo di accoglienza. Il tango non è nato forse con questo scopo?”
E sulle note di Mi Reflexion, il tango preferito di Gianluca, composto nel 1943 orchestra Francisco Canaro e voce Carlos Roldan, un caro abbraccio e siate felici!
https://www.youtube.com/watch?v=pmpOB9PLHoA
1 commenti
Ho conosciuto personalmente Gianluca.
Generoso e vulcanico amante del Tango e della vita merita tutta la mia stima e vicinanza in attesa di ricominciare alla grande la stagione Tanguera tutti insieme appassionatamente.
Ciao,a presto un abbraccio.
Paolo Colzani