Il balancé, o pas de valse, è uno dei miei elementi preferiti in assoluto.
Negli ultimi anni mi sono data una calmata, ma c’è stato un periodo in cui assegnavo interi esercizi composti solo da varianti di questo passo, che trovo proprio la quintessenza del piacere di danzare. Un bel valzerone mi metterebbe di buon umore anche nelle giornate più nere, spazzando via le nubi con la sua dinamica potente, gioiosa, che muove lo spazio per lasciare posto solo alla gioia.
Peccato però che sia uno dei movimenti più difficili da trasmettere, o almeno così pare, perché ogni volta che lo propongo mi devo tappare gli occhi e le orecchie per non essere testimone di come come questo adorabile passo venga ucciso, annichilito, sparato, decapitato, avvelenato, soffocato, strangolato. Ogni volta vorrei chiamare gli agenti del Bureau Agrippina per indagare su questo passicidio, mi chiedo in che modo un movimento che invita alla danza a tal punto, possa venire assassinato così brutalmente.
Esiste un aspetto tecnico: la posizione dei piedi, l’en dehors, la direzione delle parti del corpo nel spazio, il famoso épaulement, attraverso cui la parte superiore del corpo parla questa lingua non verbale che si chiama danza che – nonostante le nutrite e esaurienti spiegazioni – viene dimenticato per lasciare posto ad un agitarsi sconnesso, con i pezzi del corpo lasciati allo stato brado, con enfasi ma senza precisione. Credo che una delle ragioni che potrebbero stare alla base di una così poca cura nell’esecuzione del balancé, sia che spesso viene usato come raccordo tra elementi tecnici che, almeno all’occhio dell’allievo, sembrano avere un coefficiente tecnico più alto, come salti o pirouette di varia natura, e quindi temo che il balancé venga considerato solo come un riempitivo e non come un elemento coreografico dall’enorme potenziale. Peccato.
Poi c’è anche l’aspetto musicale, da non sottovalutare, quello zum-pappà che rende il balancé un passo leggero e brillante ma allo stesso tempo ben radicato nella terra, dal momento che il bacino disegna nello spazio una forma simile a quel numero otto disteso, che è il simbolo dell’infinito, muovendosi fluidamente in alto e in basso.
Il risultato finale di questo scempio, spesso, è una danza che ricorda certi primitivi rituali legati alla terra, tipo la vendemmia, o la raccolta dei cardi, un ballo tribale di propiziazione, che difficilmente immagino eseguito indossando un tutù, tanto per dire.
Ragazzi, non sottovalutate il potere del balancé, che la sua forza sia con voi!