“Echad Mi Yodea” è una suggestiva coreografia di notevole attrattiva, creata da Ohad Naharin per la compagnia israeliana Batsheva Dance Company, fondata nel 1964 da Marta Graham e dalla Baronessa Batsheva de Rothschild alla quale deve il nome. La performance, portata in scena dall’ensamble giovanile, si svolge sulle note dell’omonimo canto tradizionale ebraico, riarrangiato dallo stesso coreografo.
Quella a cui si assiste è un’energica danza corale di sette minuti, nella quale i danzatori, disposti in semicerchio nell’oscurità di un palco privo di scenografia, formano un’imponente schiera di corpi apparentemente identici – tutti indossano infatti i medesimi abiti scuri e un cappello nero – che si alzano creando l’effetto di un’onda, al termine della quale l’ultimo danzatore, a differenza di tutti gli altri, cade inaspettatamente a terra, per poi unirsi ai compagni nel pronunciare alcuni versi del canto ebraico. L’effetto che ne scaturisce è di incredibile intensità: lo spettacolare movimento a canone, intensificato proprio dalle note percussive della musica e dall’inaspettato sussultare degli stessi interpreti, culmina nella parte finale della coreografia, quando i danzatori si spogliano delle loro divise, lanciate con vemenza al centro del palco.
“Ehad Mi Yodea” è dunque un’opera in cui, come osservato dallo stesso coreografo, una semplice fila ondeggiante di corpi apparentemente insignificanti, riesce ad ipnotizzare lo spettatore trasportandolo in una dimensione carica di significato, in grado di raccontare attraverso il potere del movimento, non solo la storia di Israele, ma quella di ogni individuo che, imparando a spogliarsi di tutte le costrizioni e formalità che la società impone, ritrova il proprio autentico essere.
Articolo di Nicole Faraone e Silvia Santagati
Ph. Maxim Waratt