Formare un danzatore è un lavoro complesso, che, mai come oggi, necessita di molteplici conoscenze non riconducibili esclusivamente alla pura tecnica classica. Insegnare danza è un’arte e al tempo stesso una scienza, che impone una programmazione strutturata degli obiettivi, con l’introduzione di tecniche di supporto e discipline correlate, finalizzate alla preparazione e all’impostazione fisica dei giovani allievi.
La conoscenza del proprio corpo e delle sue possibilità, la comprensione dei propri limiti e l’esecuzione di un lavoro profondo per migliorarli, l’acquisizione di un metodo finalizzato a ottimizzare ogni propria risorsa, sono tutti ingredienti di un percorso di formazione dell’allievo che va al di là della lezione di tecnica classica e si propone come un sistema di preparazione globale del corpo, per massimizzarne le prestazioni e prevenirne gli infortuni.
L’evoluzione dell’insegnamento della danza ci porta a confrontarci con nuove tecniche e ad adeguare la pianificazione del percorso didattico introducendo discipline integrative, per offrire, sin dai primi corsi, una preparazione adeguata alle esigenze dei futuri danzatori
Proviamo a capire l’importanza di questa evoluzione insieme a Sara Barbieri, ballerina di formazione classica e contemporanea, formatasi alla Royal Academy of Dance e perfezionatasi presso alcune tra le maggiori realtà italiane nell’ambito della danza contemporanea, oggi anche docente di tecnica contemporanea, sbarra a terra e istruttrice certificata del metodo GYROKINESIS®.
Quanto è importante il lavoro a terra nell’impostazione degli allievi e nello sviluppo di una percezione corporea profonda?
A mio parere moltissimo! Bisogna pensare alla danza non solo come un’arte, ma anche come un’attività che richiede prestazioni fisiche molto impegnative. In questo senso la sbarra a terra sopperisce alla mancanza di un aspetto che esiste in tutte le discipline che usano il corpo come strumento e che nella danza non c’è: la preparazione atletica. È come se un calciatore pretendesse di preparare adeguatamente una partita solo giocando altre partite, ma senza un allenamento specifico. Nessun atleta di nessuno sport lo farebbe! Da questo punto di vista, la lezione di sbarra a terra è a mio parere davvero importante perché non solo educa il corpo ai movimenti richiesti e alle difficoltà tecniche, ma insegna all’allievo ad acquisire una maggior consapevolezza del proprio corpo, imparare ad auto-correggersi, utilizzare la respirazione in maniera funzionale al movimento, educare la concentrazione, acquisire il piacere per il dettaglio e per un modo di lavorare, meno grossolano, più “raffinato”.
Come deve essere impostato a seconda delle fasce d’età?
Quello che mi sento di dire è che gli allievi vanno responsabilizzati ad ogni età. I ragazzini più piccoli sono già in grado di comprendere perfettamente le dinamiche corporee, naturalmente con la giusta progressione che va di pari passo con la tecnica studiata nella lezione di danza classica. Il lavoro di sbarra a terra lo inizio intorno agli undici anni attraverso un percorso che si focalizza in primis sull’impostazione del centro del corpo per poi trasferirsi gradualmente alle estremità. Un metodo che uso molto con i ragazzi più giovani (che purtroppo in questo periodo non si può applicare a causa delle precauzioni dovute alla pandemia) è il lavoro a coppie che trovo molto utile nell’aiutarli a focalizzare quali siano gli aspetti più importanti da tenere in considerazione in un determinato esercizio. Con questo stratagemma imparano più velocemente a correggersi, sono stimolati a dare il massimo, si abituano al contatto con un altro corpo, cosa che poi si rivela importante in età più matura quando inizieranno il lavoro di passo a due.
L’approccio cambia a seconda dell’età dal punto di vista relazionale e ovviamente delle difficoltà tecniche, ma non si modifica per quanto riguarda la ricerca estrema della precisione e della responsabilizzazione degli allievi. È evidente come un allievo impostato con un approccio profondo fin dai primi anni di studio si trasformerà in un allievo migliore quando sarà più grande. È una modalità di lavoro che è un investimento sul futuro di noi come maestri e sulla salute fisica dei nostri allievi.
Come definiresti una lezione di sbarra a terra? Quanti e quali metodi esistono?
La definirei una lezione imprescindibile nel percorso di un allievo ballerino! Oggi le conoscenze anatomiche e lo sviluppo delle discipline di allenamento si sono molto evoluti e la sbarra a terra com’era in origine si è molto modificata secondo tecniche differenti che prendono spunto da altre discipline quali il pilates o le tecniche posturali.
Dobbiamo l’invenzione della sbarra a terra a un maestro russo di nome Boris Kniaseff e sulla sua origine circolano diverse leggende. Pare che i locali dove il maestro insegnava fossero considerati di interesse storico-artistico e la sovrintendenza non avesse dato il permesso per bucare i muri e mettere le sbarre! Pare anche che il maestro fosse un grande appassionato di circo e, visionando gli allenamenti del circo Medrano si fosse accorto che gli atleti dedicavano buona parte del proprio allenamento al lavoro al suolo. Kniaseff ebbe molti allievi che hanno in seguito elaborato metodi autonomi che prendono spunto dall’idea di base del maestro (tra i quali ricordo Maria Fay in Inghilterra e Zena Rommet negli Stati Uniti). Tra i maestri che hanno contribuito alla diffusione della sbarra a terra in Italia, la maestra Alex d’Orsay, famosa per aver insegnato nella scuola di ballo del Teatro alla Scala.
La lezione originariamente si sviluppava con tutta la classica successione di esercizi della sbarra, ma eseguiti al suolo con il vantaggio di non doversi preoccupare dell’equilibrio, di controllare meglio la postura, di lavorare più intensamente sull’en dehors e sullo stretching.
La tecnica a cui io mi rifaccio è quella del Maestro di origini australiane Philip Beamish, con il quale ho avuto la fortuna di lavorare per circa dieci anni. La mia esperienza come insegnante di Pilates, Gyrotonic e di altre tecniche posturali, integra il mio lavoro rendendolo del tutto personale.
Come motivare gli allievi a lavorare con costanza e precisione?
Si tratta di un aspetto molto personale che può essere diverso da insegnante a insegnante. Occorre trovare una chiave, una modalità di entrare in empatia con gli allievi in modo da portarli ad “aderire” al tuo progetto in modo che non si sentano mai meri esecutori delle indicazioni dell’insegnante, ma al contrario siano parte attiva di un lavoro condiviso. Per quanto mi riguarda, la cosa che amo fare è spiegare loro le motivazioni di ciò che facciamo in modo da farli sentire partecipi e consapevoli del lavoro. Ritengo per questo che l’insegnante debba essere il più possibile preparato dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto anatomico e biomeccanico. I ragazzi vogliono sapere perché determinate cose funzionano in quel determinato modo ed è giusto che l’insegnante abbia delle risposte, precise e corrette, da dare. Un’altra modalità che amo molto è quella di trasferire loro le sensazioni fisiche che devono provare durante l’esecuzione degli esercizi. Si sposta così l’attenzione dal cosa si dovrebbe vedere al cosa si dovrebbe sentire e in questo modo il loro approccio si modifica notevolmente divenendo più profondo.
Sentire e non solo vedere, interiorizzare un movimento, il suo significato primario e le sensazioni che ne derivano, la sua dinamica e la sua funzione, per ottenere una consapevolezza profonda del proprio corpo e delle sue molteplici possibilità.
Sara Barbieri ci ha fatto capire l’importanza di un lavoro così accurato, minuzioso, dettagliato, che oggi non può essere trascurato o tralasciato.
Parlare con lei è stato illuminante: descrivendo con passione il suo lavoro, ci ha fornito suggerimenti interessanti da trasferire nelle nostre realtà, con la consapevolezza che la personalizzazione del percorso didattico proposto agli allievi debba essere una componente fondamentale del metodo di ogni buon insegnante. Ringraziamo Sara per averci dato un assaggio di questo ambito didattico e per averci dato conferma, ancora una volta, di quanto debba essere esteso, variegato e approfondito il bagaglio di conoscenze di un insegnante di danza.