La danza come atto d’amore

di Elio Zingarelli
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Lo scorso settembre, nel Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini” del Teatro alla Scala di Milano, all’interno della rassegna Benessere in scena, si è tenuto l’incontro Ci prendiamo cura dell’arte, perché anche l’arte cura, in occasione del balletto Onegin.

Alla conferenza moderata da Francesca Pedroni sono intervenuti Lanfranco Li Cauli, Responsabile Ufficio Marketing della Fondazione Teatro alla Scala, Alessandro Pizzoccaro, presidente e amministratore delegato di Guna Spa, Alessandro Perra, Direttore scientifico di Guna Spa, Marco Agostino, Primo Ballerino del Piermarini e Vittorio A. Sironi, professore di Storia della medicina, Storia della disabilità e Antropologia medica e Direttore del Centro Studi sulla storia del pensiero biomedico all’Università di Milano Bicocca.

La discussione si è focalizzata sulla spiegazione scientifica della sensazione di benessere che l’arte è in grado di effondere in tutti coloro che ne fanno esperienza e sulle cellule e le molecole coinvolte in questo processo. L’endorfina regola la condizione di benessere modulando le cascate di segnale del dolore. Invece la dopamina, implicata nei circuiti della ricompensa e della motivazione, è responsabile della condizione di euforia o di esaltazione e arrivando ai neuroni mesencefalici che sono nella parte più intima del cervello, dove albergano le emozioni primordiali, provoca una sensazione di benessere. Questi neuroni sono gli stessi su cui lavorano alcune droghe – l’eroina, la cocaina – capaci di dare dipendenza. Ciò vuol dire che il bello da dipendenza. Questo succede perché, attraverso le molecole, le emozioni comunicano con ognuna delle quarantamila miliardi di cellule che compongono il nostro organismo.

Le stesse molecole sono implicate nell’amore che è uno stato emotivo scandito da fasi biologiche ben precise. Nella fase centrale dell’innamoramento, quando ci sentiamo euforici e attraenti, si scatena una tempesta di dopamina che interessa non soltanto gli innamorati ma tutti quelli che sono coinvolti, in qualche modo. Stesso discorso vale per il pubblico che assiste a uno spettacolo. Questo accade perché un lavoro di danza, che solitamente prevede anche la musica e la scenografia, sollecita contemporaneamente più sensi provocando un’esperienza particolare che in neurobiologia viene definita sinestesia. È una condizione in cui noi trasformiamo le nostre percezioni uditive in percezioni visive, per esempio.

A questo trascinamento neuropsicologico dobbiamo attribuire la sensazione di benessere che proviamo quando assistiamo a uno spettacolo. É lo stesso benessere che avvertiamo dopo aver fatto l’amore per tutti i meccanismi chimici che si innescano e che permettono di superare le barriere e agire sincronicamente a uno stesso livello di coscienza istintuale, animale, biologica. Questo ci permette di essere uniti perché la danza come l’amore fa leva sulla parte più intima e “biologica” di noi stessi che condividiamo con agli altri, rendendoci tutti uguali.

Crediti fotografici: Michel Couvrette

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