Pia Russo è personaggio a 360 gradi: prima danzatrice poi maître du ballet e docente apprezzatissima con alle spalle una carriera internazionale. Sono molteplici le compagnie, i teatri e le accademie che hanno visto la Russo protagonista di un modus docere unico ed efficace. Oggi, dopo infinite esperienze propone un progetto tutto suo che ha come primario obiettivo quello di formare i danzatori del futuro.
Da cosa è nata l’esigenza di creare una tua realtà?
Credo che in Italia sia necessario iniziare a concepire la formazione in maniera differente e più vicina a quanto gli allievi italiani che emigrano per studiare, e sono sempre di più, trovano all’estero: programmi più articolati e sviluppati in un maggiore monte ore e accademie molto efficientemente strutturate e organizzate. Spesso in Italia, quando va bene, si studia per la preparazione che riguarda la sola parte classico accademica: due ore al giorno che devono contenere tutto, dalle lezioni di danza classica accademica sino lezione di punta, repertorio e passo a due. Alle altre materie vengono dedicate molte meno ore mentre una formazione professionale di danza necessita di tante altre discipline. Penso ai programmi di studio dell’English National Ballet, dell’Opera di Parigi, di Praga o Stoccarda: oltre alle discipline citate gli allievi studiano danza storica e di carattere, contemporaneo, moderno, repertorio classico e contemporaneo, partecipano a laboratori coreografici e hanno la possibilità di fare tante esperienze di palcoscenico. Ciò significa che, una volta diplomati, si affacciano al mondo del lavoro con una professionalità trasversale che gli consente di danzare quasi tutto e bene.
Da qui la creazione di “Percorso di danza”, realtà che ti vede Direttrice e docente, affiancata da maestri che insegnano le varie discipline.
Si tratta di un progetto in embrione, che mi ha portato a scegliere solo dieci ragazze al fine di mantenere un livello e uno standard alti. La lezione di classico è obbligatoria tutti i giorni, ovviamente. Poi due volte al mese propongo dei week end intensivi in cui per 6/8 ore le ragazze studiano tutte le altre discipline. Questo affiancandomi a Maestri e docenti prestigiosi e assolutamente competenti. L’obiettivo, col tempo, è riuscire a proporre programmi di studio di 5 ore al giorno, che mi consentano di creare un percorso di stampo internazionale.
Sulla base della tua esperienza di insegnante in Europa e negli Stati Uniti, quali sono le differenze che maggiormente distinguono la formazione in Italia dai paesi appena citati?
Penso al Tulsa Ballet: sei sale, un teatro interno. Otto livelli che studiano tutti i giorni e tutte le discipline. Negli Stati Uniti e in Europa le grandi compagnie o scuole di ballo godono di spazi che qui in Italia neppure immaginiamo. Spesso e volentieri sostenute economicamente da mecenati privati.
Ѐ risaputo, ahimè, che il problema italiano legato al teatro sia prima di tutto culturale. Sembra che ci sia sempre meno interesse a sostenere l’arte e sempre meno rispetto. Perché?
Bisogna capire che cosa si intende per rispetto. Se si intende rispetto per il posto stabile all’interno di un ente lirico, allora gli Stati Uniti non hanno questo tipo di qualità. Non esistono garanzie: i danzatori hanno contratti annuali e posso essere mandati via da un momento all’altro. Il rispetto c’è da un punto di vista dell’audience, del pubblico che sostiene la danza e il balletto. Ho fatto parte di serate di gala destinate alla raccolta fondi in cui si staccavano assegni da 4/5 milioni di dollari. L’importante è il risultato: se raggiungi gli obiettivi, se il livello del tuo lavoro è alto, avrai successo. C’è una fortissima meritocrazia, nel bene e nel male.
Perché nel bene e nel male?
Perché se arriva qualcuno più bravo di te, sei fuori.
Torniamo alla formazione e al tuo “Percorso Danza”: quali obiettivi ti sei prefissata?
Mi piacerebbe che col tempo si trasformasse in un programma triennale per preparare i ragazzi, selezionati, nella maniera ottimale. Ho da poco chiuso un accordo con Norton Fantinel, Direttore di “Arles Youth Ballet Company” affinché i miei ragazzi, terminata la formazione e sulla base delle richieste di Norton, possano entrare nella sua giovane compagnia. Insomma, l’obiettivo è creare dei professionisti a 360 gradi.
Che cosa caratterizza il tuo modo di insegnare?
La danza è un linguaggio che si evolve e che è sempre più strettamente legato al mondo produttivo. Non possiamo più insegnare come si faceva 20 o 30 anni fa. Bisogna essere al passo coi tempi. Io insegno secondo la metodologia Vaganova, ma non vuol dire che sia ancorata al passato. Bisogna osservare, vedere, capire e contaminare.
Ritieni che la formazione e la metodologia di insegnamento che si attua nelle realtà istituzionali abbia assecondato quest’apertura verso il nuovo o sia rimasta ancorata al passato?
Crystal Pite sarà conosciuta in Italia tra vent’anni. Maurice Bejart è ritenuto “nuovo”. Seppure di alto livello, manca spesso un principio di innovazione che oggi è quanto mai necessario. Ciò ha una ricaduta sulla formazione.
Qual è la caratteristica che ti rende vincente nel formare i ragazzi?
Il metodo. Penso di riuscire a sviluppare, anche in chi non ha particolari doti, piena consapevolezza del corpo liberandolo da tensioni inutili. Cerco di mediare tra la pulizia e la libertà del movimento.
Chi vuole venire a studiare con Pia Russo, dove deve venire?
A Roma; dispongo di una bellissima sala presso la Crazy Dance. Un luogo dove mi trovo bene e in cui mi sento a casa.
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