“A Thousand Tales Ballet”: Ventriglia ci conduce per mano in un mondo di fiabe e magia

La recensione del nostro Direttore Francesco Borelli

di Francesco Borelli
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Immaginate la favola di tutte le favole. Un mondo in cui mille storie si intrecciano regalandoci un sogno che va oltre l’immaginazione. Un mondo che ci dona la leggerezza perduta dell’infanzia, la purezza di quei sogni bambini tanto cari alla nostra memoria e nei quali, a volte, ci si rifugia per ritrovare sé stessi.

A Thousand Tales Ballet è tutto questo, una fuga dalla realtà, un viaggio tra i nostri ricordi, un balletto che potrebbe essere annoverato, senza se e senza ma, tra le grandi coreografie del repertorio. Autore di questo “moderno capolavoro classico” è l’italianissimo Francesco Ventriglia il quale, con pregio e maestria, ci conduce per mano in quel mondo di cui sopra, in cui tutto è meraviglia, in cui tutto è magia.

Andato in scena il 6 e il 7 gennaio nella bella Dubai, lo spettacolo, rappresentato presso il Teatro dell’Opera della città è stato prodotto da SAMIT Event Group con il supporto di CMDI Events, Rotary Club UAE e Italian Cultural Institute di Abu Dhabi. E seppure prodotto e rappresentato in terra araba il cast è un cielo di stelle tutte italiane.

Il libretto racconta di Cenerentola che grazie alla fata madrina partecipa al ballo. Incontra il principe e tra i due sboccia l’amore. A mezzanotte lascia il castello e perde la scarpetta (la punta) di cristallo. Il Bianconiglio, amico fidato del principe, inizia un viaggio immaginifico alla ricerca della principessa. E nel suo peregrinare, di fiaba in fiaba, incontra Belle, Biancaneve, Odette, Jasmine, Alice, persino il gatto con gli stivali che tenta di rubargli la scarpetta e i tre moschettieri. Fino al lieto fine che tutti conosciamo.

Il balletto composto da un prologo, due atti, quindici scene e un finale, racconta una storia semplice e leggibile, una favola bella che scorre veloce e leggera, rispettando le regole del grande repertorio elaborate in una chiave moderna e di immediata percezione. Ventriglia, coreografo di talento che già conosce la genialità, è stato coadiuvato, nella propria missione da Alex Shor, celebre compositore ucraino, che ha composto liriche e sinfonie che ben contribuiscono a disegnare il racconto e a definire la favola.

Tutto è grandezza in questo spettacolo. Le coreografie sono un caleidoscopio di tecnica: variazioni, passi a due, momenti corali in cui Ventriglia non ha affatto risparmiato i suoi danzatori creando coreografie difficili e sfidanti. Passaggi elaborati resi però con una leggerezza che è propria di chi conosce bene il vocabolario classico. Innumerevoli i rimandi ai grandi balletti del repertorio: come non ritrovare l’adagio della rosa, o Giselle, e ancora Raymonda e Schiaccianoci?

A completare il quadro coreografico ed una drammaturgia già perfetti, concorrono i magnifici costumi di Roberta Guidi Di Bagno e le luci di Valerio Tiberi. La scelta dei pregiati tessuti contribuisce a donare a ciascun abito caratteristiche che definiscono maggiormente il ruolo, identificando una scelta stilistica che ricerca bellezza e opulenza. D’altronde la Guidi Di Bagno ci ha abituati a una ricercatezza e raffinatezza che, in assoluto, le sono proprie.

Anna Chiara Amirante e Alessandro Staiano, étoiles del Teatro San Carlo di Napoli, sono una certezza. Reduci dal successo de “Il Lago dei cigni” si tuffano in questa straordinaria favola con l’entusiasmo e la forza che gli sono propri. Lui il principe, lei Cenerentola: entrambi nel ruolo ci regalano bei momenti di danza, distinguendosi per qualità e presenza scenica. Le variazioni interpretate da Staiano sono un esempio di perfetta tecnica accademica, e la Amirante è sempre splendida, qualunque personaggio interpreti.

Alessandro Riga, oggi primo ballerino della Compagnia nazionale di Madrid, dimostra, anche in questa occasione, la raffinatezza del suo incedere danzante. Danseur noble ed elegante interpreta il principe di Biancaneve e la Bestia dell’omonima fiaba. Tutto è perfetto in lui; calibrato e tecnico, ci regala momenti di bellissima danza e il passo a due de “La bella e la bestia” è un esempio di lirismo puro e bellezza. La sua partner, Giada Rossi, anche lei prima ballerina della compagnia spagnola, è una meravigliosa scoperta. Gambe lunghissime e linee infinite dona a ogni passo leggerezza e forza al contempo.

Alessio Rezza, étoile del Teatro dell’Opera di Roma, interpreta i personaggi di Rothbart e Aladin. Rezza non si smentisce mai: tecnica brillante, veloce, ottimo partner. Danza in coppia con Susanna Salvi, anche lei étoile del teatro capitolino, sempre più apprezzabile per leggerezza del movimento, qualità del lavoro e presenza. Una magnifica danzatrice che interpreta Odette e Jasmine con trasporto e bellezza.

Costituisce una piacevole scoperta anche il giovanissimo Mario Galindo. A lui il compito di interpretare il ruolo di White Rabbit, il bianconiglio, personaggio chiave della drammaturgia. Nella sua corsa contro il tempo Galindo dona al personaggio tutte le caratteristiche che concorrono a definirlo: simpatia, follia a tratti, affetto profondo per il principe, desiderio di renderlo felice ritrovando quella scarpetta di cristallo che è insieme dono e impegno d’amore. Galindo danza con le gambe e con il volto: tecnica precisa e pulita, considerando anche la difficoltà delle variazioni interpretate, e volto e braccia che raccontano. A lui si augura un futuro radioso.

Ai magnifici solisti, protagonisti di variazioni, passi a due, coreografie corali, si unisce il corpo di ballo del Ballet Nacional Sodre proveniente dall’Uruguay e diretto da María Riccetto. Il Maestro Ventriglia crea per l’ensamble coreografie brillanti e di effetto che ben si legano alla magnificenza dell’intera struttura coreografica. Da segnalare le brave Gabriela Fletcha e Melissa Oliveira.

Ventriglia, al quale auguro sinceramente di tornare presto in Italia, ha dato vita ad un vero e proprio family ballet destinato a soddisfare il pubblico più vario; i ballettomani così come i neofiti, i grandi come i piccini. Ci ha regalato un sogno lungo due ore, in cui le brutture della vita perdono la loro consistenza per dar posto alla leggerezza del cuore, quella meraviglia che solo la grande arte può donare, quel senso di appagamento degli occhi e dell’anima che non può non renderci felici.

In fondo, non abbiamo tutti bisogno di un lieto fine?

Crediti fotografici: Vito Lo Russo

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