Venezia è dal 1975 una delle mete preferite di John Neumeier per le tournée dell’Hamburg Ballet. Dopo tre anni da “Duse” e quasi otto dalla “Terza Sinfonia” di Mahler, la Compagnia torna a Venezia con la Dame aux camélias, per la prima volta sul palco del La Fenice.
Capolavoro del ‘900 andato in scena a Stoccarda nel ‘78 per la Stuttgart Ballet dopo la morte di Cranko con Marcia Haydée ed Egon Madsen, la Dame è un’indagine intima e profonda della storia di Marguerite Gautier resa grandiosa dalla struttura da grand ballet in tre atti ereditata dalla tradizione ottocentesca. La genialità nel riuscire a far convivere queste due dimensioni per portare allo spettatore un’opera ricca e completa, ma allo stesso tempo intimista e carica di sfumature di sentimenti, è motivo della grandezza di John Neumeier, in assoluto tra i più importanti coreografi del ‘900.
Il pubblico seduto intorno a me, che non aveva mai visto Dame, pensava di trovarsi davanti ad una mera trasposizione alla storia della Traviata, e invece, come nel romanzo di Dumas, Neumeier racconta la vita di Marguerite a partire dall’asta dei suoi beni dopo che è morta: e in quell’occasione Armand riceve il suo diario e viene a sapere di tutta la vicenda, dopo che lei è morta. La dimensione tragica è molto più sottile rispetto all’opera, sottile come il male di Marguerite, e terribile: muore sola, di tubercolosi, orribile malattia tanto temuta a quei tempi e Armand non c’è.
Neumeier ha creato un’opera originale e potentissima grazie alla dimensione cinematografica della narrazione, ai diversi piani di lettura delle vicende in scena, alla potenza evocativa del “teatro nel teatro” e alla minuziosa descrizione dei profili psicologici e dei pensieri dei protagonisti.
Per questo gli interpreti sono fondamentali. I due protagonisti, devono avere la capacità attoriale di dare tutte le sfumature nei gesti, negli sguardi e nella coreografia per raccontare chiaramente il pensiero dei personaggi che continua a modularsi; è per questo che questi due ruoli, soprattutto quello di Marguerite, sono impervi da interpretare. Mondanità, tenerezza, titubanza, amore spassionato, abbandono, ripensamenti, affetto, dolore, delusione, desiderio di rivalsa, ira sono solo alcune delle nuances che attraversano la psicologia di Marguerite e Armand.
Anche i comprimari sono fondamentali per la verità della storia: il padre di Armand, ruolo molto sfaccettato che con Marguerite passa da una discussione nervosa e serrata ad una compassione profonda senza speranza. Oppure Nanine, la governante sempre accanto Marguerite che ne segue il destino tragico partecipando profondamente al suo dolore e alla sua malattia, e che consegna ad Armand il diario di Marguerite. Oppure il Conte N., ingenuo, pieno di ardore e anche di tenerezza per Marguerite, pazzo di lei la copre di regali mai ricambiato anzi dileggiato, la segue fino all’ultima uscita a teatro. Manon e la sua vanità, che con la sua storia mostra a Marguerite quale sarà la sua fine in un gorgo inesorabile, perché per entrambe la vita mondana e i gioielli porteranno alla totale disfatta. E Marguerite lo sa, ma per amore di Armand si lascia trasportare via da lui.
E in tutta la vicenda anche il corpo di ballo ha il ruolo fondamentale di raccontare la reazione della società parigina alla storia di Marguerite e partecipa a tutta la vicenda a teatro, in campagna, ai balli e sugli Champs Elysée.
Tre i cast di questa tournée: Anna Laudere ed Edvin Revazov, Alina Cojocaru e Aleksandr Trusch, Ida Praetorius e Jacopo Bellussi. Tre coppie con caratteristiche molto diverse. Laudere e Revazov coppia storica di Amburgo, molto belli e iconici, lei molto composta, elegante e lui a tratti statico, a tratti eccessivo. Alina Cojocaru ha una profondità di interpretazione unica e starle accanto tenendo il passo è difficile per qualunque partner, Trusch ha fatto del suo meglio ma io non riuscivo a staccare gli occhi da lei. La chiave più riuscita per lei è certamente nel secondo e nel terzo atto dove è profondamente commovente e trascinante, mentre nel primo il contrasto tra la Marguerite mondana e la sua presa di consapevolezza dell’amore verso Armand è talmente delicato da essere forse in minor evidenza. Ma tutto l’avvicendamento dei pensieri e della storia di Marguerite passano sul suo viso e nei suoi gesti. Un’artista meravigliosa.
La terza coppia vedeva il debutto nel ruolo di Jacopo Bellussi. Giovane italiano entrato in compagnia ad Amburgo nel 2012 e poi nominato principal nel 2019. Lirico, poetico, calibrato, fresco, intenso nella disperazione, con la giusta faccia da schiaffi nella rivalsa ma sempre con un fondo amaro e disperato nella scena madre del ballo del terzo atto, è davvero un interprete di alto livello. La Praetorius è sicuramente una Marguerite che risuona bene accanto a lui, forse deve ancora lavorare sull’espressività soprattutto nei momenti di stasi che Neumeier semina nella narrazione a sottolineare i momenti più significativi.
In altra serata Bellussi è stato anche un Gaston molto sensuale, il che denota la sua versatilità artistica, insieme alla Prudence impertinente, deliziosa e scattante di Madoka Sugai. Bello ed elegante anche il Gaston di Matias Oberlin. Avrei voluto vedere un Monsieur Duval più incisivo di quello di Florian Pohl, ed è un vero peccato che l’affascinante Duca di Karen Azatyan non abbia più minuti in scena. Ho amato molto anche la Nanine di Patricia Friza, premurosa, partecipe e anche un po’ buffa nella danza con Gastone e Prudence.
Eccezionali Silvia Azzoni e Alexander Ryabko veri animali da palcoscenico, di una presenza scenica totale, hanno dato vita e senso profondo a Manon e Des Grieux e al loro rapporto a specchio con Marguerite e Armand. Negli stessi ruoli molto intensi anche Xue Lin e Cristopher Evans, tenero e malinconico il Conte N di Marià Huguet e brava Olivia Betteridge nella odiosetta Olympia.
Sempre eleganti ed evocative le scene minimali di Jurgen Rose. Insieme ai costumi, al contrario delle scene molto ricchi, riescono a creare le atmosfere perfette e cambi scena molto fluidi di grande effetto.
Ed infine le musiche di Chopin, perfette partner di Neumeier nello sviluppo della drammaturgia. Non per niente a John Neumeier è stato dato in occasione della prima della Dame il premio Una vita per la musica 2023, e nel suo discorso di ringraziamento ha detto:
“Spesso mi chiedono da che cosa parti quando inizi un nuovo lavoro? Da un’idea, da una storia, dalla letteratura, da un fatto della tua vita? ed in effetti è un po’ da tutto questo. Ma quando entro nello studio vuoto, e comincio un nuovo balletto, c’è un solo partner con me, sempre, ed è la musica. La musica è inscindibile dal mio lavoro, senza la musica non ci sarebbe il lavoro.”
Se volete approfondire il lavoro e la personalità artistica di Neumeier, mi permetto di consigliare il libro “John Neumeier” scritto da Silvia Poletti, in cui molto meglio che in questo piccolo articolo si analizza la genesi e la drammaturgia della Dame e si scoprono lati affascinanti del lavoro di questo genio del nostro tempo.