Ancora una volta mi capita di leggere la frase “la danza classica è la base” ed è subito come attraversare una porta temporale che mi catapulta nel passato, quando ancora effettivamente questo concetto poteva anche avere un senso.
Molti grandi personalità della danza di ricerca più recente, in effetti, provengono proprio dal mondo del balletto, per citare due donne a me molto care: Maguy Marin e Pina Bausch, grandi artiste e pioniere della nuova danza, che hanno mosso i loro rivoluzionari passi proprio a partire da contesti molto formali legati al balletto. Oggi quest’affermazione non ha più alcun fondamento e chi continua ad asserire questo paradigma è solo perché non conosce l’evoluzione che la danza ha vissuto negli ultimi 30 anni, cominciata parecchio tempo prima con una nutrita semina di nuovi concetti, un po’ in tutto il mondo, che non hanno tardato a germogliare poiché i tempi sono maturi per entrare in una nuova era.
Quella del balletto è una tecnica eccezionale ed efficace, io stessa la trasmetto da circa un ventennio ai giovani studenti e ogni giorno mi rivela nuove possibilità e nuovi punti di vista. Quello che tengo a precisare prima di addentrarmi nella disamina, è che scardinare questo assunto non significa svalutare questo modello espressivo che vanta una tradizione lunga secoli, ma credo sia necessario guardare al nuovo paesaggio formativo e rendersi conto di quanti nuovi strumenti sono stati integrati nel processo di apprendimento del movimento danzato, per compiere un lavoro estremamente specifico sul corpo verso obiettivi molto chiari.
La danza contemporanea è forse quella che, più di tutte, si è emancipata dall’idea che il balletto sia l’unica base possibile per ogni altra danza. Oggi possiamo disporre di un enorme bagaglio di tecniche ed esperienze che permettono al danzatore contemporaneo di formarsi come professionista anche senza avvalersi del balletto come pratica quotidiana. Al danzatore contemporaneo viene richiesta una libertà creativa e delle competenze atletiche nel corpo che non possono essere apprese con il balletto, anzi, questo tipo di disciplina, così estrema nell’applicazione di regole e di una certa estetica nel movimento, può rivelarsi controproducente in un contesto in cui il percorso prevede di approcciarsi alla ricerca del movimento con mente aperta e autenticità della propria natura danzante. La formazione per il danzatore contemporaneo può contare su diverse tecniche somatiche, come Feldenkrais, Body Mind Centering®, Anatomia Esperienziale, Axis Syllabus, Contact Improvisation, ma anche tecniche di improvvisazione e composizione che sono fondamentali per alimentare la creatività e la ricerca del proprio “essere danzante”, nonché tutta una serie di allenamenti funzionali atti sviluppare quegli strumenti specifici per rispondere prontamente a quello che oggi è la danza contemporanea che – piaccia o no – ha certamente più a che fare con le arti marziali e la street dance di quante affinità possa avere col balletto.
Una distinzione importante da fare, a questo punto, è quella tra danza contemporanea e balletto contemporaneo, altrimenti non si riesce a comprendere di cosa stiamo parlando. Qualsiasi ballerino di corpo di ballo che si sia misurato con le richieste di un coreografo contemporaneo potrà confermare la difficoltà ad entrare in un linguaggio tanto diverso, così come i coreografi più squisitamente contemporanei cercano di adattare il proprio linguaggio al materiale umano che si trovano in sala quando creano per una compagnia di balletto, perché si tratta di contesti in cui non si ha il tempo di trasmettere principi di movimento ma solo comporre e creare. Questo è un aspetto fantastico, perché in un simile contesto c’è spazio per imparare per entrambe le parti. Ricordo un divertente aneddoto raccontato da Cristiana Morganti (storica danzatrice di Pina Bausch) durante una conferenza, in cui ci diceva che Pina, dopo aver rimontato con la compagnia dell’Opera di Parigi il suo “Le Sacre du Printemps”, si fosse resa conto di cosa di intendesse con “unisono perfetto” e quindi dopo non dava tregua ai suoi danzatori perché pretendeva che andassero insieme come i ballerini dell’Opera.
D’altra parte conosco meravigliosi danzatori che riempiono la scena con i loro virtuosismi e la bellezza del loro movimento che magari non hanno mai praticato il balletto classico per un periodo abbastanza lungo da apprenderne le regole di base.
“Ma Lia, queste cose le hai già scritte mille volte”
Bene, allora vuol dire che mi ripeterò perché credo nell’importanza per tutti (allievi, genitori, insegnanti) di mettersi davanti a quella che ormai mi pare una palese realtà dei fatti e estinguere questo messaggio obsoleto dal frasario di danza. Nella mia esperienza di insegnante ho visto tanti studenti penare per destrutturare quegli schemi motori e mentali che il balletto aveva sedimentato nel loro psico-organismo impedendogli, ad esempio, di improvvisare liberamente ascoltando le reali necessità del movimento sorgere dall’interno senza essere fuorviati da una ricerca esclusivamente estetica: la differenza che passa tra “essere” una forma o “fare” la forma. Nessuna delle due ricerche è sbagliata, si tratta solo di seguire consapevolmente il percorso migliore per i propri obiettivi, a cominciare proprio dalle basi: basi diverse per obbiettivi differenti, questo intendo.
Credo di poter dire che la danza classica prepari magnificamente per il balletto, il balletto contemporaneo e per qualsiasi espressione coreutica che abbia una radice formale, mentre se si desidera intraprendere un percorso di ricerca personale, anche autoriale, molto meglio avvalersi di quelle discipline specifiche che permettono di acquisire abilità e competenze adeguate. La lezione di balletto si può anche seguire, ovviamente, rappresenta un utile complemento al percorso di ogni danzatore, ma meglio se condotta da un insegnante che abbia anche esperienze somatiche, affinché venga trasmessa con una modalità che non entri in conflitto con le informazioni che il corpo dello studente riceve all’interno del proprio progetto.
All’estero la danza contemporanea è presente nell’offerta formativa della scuola fin dall’età più verde, i bambini entrano in contatto con questa modalità di pensiero e ricerca riguardo al movimento anche in forma di primo approccio alla danza e quindi possono scegliere in che modo, eventualmente, continuare il proprio percorso seguendo quello più affine alla propria personalità e talento. Affermare ancora oggi, quindi, alla luce di questi fatti, che la danza classica sia da considerarsi l’unica base possibile per ogni altra danza, vuol dire rimanere ancorati ad una visione polverosa e immobile di un’arte che invece è estremamente viva e vitale, proiettata nel futuro, pronta alla prossima imprevedibile trasformazione.
Vogliamo saltare nel nuovo millennio anche noi?