Lia Courrier: “Agrippina Vaganova e le braccia”

di Lia Courrier
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Se esiste qualcosa per cui tutto il mondo della danza dovrebbe essere grato ad Agrippina Vaganova è lo splendido lavoro didattico, formale ed espressivo nella parte superiore del corpo, testa, spalle e braccia. Non esiste altro metodo che possieda una tale cristallina bellezza e armonia, a mio modestissimo parere, sebbene nel mio lavoro di insegnante abbia scelto di cogliere il meglio da ogni approccio senza legarmi in modo esclusivo ad uno in particolare.

Lo studio delle posizioni delle braccia è uno degli elementi fondanti della tecnica di ogni studente di balletto e quando nomino le braccia sto in realtà parlando di schiena e di certo del corpo. Non vorrei creare confusione con questa frase, quindi vado ad argomentare meglio: le braccia cominciano anatomicamente dalla cintura scapolare, che connette gli arti superiori al tronco attraverso l’articolazione scapolo-omerale (testa dell’omero che si relaziona con la glena della scapola) da lì a quella acromio-clavicolare, facilmente palpabile in quel punto della clavicola in cui poggia la spallina di una canottiera e poi con l’articolazione sterno-clavicolare che rappresenta proprio il punto di connessione con la colonna vertebrale, attraverso sterno e coste.

Dal punto di vista muscolare, invece, il fulcro del sostegno per le braccia si trova nella zona tra le due scapole, la zona in cui le nostre “ali” trovano origine per poi dispiegarsi, con un’azione che (almeno nella tecnica del balletto) interessa poi altre strutture muscolari come il gran dorsale, il grande e il piccolo rotondo, il sottospinato e il gran pettorale, la cui azione stabilizza e dona forza alle braccia mantenendo mobilità e fluidità nell’arto.
Raramente le ballerine hanno bicipiti e tricipiti molto muscolosi, mentre invece le loro schiene sono solitamente toniche e ben definite proprio perché è questa parte del corpo a coprire il ruolo più importante nel sostegno degli arti superiori.

Dal punto di vista energetico, infine, possiamo riconoscere nel centro, nel plesso solare, nella zona dell’ombelico insomma, un’origine comune di arti superiori e inferiori, il luogo di integrazione in cui queste due sfere comunicano tra loro coordinandosi armoniosamente.

Alla luce di questa succinta analisi possiamo quindi osservare come il movimento delle braccia si esprima attraverso una complessa stratificazione di livelli, di piani diversi, che non sono separati tra loro ma al contrario vivono in una interrelazione costante donando al movimento quella perfetta alchimia di forza, mobilità e espressività che è parte imprescindibile del linguaggio danzato.

L’apporto di Vaganova a questo ambito di studio è notevole innanzitutto per la sua semplicità:, dal momento che esistono metodi in cui ci sono fino a sette posizioni delle braccia, mentre per la tecnica Vaganova sono contemplate solo tre posizioni più una.

Posizione preparatoria: le braccia formano un ovale con le mani che si posizionano verso il basso, i mignoli a sfiorare le gambe e i palmi rivolti verso l’alto.

Prima posizione: qui le braccia formano un cerchio, le dita medie sono vicine quasi a sfiorarsi davanti all’ombelico con i gomiti ben sostenuti, come se la braccia poggiassero su un piano inclinato.

Seconda posizione: le braccia sono aperta lateralmente con i gomiti posizionati all’altezza del cavo ascellare. La forma della seconda posizione ricorda una coppa che viene offerta al pubblico oppure un abbraccio che lo contenga tutto.

Terza posizione: uno specchio della posizione preparatoria, quindi ancora una forma ovale ma questa volta rivolta verso l’alto, a incorniciare il viso, con le mani che si trovano quasi allo zenit sopra la sommità del capo.
Tutte le altre posizioni vengono denominate come una combinazione di queste.

Semplice, lineare ed efficace.

L’altro aspetto incredibilmente utile della tecnica Vaganova è lo studio dei movimenti della testa e delle spalle insieme ai port de bras, la meravigliosa cura che dona ad ogni singolo movimento della parte superiore, quella coordinazione perfetta che rende anche un semplice battement tendu con il braccio alla seconda un’armoniosa delizia per gli occhi. Persino i movimenti di preparazione che precedono l’inizio effettivo dell’esercizio diventano un bellissimo momento di pura danza.
L’allievo che viene guidato nell’eseguire correttamente ogni port de bras alla sbarra, curando non solo l’estetica della forma ma anche la forza nel sostegno nonché il perfetto tempismo con cui gli eventi si susseguono, si troverà poi al centro ben piazzato e pronto a sviluppare dinamica nello spazio, nei giri e nei salti. Tutte le lacune nel sistema centro-schiena-braccia alla sbarra renderanno estremamente difficile eseguire il centro con stabilità, coordinazione e chiarezza nelle direzioni.

Un developpé con la gamba che sfiora la testa è qualcosa che soltanto chi ha delle precise caratteristiche fisiologiche può fare, così come avere un collo del piede da copertina o il cambré  con la testa che sfiora il sedere ma un buon lavoro di coordinazione, la cura nella parte superiore, l’integrazione di testa, spalle e braccia in un bel movimento ben eseguito, sono cose che tutti possono fare, con grande soddisfazione, piacere nell’eseguirle e comprensione dell’importanza di sviluppare queste competenze.

Portare gli allievi verso questo tipo di attenzione mi rende felice perché ridimensiona l’ossessione per la quantità riportandoli alla qualità, quella che ogni allievo – ripeto, ogni allievo – può raggiungere partendo dagli strumenti che ha.

Bisogna sempre ricordare loro l’importanza che ci sia un senso in ogni gesto, altrimenti la forma rimane vuota ed evanescente come una bolla di sapone, inconsistente come un castello di carte. Grazie all’importante lascito dei grandi maestri del passato possiamo accogliere la nuova danza che avanza rimanendo sempre fedeli all’origine, al senso profondo di quello che si sta facendo, perché ogni evoluzione contiene in sé tutte quelle precedenti. Solo rispettando e ricordando ciò che i maestri ci hanno trasmesso, attraverso lo studio e l’indagine continua,  possiamo guardare avanti con coraggio e fiducia.

Se Agrippina Vaganova fosse oggi con noi sono certa che – da pioniera curiosa e intelligente quale era – aggiornerebbe il suo metodo per renderlo conforme e funzionale alle necessità della danza di oggi, alle sue richieste tecniche ed espressive. Da insegnante di danza classica non posso che rimanere affascinata e ammirata davanti al sistema praticamente perfetto che questa donna straordinaria è riuscita a sintetizzare ma la mia curiosità di assistere ad un simile processo rimane un sogno impossibile che posso solo immaginare.

Chissà, forse un giorno la incontrerò.

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