Lia Courrier: “Il futuro non è nella competizione, ma nella collaborazione. Ultimo numero della stagione di SetteOtto”

di Lia Courrier
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Anche per questa stagione di SetteOtto siamo giunti all’ultima pubblicazione prima della pausa estiva. Da quel 16 aprile del 2015 in cui il Direttore ha pubblicato il mio primo numero su DHN, ancora oggi campione indiscusso di visualizzazioni, sono passati ben otto anni che mi sembrano essere volati.

La gestazione di questi articoli ha scandito le mie settimane dall’individuare l’argomento, al cercare una forma letteraria funzionale al messaggio che volevo trasmettere al mettere tutto nero su bianco in una sequenza di parole che avesse un senso non solo per me ma anche per voi lettori. Questo tempo, insinuato nelle intercapedini delle mie giornate, ha rappresentato un’importante indagine permanente su quello che per me è la danza.

Proprio così, per me, perché quello che scrivo è solo frutto della mia esperienza, non sono una teorica, né un critico di danza, per me quest’arte è qualcosa che vivo sulla mia pelle e che scorre nelle vene quindi ne parlo attraverso tutto ciò che dal corpo emerge in forma di immagini, sensazioni, emozioni, percezioni, parole, suoni. Mi piace esprimermi solo su ciò che conosco bene in prima persona e non per sentito dire e la danza è una di queste, che si condivida oppure no ciò che scrivo non è poi così importante: questa è la mia storia.

Ringrazio tutti voi che avete letto, commentato, criticato, approvato, condiviso i miei scritti facendomi sentire il vostro sostegno e supporto. Vi confesso che scrivere di danza sta diventando per me sempre più difficile perché il contesto in cui lavoriamo sta velocemente cambiando e non sempre questo in una direzione che risuona con il mio sentire. Da ogni punto di vista osservi la situazione, mi sembra proprio che di tutto ciò che mi attrasse della danza tanti anni fa, oggi non sia rimasto che un pallido riflesso e questo, oltre ad intristirmi oltremodo, mi fa capire che forse le mie esigenze animiche stanno chiedendo altro. Non è stato facile ammetterlo a me stessa e scrivere per DHN mi ha aiutata molto a sviscerare questo senso di insofferenza che provo nei confronti non tanto della danza in sé ma dell’ambito lavorativo. L’atto di guardarmi dentro per potermi raccontare è stato liberatorio e adesso riesco a vedere con chiarezza non solo la situazione attuale ma anche i possibili scenari che potremmo trovarci ad affrontare.

A questo proposito mi sento di dire a tutti i colleghi che ciò che vedo non è per niente roseo e che penso bisognerà battersi se vogliamo proteggere quel poco di dignità rimasta all’insegnamento della danza in questo paese. In cuor mio non vedo la possibilità di una presa di coscienza della categoria nella sua interezza (semmai questa esista davvero) ormai troppo corrotta da politiche scellerate che sono state accolte e accettate come buone pratiche, nonché dalla diffusa incapacità di guardare al di là del proprio orticello da salvare ad ogni costo, che ha fatto perdere di vista gli obiettivi più grandi. Una parte di noi, quindi, dovrà essere pronta a puntare i piedi e fare resistenza alla deriva attuale, altrimenti l’alternativa sarà cambiare lavoro per non farsi troppo mal (cosa che negli ultimi anni ho visto fare a tante, troppe persone).

Perdonatemi se sono così tranchant ma questa è la sensazione che ho da anni e finora tutto ciò che avevo intuito si è poi manifestato. Non ho poteri magici. non possiedo sfere di cristallo, non so leggere i tarocchi: sono solo una persona capace di osservare e annusare gli odori portati dal vento.

Ringrazio infinitamente il Direttore Francesco Borelli per il rispetto e la fiducia che mi ha sempre riservato, lasciandomi scrivere su qualunque argomento senza mai, neanche una volta, chiedermi di cambiare una virgola di ciò che scrivo. Persona appassionata ed entusiasta nonostante i mille impegni lavorativi (ogni volta che ci sentiamo o ci scambiamo dei messaggi mi risponde da un treno che lo sta portando da qualche parte) mi ha sempre spronata a continuare ad esprimere il mio punto di vista, anche quando ho attraversato uno dei miei tipici momenti di crisi in cui avrei voluto lasciar andare questo difficile compito e uscire dalla redazione.
Tempo fa chiacchierando con una collega, raccontavo che il motivo che mi ha spinta a scrivere su questa rivista, otto anni fa, era il mio desiderio di mettere sul piatto argomenti per me importanti, inerenti al mio lavoro di insegnante di danza, che aprissero alla possibilità di creare un tavolo di discussione in cui potersi confrontare su tematiche di cui raramente si ha occasione di parlare. Dal momento che non esiste in Italia una formazione insegnanti, tranne quella dell’AND che per ovvi motivi non possono frequentare tutti, ero mossa dal puro desiderio altruistico di offrire un servizio utilizzando questo spazio che ho a disposizione per stimolare un confronto.

Ad oggi, dopo questi otto anni insieme, ancora questa necessità non è emersa, a volte qualcuno dei miei articoli scatena un’ondata di reazioni e commenti, ma si tratta di un fuoco che si spegne nel giro di qualche giorno a cui non segue alcuna azione in questa direzione. Mi rendo conto che spesso abbiamo posizioni diametralmente opposte, che ognuno ha la propria visione da molteplici punti di vista ma penso comunque che condividere le nostre posizioni sia importante per cercare di costruire una coscienza di categoria, per sentirci parte di un gruppo e non sempre isole alla deriva.

Il futuro non è nella competizione ma nella collaborazione, lo hanno capito bene nel nord Europa dove in alcuni paesi hanno persino abolito il sistema dei voti numerici a scuola (alcuni sistemi li introducono a 13 anni, altri utilizzano valutazioni discorsive sull’andamento dell’alunno) proprio per cercare di portare i bambini a non competere tra loro per il voto più alto ma collaborare insieme condividendo abilità e competenze per ottenere risultati anche migliori di quelli che otterrebbero lavorando da soli. Questo potrebbe far storcere il naso a molti, si potrebbe pensare che una simile formazione non possa che formare mollaccioni senza nerbo e invece stiamo parlando di sistemi scolastici che occupano i primi posti nelle classifiche di rendimento. La scuola è alla base del progresso di un paese, ormai in molti lo hanno capito, così come hanno capito che una società così profondamente trasformata come lo è stata la nostra negli ultimi 30 anni ha bisogno di una scuola che sia coerente e per quanto riguarda noi direi che non ho bisogno di aggiungere altro.

Che la danza abbia sposato in pieno la pratica dei concorsi non è che lo specchio di un sistema vecchio e obsoleto che facciamo fatica a lasciar andare per diversi motivi. Certamente i concorsi di danza sono eventi che muovono denaro, i giurati vengono profumatamente pagati, le formazioni professionali rilasciano borse di studio per attirare allievi nelle proprie strutture, le scuole di danza puntano ai premi per farne poi strumento di marketing sul territorio, sfidandosi a chi se ne accaparra di più. Questo, però, non ha niente a che fare con la danza e il suo insegnamento, anzi, vira l’attenzione sull’agonismo, aspetto che appartiene più allo sport che all’arte, come abbiamo detto proprio qui tante volte.
Chissà se il prossimo anno il mio sogno di una tavola rotonda di insegnanti che siedono a discutere periodicamente con lo scopo di individuare delle linee guida condivise su aspetti importanti del nostro lavoro (non si tratta di questioni di tecnica, quelle sono appannaggio di ognuno e del proprio bagaglio. Sto parlando di etica, legislazione, diritti) vedrà la luce. Voi che dite?
Auguro una buona estate a tutti voi che state leggendo, ci rivediamo a settembre!

 

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3 comments

Luciana Temussi 27 Luglio 2023 - 19:40

Cara Lia, seguo da sempre i tuoi articoli e sempre con grande interesse. Condivido pienamente ciò che dici in merito a concorsi e collaborazioni. I concorsi sono certo da sempre in voga e come dici tu non sempre sono basati su meriti ma solo su giri di interessi. Vedo coreografie tutte uguali frutto di stage continuativi tenuti nelle scuole e tutto ciò mi rattrista. Le collaborazioni poi sono utopie perché si ha sempre il timore di portarle avanti con etica e rispetto per il lavoro di tutti. Qualche volta accade fortunatamente. Ti ringrazio per ciò che scrivi, continua così e buona estate.

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Barbara 28 Luglio 2023 - 11:06

Condivido questo punto di vista. È davvero fondamentale riuscire a far passare il messaggio, con gli allievi, e poi con tutto il contesto sociale che lo studio e l’apprendimento sono mattoni essenziali per costruire la nostra Vita non numeri o foto da esibire, tronfi e soddisfatti (al momento). Ogni disciplina ha bisogno di costruzioni solide e attente…poi se uno vuole divertirsi, certo, si partecipa con grande allegria a manifestazioni e concorsi ma con lo scopo di mettersi alla prova, misurare le proprie capacità, viverlo come un’esperienza di vita per poi ricominciare a studiare più forti e consapevoli che c’è sempre qualcuno più bravo di noi da cui poter attingere ispirazione. Io, nella mia realtà, cerco di fare questo percorso. Grazie per tutto quello che leggiamo, qui, sempre con grande piacere.

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Lia Courrier 28 Luglio 2023 - 19:35

Grazie infinite per queste parole importanti, sapere che ci siamo è già qualcosa di estremamente potente. È vero che collaborare può sembrare utopia ma forse se qualcuno cominciasse a dare il buon esempio si potrebbe dimostrare che mettendo da parte per un attimo il proprio ego si possono fare cose incredibili INSIEME. Un abbraccio e buona estate!

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