Lia Courrier: “La riforma dello sport; la giostra non è affatto finita”

di Lia Courrier
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Nella speranza di trovarvi ben riposati e in salute, do il bentornato a tutti voi, cari lettori.
Spero abbiate trascorso una buona estate e che siate pronti a ripartire con una nuova stagione di danza.

Ecco, con una punta di amarezza devo dire che per la danza italiana questa non è stata proprio una bellissima estate, ci siamo lasciati prima della pausa parlando della famigerata riforma del settore sportivo che tutto sommato pare sia stata salutata positivamente dalla maggior parte di voi, tuttavia mi ritrovo ancora qui a parlarne in questo primo numero di SetteOtto. Potete anche smettere di leggere se non ve la sentite di andare avanti, non me la prendo.

In questa pausa estiva trascorsa, come per me di consueto, chiusa a casa perché soffro maledettamente sia il caldo che l’esposizione al sole, ho preso un’importante decisione: seppellire l’ascia di guerra davanti a tutte le assurdità riguardanti il nostro lavoro che finora mi hanno sempre fatto saltare in piedi sulla sedia per protestare. Dopo anni da incorreggibile idealista, ho capito che sperare in una coscienza di categoria è una chimera, un animale mitologico, un sogno che mai diverrà realtà, che lottare per i propri diritti in questo settore sia una fatica troppo grande da condividere con quei pochi sparuti che hanno voglia di agire e non solo di lamentarsi, con quella sgradevole sensazione di fare qualcosa che in fondo non interessa davvero a nessuno. Ho deciso quindi per un gesto di amore verso me stessa rassegnandomi al contesto di mediocrità sociale e civile in cui ormai grufoliamo da secoli, non voglio più preoccuparmi di niente e accettare passivamente tutto ciò che arriva, come molti attorno a me fanno da sempre, vivendo serenamente e senza alcun senso di colpa per ciò che lasceremo alle generazioni future.

Voglio provare anche io ad affrontare la vita con questa strategia e vedere come va.

Però, ecco, qualche ragionamento bisogna farlo perché siamo a ridosso dell’inizio dei corsi senza che i famosi/famigerati Enti Sportivi abbiano elargito risposte univoche ai committenti su come interpretare e applicare questa riforma. Alcuni si vedono addirittura costretti a posticipare i pagamenti delle commissioni perché ancora non si è ben capito a chi fare cosa, contratti, clausole, formalità che dovevano essere chiarite in tempo e in modo inequivocabile, vacanze o no, permettendo alle associazioni di lavorare e soprattutto di retribuire i propri collaboratori.

Finché era il Coni a dettare le regole potevo anche aspettarmi la confusione sulle informazioni a cui ci ha abituati in questi tristi anni nel mondo dell’associazionismo sportivo dilettantistico ma che sia il Ministero a tirare fuori una legge scritta così male da non riuscire neanche ad interpretarla e soprattutto che l’abbia fatta entrare in vigore il giorno stesso in cui è stata pubblicata beh, lo trovo estremamente preoccupante.

Intendo che è preoccupante per le sorti del Paese che al Ministero non abbiano le competenze per scrivere una legge comprensibile non dico al cittadino comune ma almeno agli Enti che dovrebbero farla applicare.

Ah, ricordate la questione del dubbio sul tesserino tecnico obbligatorio per le partite Iva? Ovviamente la risposta definitiva è che sì, dobbiamo tutti avere il tesserino tecnico, anche i detentori di partita Iva. Pagare un obolo ad uno dei tanti Enti sul territorio per poter lavorare ed essere retribuiti regolarmente. Spiego meglio: una figura come quella dell’insegnante di danza, ossia una professione non riconosciuta di cui quindi non esiste un albo professionale, per poter esercitare in qualità di lavoratore autonomi deve essere affiliato ad un Ente, in cambio di un’assicurazione verso terzi (che molti di noi hanno  già privatamente) e di variegati non meglio definiti “corsi di aggiornamento” che diventeranno presto obbligatori per tutti i soci (ai quali non nutro alcun interesse a partecipare). I responsabili dei vari Enti hanno sempre una risposta pronta alle mie obiezioni, ad ogni dubbio sulla legittimità di queste regole insensate, ma si tratta di risposte vaghe, imprecise, fumose, che non arrivano al punto. Nessuno finora mi ha mai rilasciato un riferimento della legge (articolo, comma) dove sia scritto chiaramente che “il lavoratore autonomo detentore di partita iva è obbligato a tesserarsi/affiliarsi all’Ente”. La risposta a questa domanda è sempre stata solo bla bla bla.

Ma non finisce qui. Ogni Ente si fa le sue regole, ha i suoi criteri d’accesso, nonché il proprio listino prezzi per prestazioni ad oggi divenute obbligatorie. Un esempio? Vi lascio fare i conti nelle mie tasche e poi trarrete voi le conclusioni: ho ricontattato l’ente con cui nel 2016 ho preso l’ennesimo “diploma” CONI affiliandomi all’Ente cui faceva capo la struttura con cui collaboravo all’epoca. Oggi insegno in una realtà che si appoggia ad altro Ente e ovviamente (sarcastico) mi è stato detto che non mi riconoscono il “diploma” rilasciato da quegli altri. Posso scegliere se pagare 140 euro per cambiare Ente facendo il “riconoscimento dei titoli” o “rinnovare” il diploma tramite l’Ente che me lo ha rilasciato originariamente per 35 euro.

Insomma il mercato del pesce.

Se il Ministero avesse voluto fare le cose per bene avrebbe dovuto almeno fare di questi Enti degli strumenti ministeriali con uguali regole e criteri, affinché il mio “diploma” rilasciato da un Ente sia valido a livello nazionale. La dicitura sull’attestato in mio possesso infatti dice: “diploma nazionale istruttore”, perché devo sganciare mazzette per  poter confluire, per comodità di gestione, nell’Ente a cui si affida la realtà con cui collaboro?

Alla mia richiesta di tesseramento mi è stato risposto che anche prima della riforma avere una partita iva non esentava dall’obbligo di avere tesserino tecnico ma in realtà nessuno dei miei committenti me lo ha mai chiesto, e sono tanti. Forse bisognerebbe scrivere le leggi in un italiano chiaro e comprensibile? Magari così la smetteremmo di perdere tutto questo tempo ed energie? L’italiano è una lingua ricca e forbita che permette di esprimere anche i concetti più astratti e alti con grande coerenza e precisione, non credo sia un problema scrivere in modo chiaro e limpido delle semplici norme, non trovate?
Comunque la giostra non è ancora finita per me, sono ancora in attesa di una risposta dell’Ente da giorni, evidentemente sono ancora in vacanza. Posso dire in tutta onestà di essere già sufficientemente irritata dall’obbligo di affiliarmi, spero proprio non ci siano altre sorprese all’orizzonte.
Come dicevo in apertura, però, ho deciso di piegarmi al volere degli EPS senza più opporre resistenza, con rassegnazione, quindi pagherò l’obolo pur di non farmi il fegato più marcio di quanto attualmente non sia già, specialmente nel vedere i colleghi plaudire davanti a quello che ai miei occhi appare come uno scempio assoluto.
Sceglierò l’obolo da 35 euro, ovviamente, perché è vero che sono sfinita e stanca di lottare ma non sono mica scema.
Cosa mi resta da dire quindi, nettata dalle ombre, purificata dal peso della responsabilità, ripulita da ogni spirito critico e desiderio di ribellione, se non  augurare un buonissimo inizio a tutti?

Secondo voi quanto resisterò in modalità “accomodante”? Anni? Mesi? Ore?
Chi vivrà vedrà.

Buona danza!

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