Credo fermamente nelle belle storie che toccano il cuore consentendo di apprezzare la bellezza del mondo in cui abbiamo il privilegio di compiere la nostra esperienza incarnata.
Oggi sono qui per raccontarvene una che al suo interno ne custodisce una seconda.
Qualche settimana fa ho assistito a un evento di A.P.P. acronimo di Atti Performativi Pacifici, iniziativa fondata e guidata da Diletta Brancatelli, danz’autrice romana ma cittadina del mondo (forse dell’universo) che ha deciso di portare l’esperienza del corpo in movimento negli spazi urbani in forma di creazione estemporanea, pacifica disobbedienza alle convenzioni, esperimento sociale. Questa sperimentazione ha già vissuto in molte città italiane e non solo, mettendo insieme di volta in volta un gruppo variamente assortito di persone che Diletta coordina con grande accoglienza rispetto alle peculiarità di ognuno, con idee molto chiare su come utilizzare gli spazi e nell’assegnare task improvvisativi per creare un contenitore in cui ognuno possa raccontarsi attraverso il movimento, in armonia con gli altri e con il contesto urbano.
Questa volta il luogo dell’appuntamento è stata Piazza Castello a Milano, davanti alla maestosa fontana che fronteggia l’antica residenza sforzesca, luogo di grande passaggio di persone e comitive di turisti che, loro malgrado, quel giorno sono diventate parte dell’happening in modo più o meno divertito e partecipe. Il momento più magico è stato quando una signora nella piena maturità dai capelli bianchi come la neve, ha attraversato lo spazio con la sua bicicletta per fermarsi a guardare sorridente mentre urlava “bravi!bravi!” ai performers che le sono andati subito attorno danzando per celebrarla. A quel punto questa meravigliosa donna ha cominciato a muoversi insieme a loro in una danza che non saprei definire se non estatica, piena espressione della gioia di vivere, in un dialogo tra anime che ha toccato il cuore di tutti. È commovente vedere come il corpo, la casa che ognuno di noi abita a proprio modo, sia veicolo di comunicazione, di quanto poco basti per strappare un sorriso e un momento di sospensione dalle miserie del quotidiano, alleggerendo l’esistenza, arricchendola di luce.
Il linguaggio della danza contemporanea è coinvolgente, molte persone si sono fermate a guardare e partecipare, è stata una bella, inattesa festa per chiunque sia passato da lì per caso, senza clamori e senza nessuna televisione a riprendere. L’atto creativo spontaneo è quello più vicino al Divino, che crea l’universo senza sforzo e predeterminazione, per tracimazione della gioia incontenibile e in questo caso posso davvero dire di aver assistito ad un istante di cristallina autenticità.
A.P.P. in questa occasione è stato parte, come molti altri bellissimi appuntamenti di danza, della realtà che porta il nome di Sharing Training Milano (d’ora in avanti S.T.Mi), iniziativa nata dalla mente e dal corpo di Melania Pallini che, oltre ad essere una danzatrice e un’insegnante di yoga di grande valore umano e artistico, è anche una cara amica con cui condivido molto e da molti anni (meglio non dire quanti, più che altro per me perché lei è giovane e meravigliosa). Questo progetto è diretto a tutti i danzatori alla ricerca di un allenamento permanente con costi accessibili per tutti ed è con queste premesse che Melania ha pensato di proporre ad un gruppo di danzatori di dividere le spese per l’affitto dello spazio, per poi condurre a turno il training. Non si tratta quindi di una relazione frontale come potrebbe essere quella di un insegnante dinanzi ad una classe, quanto più una relazione paritaria in cui dei professionisti si scambiano competenze e strumenti.
S.T.Mi nasce nel 2016 ispirandosi all’esperienza londinese di Melania, città dove ha vissuto per qualche tempo in cui questo genere di iniziative è abbondantemente diffuso.
I primi appuntamenti milanesi sono condotti dalla stessa fondatrice, per sondare il terreno e saggiare il tipo di risposta ma in breve tempo l’interesse si solleva attorno al progetto e i danzatori cominciano a candidarsi per condividere la propria pratica con il gruppo. Per rispetto e riconoscimento verso i conduttori, il team di S.T.Mi prevede da sempre per loro un gettone di presenza monetario, ricavato dalla raccolta delle quote di partecipazione al training. Il resto diviene cassa per garantire anche quegli appuntamenti per cui, per vari motivi, le partecipazioni sono meno numerose.
Insieme all’avvio dello sharing training a Milano anche gli Attivisti della danza, padri dello Sharing Training fiorentino, ripartono con la condivisione di pratiche sul loro territorio e dal 2017 ad oggi altri S.T. nascono spontaneamente in giro per il paese: Torino, Napoli, Roma, Perugia, Catania, Palermo, Bologna, Marche, Bassano e Bari segno del bisogno profondo dei danzatori non solo di avere un luogo in cui allenarsi ma anche per conoscersi e confrontarsi. All’inizio le comunità sorelle non sono in contatto ma presto si percepisce la necessità di organizzare un primo incontro tra tutti gli S.T. che ha luogo al Maxxi di Roma, evento importantissimo per questa realtà underground in espansione, grazie al quale si evince che ogni Sharing ha preso forma spontaneamente a partire dalle specificità del luogo, dall’economia del territorio, dalla disponibilità degli spazi. Attualmente non c’è intenzione di creare delle linee guida condivise da tutti gli Sharing, spianando peculiarità importanti per l’identità stessa di quella comunità, l’approccio è piuttosto quello conservativo nei confronti della biodiversità. È però al vaglio un manifesto che disegni un’identità collettiva, dei punti in comune ma lo stile di vita dei danzatori, sempre con la valigia chiusa in giro per il mondo a fare audizioni, spettacoli e prove, rallenta un po’ la lavorazione di un simile documento che richiede molto lavoro e attenzione.
Il lockdown ha fatto un po’ spegnere il progetto per l’impossibilità di incontrarsi, persino in luoghi aperti, motivo per cui Melania ha affrontato un momento contrassegnato da grandi dubbi sul futuro di S.T.Mi così decide di rispondere a questa organica necessità di energia fresca e rinvigorente, accogliendo nuovi collaboratori al suo fianco: prima Lorenzo De Simone e poi Elisa Sbaragli, entrambi danzatori affermati e conosciuti sul territorio nazionale.
Il timore di non poter ancora tornare a ritrovarsi in presenza in luoghi chiusi dopo la fine dell’emergenza pandemica, e qui torniamo all’inizio di questo racconto, porta all’idea di una versione “Urban” di S.T.Mi che si propone di portare negli spazi urbani le sessioni di ricerca sul movimento nei mesi più caldi dell’anno.
Grazie alla generosità di Melania, al suo progetto dalla connotazione fortemente altruistica, volto alla condivisione, S.T.Mi oggi vanta una mailing list di circa 500 contatti, costantemente in crescita, nonché una lunga lista di conduttori provenienti da diversi ambiti: danza contemporanea, street dance, discipline somatiche, arti marziali. Questo consente ai partecipanti di ricevere stimoli sempre diversi, di confrontarsi sull’identità della nuova danza e non sono poche le collaborazioni nate proprio in seno a S.T.Mi.
Ribadisco quanto già scritto molte volte: salvare il balletto non vuol dire salvare la danza. Mentre il balletto aspetta di essere salvato, la danza contemporanea si muove su altri canali per salvare sé stessa in modo meravigliosamente creativo e gioioso.
Se questa storia vi è piaciuta almeno quanto per me raccontarla, tenete d’occhio le imprese di questi guerrieri di luce danzante che ogni tanto invadono la città, seguite le iniziative della comunità che sta rivoluzionando la modalità di allenamento dei danzatori, qui a Milano e non solo.