La danza di oggi esige grandi estensioni e un corpo ipermobile.
Questa caratteristica si è imposta con grande decisione già da qualche decennio, divenuta oggi imprescindibile per chiunque voglia affermarsi come danzatore. Bisogna precisare che la selezione fisica per entrare nelle accademie di balletto è sempre esistita, esistono documenti video d’annata a dimostrare come l’attenzione sul corpo sia sempre stata quasi maniacale in questo ambito, come è giusto che sia, ma in passato si guardava più alle proporzioni, alla salute generale, ovviamente anche alla qualità delle articolazioni sebbene non fosse richiesto il range di movimento che vediamo adesso. Molte grandi stelle del balletto la cui arte ancora oggi ci è di ispirazione, se fossero nate in questi anni con quello stesso corpo, non avrebbero neanche superato la selezione in accademia, eppure eseguivano virtuosismi di grande pregio e la loro prestanza tecnica era ineccepibile.
Non fraintendetemi, non sto cercando di dire che fossero meglio o peggio ma solo diversi.
Chiaramente corpo diverso vuol dire anche danza diversa, letteralmente emanata da quei particolari strumenti ed è per questo che oggi il balletto classico è così diverso da quello di trent’anni fa sebbene i passi del repertorio classico siano sempre gli stessi, nella maggior parte dei casi. È bellissimo vedere come la danza sia in costante trasformazione e adattamento al contesto in cui si manifesta, e questo contesto non riguarda solo l’individuo e la sua casa incarnata ma anche la società, la cultura, la situazione politica di una data epoca.
Bisogna però avere cura dei corpi ipermobili perché, ne abbiamo parlato molte volte proprio qui su SetteOtto, si tratta di strumenti estremamente delicati che tendono a usurarsi presto. In Italia siamo forse un po’ indietro da questo punto di vista, è raro che gli studenti di un’accademia o i ballerini di una compagnia siano accompagnati da preparatori atletici interni, integrati nello staff delle persone che si occupano dei danzatori, per seguire programmi di condizionamento del corpo specifici, osservando le aree di vulnerabilità, rinforzando i comparti muscolari necessari e sviluppando una corretta propriocezione con l’obiettivo di scongiurare gli infortuni e migliorare la durata nel tempo della prestazione atletica laddove l’infortunio accade, avere le competenze per recuperare in modo sicuro e completo, sedando l’impazienza dei danzatori che vorrebbero tornare a danzare sempre troppo presto. Trovo importante che queste figure siano parte dello staff, la danza comporta un’attività fisica con delle specificità, stressando determinate aree e portando nel tempo a sviluppare atteggiamenti e posture in modo del tutto inconsapevole.
Con un lavoro mirato e un corretto allenamento si può agire su questo importante aspetto, migliorando la ridistribuzione delle forze nell’intera struttura e di conseguenza anche il movimento dei fluidi, il funzionamento degli organi, la reattività della mente. Un professionista che si dedica esclusivamente ai danzatori, magari per tutto il percorso formativo o la carriera, ha la possibilità di sviluppare competenze preziose e di svolgere un’importante ricerca su cosa davvero il corpo del danzatore ha bisogno. Tutti i membri di una compagnia e gli allievi di una formazione dovrebbero avere delle figure di riferimento in questo senso, non solo professionisti che curano (massoterapisti, osteopatia, fisioterapisti) ma anche preparatori atletici.
A dispetto di tanti profili instagram di danzatori e danzatrici che si ritraggono in pose da contorsionisti che – beninteso – possono fare solo grazie alla genetica che hanno ricevuto alla nascita perché non esiste un allenamento al mondo che possa modificare il range di movimento dato dalla morfologia dello scheletro, ci sono altri che invece mostrano una parte importante del lavoro quotidiano per mettere a punto il proprio strumento. Trovo queste condivisioni particolarmente importanti per le nuove generazioni, più ispiranti ed educative di chi invece si pavoneggia con iperestensioni e piedi strabordanti.
Ho guardato diversi video di Skylar Brandt dell’ABT (oltre ai divertentissimi video che pubblica con le sue sorelle in cui si scatenano in danze pazze che più di una volta mi hanno regalato un sorriso) in cui potenzia la propria forza esplosiva attraverso un allenamento ginnico secondo il programma assegnatole da un trainer, con l’ausilio di box, palle, pesi e tutto ciò che occorre per rendere il suo corpo ipermobile un luogo sicuro in cui danzare.
Anche la meravigliosa Jasmine Naghdi del Royal Ballet ha più volte svelato come mantiene il corpo efficiente e la sua routine per scaricare la fatica degli spettacoli per essere pronta alla data successiva. I ballerini maschi seguono allenamenti specifici per sostenere le loro prestazioni che non riguardano solo gli incredibili salti ma anche la questione del partnering, uno sforzo importante che a lungo termine, se non correttamente eseguito e supportato sia da propriocezione che una muscolatura appositamente sviluppata, può dare adito a problemi a carico di colonna vertebrale e spalle. AL ROH da anni hanno inserito un esercizio semplicissimo alla fine della sbarra della compagnia, come avrete certamente visto tutti nelle dirette del WBD, che tutti devono fare. Si tratta di una lunga serie di relevé in posizione neutra dei femori, con il ginocchio allungato, prima su una gamba e poi sull’altra. A detta loro questo semplice esercizio per rinforzare le caviglie ha abbassato notevolmente la percentuale di infortuni tra i danzatori della compagnia. Questi sono solo esempi tra i tanti solo per dire che oggi è molto chiaro a tutti che l’allenamento del danzatore non si conclude con la lezione ma ha bisogno di training specifici.
La magnifica ricerca somatica iniziata più o meno negli anni 30 del ‘900 ha aperto la strada per abbandonare la visione meccanicistica del corpo, accogliendone una in cui i vari aspetti che conteniamo si integrano. L’approccio scientifico alle forze biodinamiche che attraversano il corpo, i loro effetti su allineamento ed efficacia del movimento, l’esplorazione esperienziale dell’anatomia e tutte le discipline somatiche hanno influito sulla modalità con cui i danzatori percepiscono il proprio prezioso strumento: non più un limone da spremere fino all’ultima goccia di succo ma un raffinato strumento da conoscere intimamente, mettere costantemente a punto, trattare con riguardo e gentilezza.
Un infortunio può lasciare un danzatore fuori dai giochi per mesi, senza contare che un tessuto danneggiato difficilmente ritorna come prima, per non parlare di articolazioni violate dalla chirurgia, sebbene a volte sia l’unica strada da perseguire. Quindi perché non fare prevenzione? Perché considerare l’infortunio o i danni da usura come parte del mestiere quando si può agire per evitare che accada?
Conosco ballerine che hanno dovuto procedere all’impianto di protesi all’anca, alcune addirittura prima dei 50 anni, proprio a causa della loro caratteristica ipermobile che è stata enfatizzata negli anni di pratica senza preoccuparsi di potenziare la muscolatura per minimizzare i danni a carico dell’articolazione. Al di là di voler mantenere il proprio corpo sano ed efficiente per danzare il più a lungo possibile, penso sia sano immaginare una vita al di là della danza in cui camminare, piegarsi, correre, fare trekking o qualsiasi altra attività fisica non rappresenti un problema, oltre all’importanza che mantenere una buona mobilità fino all’ultimo dei nostri giorni ha per l’indipendenza personale e la sicurezza in età avanzata.
Chiunque possieda caratteristiche di ipermobilità nel proprio corpo dovrebbe sapere che va bene sfruttare al massimo questo talento a patto di dedicarsi anche al potenziamento dei comparti muscolari per contenere e proteggere.