La danza classica degli ultimi anni pone molta enfasi nella flessibilità dei corpi, al punto che le giovani ballerine presentano caratteristiche fisiche osservabili anche nelle ginnaste di ritmica.
Le selezioni di accesso alle Accademie di Ballo evidentemente hanno alzato gli standard su questo criterio, almeno a giudicare dall’abbondanza di arabesque a di sopra dei novanta gradi, developpé alla seconda che sfiorano le testa e penché che oltrepassano l’angolo piatto.
Nel tentativo di soddisfare questa richiesta i ballerini dedicano sempre più spazio allo stretching, a volte persino in modo potenzialmente pericoloso, con utilizzo di strumenti che hanno lo scopo di estremizzare l’azione meccanica sulle articolazioni: elastici, lacci, bastoni di legno appositamente disegnati per agire sulla caviglia; per tacere di quelle sessioni di allungamento a coppie in cui si usa il peso del partner per creare pressione oppure si agisce con le mani sul corpo del compagno per forzare l’articolazione oltre il suo naturale range di movimento. Ho visto molti tutorial sui social in cui si vedono persone con evidente condizione di iper lassità presentare esercizi di contorsionismo impossibili e sostanzialmente inutili (se non dannosi) per chi non ha naturalmente quella caratteristica fisica.
Sappiamo bene quanto la morfologia peculiare delle ossa determini la mobilità delle articolazioni e questa ampiezza di movimento non si può modificare senza danneggiare i tessuti, che sia con un evento traumatico o con usura sul lungo termine. A seguito di un allenamento costante e continuo, specialmente nella fase iniziale di apprendimento di una disciplina corporea, è possibile a volte osservare un incremento nell’ampiezza di movimento delle articolazioni, ma questo è spesso dovuto ad una maggior chiarezza nella percezione di sé o al rilascio di tensioni pregresse a livello muscolare e connettivo. A livello osseo ogni corpo detiene una propria qualità articolare che non può essere modificata ma si può imparare a sfruttarla al meglio, nel rispetto del proprio strumento e della salute.
Lo stretching passivo, ossia quello in cui l’articolazione viene sottoposta a stress meccanico in assenza di contrazione muscolare, non è funzionale all’attività della danza, poiché in generale abbassa il tono dei muscoli rendendo la struttura più instabile e vulnerabile. Che si abiti un corpo naturalmente flessibile o con rigidità, dedicare attenzione esclusivamente a questo tipo di approccio (ormai superato almeno quanto fare i crunch per rinforzare gli addominali) non porta a grandi vantaggi. Possiamo certamente trovare metodi più efficaci, grazie anche alle nuove competenze che arrivano dalle discipline somatiche e dai programmi di allenamento funzionale.
Esprimere il massimo potenziale della propria, peculiare ampiezza di movimento, non è dato tanto dal dedicarsi esclusivamente allo stretching passivo, quanto invece accompagnarlo ad un lavoro di sviluppo e implemento di quei comparti muscolari che muovono le ossa in modo corretto secondo le tecniche coreutiche, supportando le articolazioni nell’atto di spingersi verso il proprio limite articolare ma senza mai forzare per oltrepassarlo. Il movimento arriverà fin dove è possibile sostenere il corpo con potenza e controllo.
Questo è il motivo per cui è molto raro che, durante le classi di danza, usi le mie mani per alzare le gambe degli allievi, ad esempio, poiché in mancanza di spazio (ossia quando si incontra una compressione ossea) rischio di stressare l’articolazione, mentre la persona iper lassa certamente potrà raggiungere grandi altezze ma poi non riuscirà a sostenere, qualora mancasse la forza; quindi questo tipo di intervento, questa è la mia esperienza, manca di utilità ed efficacia. Preferisco far capire allo studente quali sono i muscoli da utilizzare, anche attraverso immagini, quindi assegnare specifici esercizi per sviluppare propriocezione e forza in quell’area, che nel tempo daranno luogo al miglior movimento possibile per quel corpo, qualunque esso sia, nella piena correttezza della tecnica, chiarezza d’intenti e in tutta sicurezza.
Esistono muscoli degli strati più profondi che sono essenziali per il controllo del movimento, nonché per la connessione e il dialogo tra le parti, la cui presenza nella percezione degli studenti è abbastanza incerta: trasverso dell’addome, psoas, quadrato dei lombi, pavimento pelvico, erettori profondi della colonna vertebrale, giusto per citarne alcuni. Questi vanno allenati quotidianamente anche con esercizi di allungamento, ovviamente, ma questi hanno senso solo come armonizzazione dopo un lavoro di tonificazione e soprattutto sforzo isometrico, quest’ultimo importantissimo per sviluppare resistenza e controllo.
Se desideri un developpé alla seconda che si spinga in alto, avrai bisogno di uno psoas abbastanza forte, nonché trasverso dell’addome, erettori della colonna e anche sartorio, un muscolo superficiale ma che in questo movimento ricopre un ruolo fondamentale per connettere le articolazioni della gamba nella tenuta della rotazione esterna.
Hai le scapole alate e non riesci a controllarne la posizione? Quello che puoi fare è allenare principalmente il muscolo romboide, che tra tutti è quello deputato alla coerenza tra la scapola e la gabbia toracica, insieme a gran dentato, sezione centrale del trapezio e posteriore del deltoide, ad esempio.
Vuoi migliorare il tuo en dehors? Inutile sdraiarsi proni a terra in spaccata frontale con una persona che balla la macarena sui tuoi glutei, ciò che ti serve è potenziare i rotatori del femore: piriforme in primis, insieme a otturatori, gemelli e quadrato del femore con esercizi specifici che mirino ad isolare il più possibile l’azione in modo altamente specializzato, seguito da una fase di decompressione e allungamento che aiutino il tessuto (muscoli e fascia) a rimanere morbido ed elastico.
Gran parte delle problematiche a carico del ginocchio, come senso di debolezza o instabilità, ma anche alcuni episodi sporadici di dolori da stanchezza (se il dolore persiste si necessita di un consulto da un professionista) possono essere risolti potenziando la muscolatura della coscia, reparto anteriore e posteriore, quindi allenare il quadricipite e il bicipite femorale.
Per ottenere un corpo perfettamente efficiente è necessaria innanzitutto una buona conoscenza anatomica, per lavorare con precisione e puntualità senza congestionare intere aree, come spesso accade, con la conseguenza di limitare la mobilità anziché permetterla: a volte è necessario contrarre una parte e rilasciare quella accanto, per consentire al movimento di manifestarsi con forza e libertà.
I metodi per raggiungere questi obiettivi possono essere molteplici, ci si può allenare a corpo libero o con l’utilizzo di strumenti, con pesi o senza, meglio se dietro supervisione di un preparatore atletico che conosca le esigenze dei danzatori fornendo delle schede di esercizi da eseguire in modo coretto, per ogni area di miglioramento su cui si desidera agire.
Questo indispensabile lavoro, progettato sulle caratteristiche personali di ognuno, sarà anche un’ottima assicurazione contro gli infortuni, specialmente per chi studia in una formazione professionale o lavora in compagnia, affrontando quindi numerose ore di movimento ogni giorno. Consapevolezza, prontezza, reattività, adattabilità, resistenza, saranno le caratteristiche di uno strumento in grado di rispondere ad ogni tipo di richiesta da parte del maestro o del coreografo, anche quando la ricerca artistica porterà in territori fino a quel momento inesplorati.
Spendi ancora ore in interminabili sessioni di allungamento nel tentativo di modificare la forma delle tue ossa? Stai perdendo il tuo tempo e probabilmente lo sai già, perché la curva di miglioramento in termini di mobilità ristagna in calma piatta da tempo. Prova a cambiare strategia e rivolgiti a qualcuno che possa aiutarti a investire il tuo tempo in un’attività che porti a risultati tangibili per rendere il tuo corpo più efficiente, migliorare la tua danza e rendere la sua pratica più sicura per la tua salute.