Nella mia esperienza il bacino è il luogo deputato per ogni danza possibile.
Questa parte del corpo si trova al centro, in un crocevia di forze che attraversano la struttura in ogni direzione, per questo la sua consapevolezza è fondamentale, qualunque sia l’espressione corporea si voglia abbracciare.
È anche il luogo in cui prendono vita molte emozioni (quando si dice “sentire di pancia”) nonché la dimora del nostro secondo cervello, l’intestino, che possiede un sistema nervoso enterico indipendente e in continuo dialogo con quello centrale.
Il bacino è anche custode di memorie antiche, annidate nei tanti spazi segreti e profondi con cui questa straordinaria struttura è stata disegnata dall’evoluzione. Si tratta di ricordi risalenti anche all’era pre-verbale, di cui non possiamo avere una memoria cognitiva, ma il corpo umano è dotato di una sua memoria intrinseca, somatica, che permette ad ogni cellula di immagazzinare per sempre le esperienze, anche quelle che la nostra mente ha dimenticato.
Il corpo umano è un tempio sacro, oltre che il veicolo che ci permette di compiere la nostra esperienza umana, il suo funzionamento e le sue straordinarie capacità rappresentano ancora oggi una complessità che resta in parte un mistero, nonostante i tanti progressi compiuti dalla scienza.
Lavorando con il corpo e sul corpo da diversi decenni, posso dire che ancora oggi mi lascia piena di meraviglia vedere di quale intelligenza sia permeato, a guidarlo sempre verso l’azione migliore in termini di efficienza e dispendio di energia.
È molto importante capire questo, specialmente quando si affronta lo studio di discipline come la danza classica, che richiedono al corpo una condizione decisamente innaturale, come la costante rotazione esterna dei femori di 90 gradi su ogni lato. In media il corpo umano possiede una rotazione esterna dei femori che si attesta intorno ai 60 gradi, mentre quella interna è di 40 ma ovviamente ci sono persone che hanno caratteristiche morfologiche delle ossa che permettono loro di aumentare questo angolo, ed è proprio così che vengono selezionati gli allievi di un’Accademia di Ballo. Per tutti gli altri questi spazi sono un po’ come una coperta troppo corta e quando si applicano le regole descritte da Agrippina Vaganova senza conoscere la fisiologia umana e dello sviluppo, ecco che il corpo farà del proprio meglio per compensare questa eccessiva sollecitazione a carico delle articolazioni coxo-femorali.
Un atteggiamento tipico in persone che non possiedono un’ampiezza eccezionale nella rotazione esterna dei femori è quello di sfruttare la capacità del ginocchio di compiere una lieve rotazione, attestata in media 40 gradi esterna e 30 interna, ruotando quindi la parte bassa della gamba per forzare l’apertura dei piedi su un angolo vicino ai 180 gradi richiesti. Purtroppo il corpo non può mantenere stabilmente l’eccessiva tensione a carico delle articolazioni, spesso i piedi pronano in avanti e il bordo esterno della pianta del piede fatica a mantenere aderenza mentre in alto si verifica un disallineamento pronunciato del bacino, che si porta indietro e in anteroversione. Il peso rimane sui talloni e ci accorgiamo molto facilmente di questo conflitto nel corpo dell’allievo perché si aggrappa alla sbarra e quando gli chiediamo di sollevare la mano dal sostegno, vedremo che per farlo dovrà necessariamente prima spostare il peso del suo corpo avanti e chiudere l’angolo di rotazione esterna dei piedi.
Questo tipo di lavoro è estremamente pericoloso per la salute del corpo e inoltre non porterà ad alcun miglioramento nella forza, precisione, controllo, potenza della danza. Inutile dire che non tutti i nostri allievi possono mantenere una rotazione esterna di 90 gradi per lato, ormai lo sanno tutti che non si tratta di qualcosa che si può scegliere di fare, quanto piuttosto di una caratteristica che il nostro corpo possiede o meno. Ciò non impedisce però di mantenere la rotazione esterna massima possibile con consapevolezza e controllo, minimizzando i rischi per la salute delle articolazioni e imparando a compiere i movimenti nel modo corretto e previsto dalla tecnica anche in assenza di quel dettaglio, di cui dovrebbero tenere conto soltanto coloro che si stanno preparando per la carriera di ballerini classici.
Questo aspetto della tecnica divide e accende gli animi degli insegnanti di danza, ma la risposta giusta ad ogni quesito possibile non risiede sui manuali, bensì nel corpo. I manuali sono stati scritti per essere divulgati a tutti e quindi non possono tenere conto delle singole caratteristiche di ogni persona, sta all’intelligenza di chi applica il manuale farlo con buon senso e rispetto, con discernimento e competenza, senza usare violenza. Imporre una rotazione di 90 gradi su ogni lato solo perché è scritto sul manuale non porta ad un futuro miglioramento ma, al contrario, ad un irrigidimento dell’area di femore e bacino, che ho notato moltissime volte in allievi che per anni hanno forzato oltremodo per soddisfare un requisito puramente estetico e che non tiene conto dell’anatomia variabile.
La risposta naturale del corpo, quando sente che le proprie risorse vengono minacciate, è quella di irrigidirsi per entrare in una modalità protettiva e di conservazione di sé. È questo il motivo per cui poi dopo anni di forzatura per il mantenimento dell’en dehors ci ritroviamo con il femore completamente bloccato e i muscoli irrigiditi al punto che diventa faticoso persino sedersi e rialzarsi.
Esistono interessanti studi sulla conformazione delle coxo-femorali a seconda delle varie etnie e ciò che è emerso è che le pratiche corporee che le varie culture hanno sviluppato nascono proprio dalle intrinseche capacità di movimento specifiche di quella etnia. Un esempio? La posizione del loto (padmasana) nello yoga, in cui il piede destro poggia sull’inguine sinistro e viceversa, è una posizione che per l’occidentale medio può comportare anni di lavoro per liberare lo spazio necessario a mantenerla comodamente, mentre per gli indiani è semplicemente un modo in cui ci si siede. Stessa cosa vale per i movimenti delle arti marziali, nati dalla peculiare fisiologia delle etnie asiatiche. Anche la tecnica della danza classica potrebbe avere questa rotazione esterna così estremizzata perché sviluppata in un contesto in cui questa caratteristica delle coxo-femorali era presente in quella specifica etnia, mentre in altre potrebbe essere presente in una minoranza di soggetti. Sarebbe interessante uno studio a questo proposito.
Il bacino non dovrebbe in alcun modo essere bloccato, ma lasciato libero di muoversi, con la possibilità di imprimere delle forze in questa parte del corpo per stabilizzarlo in posizione neutra. Ad esempio per risolvere i conflitti di cui abbiamo parlato sopra, si può fare attenzione a lasciare che i piedi poggino a terra con le dita rivolte nello stesso angolo di rotazione esterna delle ginocchia (quindi rispettando la naturale mobilità di quella specifica articolazione), con i piedi che premono bene nella terra, specialmente il bordo esterno, grazie al gruppo dei supinatori, attivando i rotatori del femore sia per compiere la loro azione che per spingere il bacino avanti ma senza attuare retroversione. Il bacino è spinto in avanti per compensare la tendenza a rimanere dietro alla linea di gravità, portandosi proprio sopra ai piedi o al piede di sostegno. Questo movimento compensatorio permetterà al corpo di mantenere il proprio allineamento, alla colonna vertebrale di allungarsi e agli addominali di contrarsi in modo che il pube, come la prua di una nave, si innalzi sorretto dalla bretella formata dei retti addominali, mentre nelle profondità il traverso dell’addome, in sinergia con il quadrato dei lombi, donerà coerenza, sostegno e integrazione tra la sfera superiore e inferiore del corpo.