Alessio Rezza: “Voglio diventare un ballerino migliore”

di Francesco Borelli
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La tua storia personale racconta di un ragazzo che da una piccola provincia del Sud Italia arriva a diplomarsi al Teatro alla Scala di Milano, danza all’Opéra di Parigi e infine diventa solista al Teatro dell’Opera di Roma. Danzatori si nasce o si diventa?

Credo che sia un mix di variabili a fare la differenza. Ci vogliono il talento, l’impegno, l’ambizione e molta fortuna. Personalmente ho incontrato, lungo il mio cammino, coreografi e direttori che hanno creduto in me dandomi la possibilità di ampliare la mia esperienza facendomi interpretare ruoli e stili differenti. La signora Eleonora Abbagnato per esempio ha portato qui all’Opéra lo stile di William Forsythe e quello di Angelin Preljocaj. Talentuosi si nasce, ma solo l’intelligenza e l’esperienza ti rendono un danzatore.

Hai parlato di un mix di variabili. Nella tua personale esperienza con quale ordine si sono manifestate?

Innanzitutto l’impegno, dedicarsi cioè totalmente al raggiungimento di un obiettivo. E poi, di certo, l’ambizione. Le faccio un esempio. Entrai alla scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano. Dopo un mese di prova di pre-selezione non fui riconfermato. Mi trasferii a Roma e iniziai a studiare all’Accademia Nazionale di danza. Facevo due, tre lezioni al giorno e dopo un lungo lavoro mi ripresentai alla Scala. Avevo deciso che era il posto giusto per me e che lì volevo stare. Fui preso e mi diplomai nel 2008.

Dopo il diploma cosa accadde?

Lavorai per un po’ di tempo al Maggio Musicale Fiorentino. Dopo qualche mese però, lasciai. Era un momento difficile per via di tutti i problemi che da lì a poco portarono alla chiusura del corpo di ballo. Feci quindi alcune esperienze di lavoro con Luciano Cannito che mi volle per il suo “Romeo e Giulietta” e tentai l’audizione sia all’Opera di Roma sia all’Opéra di Parigi. Feci un mese qui a Roma sotto la direzione della signora Carla Fracci e poi mi chiamarono da Parigi. Era Ottobre e mi comunicarono che avrei ballato in “Schiaccianoci”.

L’Opéra di Parigi è in assoluto un tempio della danza mondiale. Che cosa hanno visto in te durante l’audizione?

Davvero non lo so. Me lo chiedo tuttora. Ogni audizione è un grande punto interrogativo. Dipende moltissimo da ciò che cercano. In quel caso, probabilmente, mi richiesero cose che in qualche modo valorizzarono la mia tecnica e le mie attitudini.

Quali sono i tuoi punti di forza come danzatore? E quali i tuoi limiti?

Ho sempre puntato sulla tecnica, sul virtuosismo e sulla pulizia. Ho lavorato moltissimo per affinare questi aspetti proprio perché consapevole dei miei limiti. Ho sempre avuto un’altezza inferiore rispetto a molti miei colleghi e di conseguenza linee meno belle. Non sono nato con il collo del piede né con aperture stratosferiche. Ma questo ha fatto sì che lavorassi ancora di più senza concedermi tregua né lassismi di sorta.

Sembri una persona molto determinata.

Non so se sono determinato. Di certo m’impegno moltissimo. La danza è un’arte che ti mostra i risultati solo col passare del tempo e con il duro lavoro. Ed io ho la capacità di sapere aspettare.

La danza secondo te è per tutti? O è destinata a pochi eletti?

Non credo sia per tutti. Ho visto ragazzi con tutte le carte in regola per diventare ottimi professionisti perdersi nel tempo. La danza richiede una dedizione e un impegno totali. E non sono molte le persone che hanno questo genere di qualità.

Oggi sei solista presso il Teatro dell’Opera di Roma. Eleonora Abbagnato, la nuova direttrice, ti sta dando tante possibilità per dimostrare ancora di più il tuo valore. Cosa ne pensi?

Con l’arrivo della signora Abbagnato c’è stato un cambio radicale. Non soltanto per me ma per tutta la compagnia. Oggi possiamo danzare un repertorio internazionale e avere ambizioni che prima non potevamo permetterci. Interpretare grandi balletti significa avere a che fare con ottimi coreografi e di conseguenza validi ripetitori e maître de ballet. Questa è la strada giusta per migliorare sempre di più e diventare una compagnia ancora più forte.

Per quanto mi riguarda, già dopo pochi mesi dal suo arrivo mi ha dato la possibilità di interpretare il ruolo di Albrecht in "Giselle". Ruolo che ho sempre amato ma che temevo di non essere in grado di ricoprire. Albrecht è un principe e, come dicevo prima, non credo di avere le caratteristiche fisiche che un ruolo di questo tipo richiede. Poi è un personaggio complesso che in soli due atti vive sulla propria pelle tutte le emozioni legate alle passioni umane.

Qual è il coreografo nel cui stile t’immedesimi completamente?

Certamente Roland Petit. Nei suoi balletti la fantasia lascia spazio a una grande concretezza. Le sue coreografie sono terrene, reali. Puoi mettere molto di tuo nei suoi balletti e questo è un grande dono che Petit fa a tutti i suoi danzatori. Qualche sera fa a Modena ho danzato il ruolo di Frederi in “Arlesienne”. Già nel 2013 avevo ballato questa coreografia alle Terme di Caracalla e m’innamorai di questo personaggio straordinario. In passato ho danzato “Coppelia” e il ruolo del bandito nella sua meravigliosa “Carmen”. Luigi Bonino, Direttore dei balletti Roland Petit, mi ha dato moltissimo in termini d’insegnamento e consigli.

Hai appena debuttato in “Le Parc” di Angelin Preljocaj. Altro ruolo, altro balletto, altro stile.

È un altro balletto geniale. Uno stile particolare che coreograficamente consente di sviluppare nel corso dei tre atti di cui si compone, un vero crescendo dei sentimenti d’amore. Io interpreto uno dei quattro giardinieri e abbiamo lavorato moltissimo sul sincrono perfetto e l’insieme. Come fossimo una persona sola.

Che tipo di ballerino ritieni di essere?

Amo la danza tutta. Mi piacciono tanti stili, in primis il balletto classico. Di certo coreografie più moderne mi permettono di dare di più a livello interpretativo. Di regalare ai personaggi che vivo sulla scena, un’impronta personale. Con lo stile prettamente accademico a volte non è possibile. 

Hai solo ventisette anni e una carriera avviata e felice. All’inizio di questo incontro mi parlavi di ambizione. Che cosa vorresti diventare in futuro?

Voglio diventare un ballerino migliore.

Sei realmente una persona così saggia e coscienziosa?

Non so se definirmi una persona saggia. Di certo mi piace pensare che le esperienze che ho avuto mi abbiano insegnato delle cose. E ancora di più che sia riuscito a farne tesoro. Questo è ciò che conta per me. 

CREDITI FOTOGRAFICI: Simone Ghera e Yasuko Kageyama

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