Eccoci qui per l’ultimo appuntamento con la domanda “Che cos’ è la Danza Contemporanea”?
Sicuramente è stato molto difficile per noi dare delle risposte chiare e concrete ad una domanda cosi complessa. Le teorie a riguardo sono varie, come varie sono le correnti di pensiero; l’unica cosa certa cui possiamo appigliarci è la storia.
Ci siamo lasciati con la rivoluzione fatta da Yvonne Rainer, Trisha Brown, Steve Paxton e i colleghi del Judson Dance Theatre. I semi piantati da questi pionieri hanno avuto, negli anni, una fioritura.
In America dagli anni ’50 in poi il balletto classico stava vivendo una profonda evoluzione grazie al maestro George Balanchine. Lui rivisitò alcuni principi del balletto introducendo l’oscillazione del bacino, la ricerca di una costante dinamica e la velocità nell’esecuzione dei passi, l’utilizzo di una forte energia ma anche il sapersi abbandonare al movimento; aprendo così le porte a un nuovo genere: il balletto neoclassico. Dal balletto neoclassico è nato poi il balletto contemporaneo, di cui individuiamo quale padre e maestro William Forsythe. La domanda a questo punto sorge spontanea: che differenza c’è tra il balletto classico e il balletto contemporaneo? Sicuramente ciò che accomuna i due ambienti è l’utilizzo di un codice: quello della danza classica accademica. Ciò che cambia è che nel balletto contemporaneo si sviluppa una ricerca che può prendere varie forme: ricerca sui disequilibri, sull’uso del pavimento, sulle dinamiche, ecc…
Intanto nella concezione europea di danza contemporanea tra gli anni ’80 e ’90 si sviluppa una nuova dimensione di movimento che chiameremo Physichal Movement. Con questa ricerca i coreografi iniziano un dialogo tra le diverse arti (danza, video, recitazione, musica, poesia, fotografia, ecc.), non utilizzano più alcun tipo di tecnica codificata, premiano il gesto atletico, tanto che alcuni di loro hanno iniziato le sperimentazioni non con danzatori ma con atleti, sportivi e artisti di vario genere. Ci riferiamo a coreografi e registi come Jan Fabre, Wim Vandekeybus, Emio Greco ed altri.
Negli anni ’90 il coreografo francese Jérôme Bel inizia un’ultima rivoluzione: porta la danza e l’arte ad uno stadio performativo rompendo definitivamente il confine che c’è sempre stato tra spettatore e artista. Così facendo l’artista diventa spettatore della performance e viceversa. Si definisce così un percorso, iniziato molti anni prima, di democratizzazione della danza.
Tra gli anni ’90 e il 2000 coreografi provenienti dall’Oriente danno il via a un nuovo fenomeno: il fusion. Il termine “fusione” letteralmente significa “riunire più elementi per formare un tutto unico”. Alcuni coreografi iniziano a sviluppare un movimento determinato dalla mescolanza di varie tecniche; un esempio tra tutti è quello di Akram Khan (coreografo di origine indiana ma trapiantato a Londra) che svilupperà la sua ricerca fondendo la contemporaneità con la danza classica indiana.
Parlando sempre di Oriente è doveroso aprire un focus sulla nuova danza israeliana, mondo fatto di storia, profondità, immagini e visioni che artisti come Hofesh Shechter hanno diffuso in tutto il mondo. Ad oggi l’esponente maggiore della danza israeliana è Ohad Naharin, coreografo della rinomata Batscheva Dance Company. Ohad ha sviluppato un suo linguaggio chiamato Gaga, una pratica che si basa sull’improvvisazione che porta il danzatore a sviluppare una delle cose più importanti: il piacere di muoversi. Gli elementi innovativi del Gaga stanno nel fornire immagini e visioni che portano il danzatore a sperimentare sempre qualcosa di nuovo e l’approccio ultimo di diffusione della pratica anche a non-danzatori sostenendo che “in ogni essere umano c’è un danzatore”.
Per scelta abbiamo tralasciato una grossa corrente della storia e della contemporaneità: il teatrodanza. Mondo che approfondiremo nei futuri appuntamenti.
Per saperne di più vi aspettiamo al prossimo numero di CONTEMPORARY ZOOM