Cinque titoli, sei coreografi, e tredici repliche di danza per lo Stabile di Napoli

di Massimiliano Craus
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E’ stata presentata la nuova stagione di prosa e danza del Teatro Stabile di Napoli, diretto da Luca De Fusco, orientata quanto mai ad una programmazione eterogenea ma assolutamente di minimo impatto “commerciale”. Si evince soprattutto una mano culturale dietro le quinte artistiche di questi cartelloni, tutti confluenti nell’unicum sotto l’egida del Teatro Mercadante di Napoli.

Quest’anno la stagione della danza al Teatro Stabile di Napoli sarà dunque a tinte primaverili. Eh sì, perché i quattro palcoscenici del Mercadante con Ridotto, Politeama e San Ferdinando si sono divisi la stagione di danza dal 9 al 17 marzo in un turbinio di cinque titoli, sei coreografi e tredici repliche per una stagione nella stagione, a metà strada tra il recupero dei classici e l’approfondimento delle avanguardie. Si parte il 9 marzo al Teatro Politeama con il ritorno dell’eclettico José Montalvo e la sua “Carmen(s)” di Bizet, in un’immersione coreografica nei sogni e nelle vicende personali del coreografo attraverso l’emancipazione femminile e soprattutto l’intrigo perfetto delle razze assai in voga di questi tempi.

Dal 12 al 14 marzo al Teatro San Ferdinando irrompe Virgilio Sieni, guru della danza contemporanea italiana che affida a “Petruska” il suo registro linguistico per raccontare più o meno fedelmente il mito stravinskijano della marionetta. Lo spettacolo si sviluppa proprio intorno alla relazione tra marionetta e tragedia, in un ciclo di azioni sentimentali sulla natura del gesto anticipato ed introdotto dai quattro quadri di “Chucrum”, prologo dedicato alla nascita dell’uomo. Il 13 marzo prende il via la quattro-giorni di Gabriella Stazio, storica direttrice napoletana di Movimento Danza. Qui “Il luogo del paradosso” diventa il Ridotto del Mercadante dove, nei due episodi dei quattro giorni previsti, la coreografa racconta le dicotomie umane tra esperienza quotidiana e straordinaria, ragione e contraddizione, dove ognuna delle quattro serate è l’episodio di un discorso unico.

Sbirciando tra i titoli del cartellone del Teatro Mercadante salta invece all’occhio il nome di Medea, uno dei personaggi più celebri e controversi della mitologia greca, proposta al pubblico dal 15 al 17 marzo prossimi nella versione coreografica di Emio Greco e Pieter C. Scholten dal titolo “Non solo Medea”. Qui i danzatori condividono il palcoscenico con le parole del teatro antico, recitate da Manuela Mandracchia, ed il suono perentorio delle percussioni in un turbinio in cui l’amore e la lotta la faranno da padrona tra le note eterogenee dei Pink Floyd e di alcuni estratti delle Sinfonie di Beethoven e Mahler. Nipote o addirittura sorella della maga Circe, a seconda delle rispettive ricostruzioni dell’Argonautica di Apollodoro o di Diodoro Siculo, Medea è diventata protagonista anche in danza sin dal Settecento con lo spartito del tedesco Johann Cristoph Vogel prima di una moltitudine di tentativi, tra i quali vale la pena ricordare quelli di Jean-Georges Noverre e Martha Graham, fino alla più recente proprio dei coreografi Greco e Scholten.

Che già al Teatro Grande di Pompei lo scorso luglio hanno così presentato la primissima rappresentazione di “Non solo Medea”: attraverso il corpo, tanto quanto le parole e la musica, la nostra Medea indaga la fatalità e la libertà umana di fronte alla violenza nella nostra società. Uno spettacolo davvero atemporale in quanto le battaglie di ieri ricordano quelle di oggi e la rovina di Pompei rimanda alla fragilità del continente europeo. La voce dell’attrice Manuela Mandracchia restituisce infine tutta la modernità delle tragedie greche attraverso monologhi estratti da opere immortali quali “Antigone” di Anouilh, “Edipo Re” ed “Antigone” di Sofocle, ed “Ifigenia in Aulide” con naturalmente la “Medea” di Euripide nel tentativo di perseguire la strada del cambiamento a tutti i costi, anche attraverso le sette parti danzate di esposizione, rifiuto, presa di coscienza, rimpianto, accettazione, rivolta ed esodo.

La chiosa è invece appannaggio di Antonello Tudisco in scena il 17 marzo al Teatro San Ferdinando con “Act of mercy”, evidentemente ispirato al dipinto “Le sette opere della Misericordia” di Caravaggio. Qui però i corpi dei danzatori non rappresentano un’immagine ideale bensì concreta e alla ricerca strenua di un benessere collettivo.

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