Da 140 anni “La Bayadère” appassiona l’oriente e l’occidente

di Massimiliano Craus
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Ci sono anniversari ed anniversari nella storia del balletto ma quello di questi giorni è davvero un appuntamento molto importante. Si festeggiano le centoquaranta primavere de “La Bayadère” di Ludwig Minkus e Marius Petipa, sodalizio assai fortunato della danza del secondo Ottocento già impegnato qualche annetto prima con il riuscitissimo “Don Chisciotte”. Qui ci piace ricordare la storia di Nikya, la bayadera protagonista dell’omonimo balletto portato in scena per la prima volta al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo il 5 febbraio del 1877 (o il 23 gennaio secondo il calendario giuliano). Nella prima rappresentazione il cast era composto dalla Nikya di Ekaterina Vazem mentre Pavel Gerdt era Solor, Lev Ivanov era il Rajah, Maria Gorshenkova interpretava Aiya e Maria Petipa era l’antagonista Gamzatti.

Il ruolo di Nikya è molto importante per la storia della danza russa, non tanto per la bravissima ballerina Ekaterina Vazem quanto per la scelta caduta sulla sua figura ad interpretare il ruolo della protagonista. In quegli anni si respirava forte la diaspora dalla Francia e dall’Europa dei migliori artisti, soprattutto dopo la sconfitta francese di Sedan per mano della Prussia di Bismark. La portata di quell’evento storico è spesso stata sottovalutata dagli addetti ai lavori, ridimensionando erroneamente una serie di eventi politici che hanno spinto il propulsore coreutico della potente e ricca Russia. E’ proprio in quegli anni che San Pietroburgo e Mosca hanno messo le radici e poi consolidato il proprio ruolo nell’ideale palcoscenico del mondo della danza. E “La Bayadère” è uno di quei titoli che ha assegnato alla Russia ed al suo coreografo marsigliese la palma rivoluzionaria e romantica dell’esotico romanticismo imperante.

Il secondo Ottocento era caratterizzato dalla fervida curiosità per i mondi al di là dell’Occidente, spinta senz’altro dalle massicce incursioni europee nei territori vergini da conquistare. E la lettura ed il racconto di tutte quelle storie ha arricchito oltremodo la fantasia e la creatività dei coreografi e dei compositori più sensibili, a cominciare da Marius Petipa e Ludwig Minkus. Che dopo i successi del “Don Chisciotte” del 1869 avevano in mente di bissare la loro collaborazione con l’idea de “La Bayadère”. Ed il ruolo di Nikya divenne anche l’occasione per lanciare la nuova stella del firmamento russo, scegliendo Ekaterina Vazem quale alternativa “autoctona” alle tante prime ballerine provenienti dalla Francia, dall’Italia e dagli altri paesi occidentali. La mossa politica godeva dell’appoggio incondizionato di tutti soprattutto perché non si poteva più tollerare l’invasione di ballerine straniere sui palcoscenici di Mosca e San Pietroburgo!

Proprio nell’anno in cui il coreografo ceco Julius Wenzel Reisinger aveva allestito il suo “Lago dei cigni” sullo spartito di Piotr Ilich Ciaikovskij. Eh sì, quella prima versione moscovita del lago al Teatro Bolshoi avrebbe potuto scalzare la storia indiana di Marius Petipa ma era impresa assai ardua. Il titolo “lacustre” andò incontro ad un fallimento senza precedenti al contrario de “La Bayadère” che invece aveva riscosso un gran successo di critica e pubblico. Una coincidenza importante lega le due città russe più importanti della danza con il 1877 sugli scudi e due titoli in scena contemporaneamente. Il destino poi vorrà assegnare nel 1895 il “Lago dei cigni” proprio a Marius Petipa e non più a Mosca, bensì a San Pietroburgo. Diciotto anni dopo quel balletto di Piotr Ilich Ciaikovskij divenne da esperimento mal riuscito a balletto più apprezzato di ogni tempo. Una storia che oggi conosciamo bene ma che parte lontano, esattamente centoquaranta anni fa.

I settecento chilometri di distanza tra San Pietroburgo e Mosca riassumono la grande differenza tra il successo di Marius Petipa e Ludwig Minkus ed il fallimento di Julius Wenzel Reisinger e Piotr Ilich Ciaikovskij. Mentre il libretto moscovita affondava nel lago ecco che la tragedia dell’indiana Nikya appassionava ed accendeva l’inverno russo, con le semplici vicende danzate in sontuose scene e ricchissimi costumi. Proprio ciò che il pubblico coevo cercava in platea per soddisfare le proprie curiosità e conoscere i tanto decantati nuovi mondi. Così il valoroso guerriero Solor amava la giovane bayadera Nikya inconsapevole però di essere stato scelto dal Rajah per sposare la figlia Gamzatti. Tuttavia la protagonista era amata dal Bramino e, nel frattempo, Solor le aveva giurato amore eterno. Quando poi il guerriero accetta di sposare Gamzatti è lei stessa a svelare a Nikya il suo fidanzamento e qui comincia il tormento della giovane bayadera. Fin quando la schiava Aya propone a Gamzatti di ucciderla. Nel secondo atto vi è la danza delle baiadere alla quale partecipa anche Nikya. Aya le dà così un cesto di fiori nel quale è nascosto un serpente velenoso che la morde. Il Bramino interviene in tempo e le propone di salvarla, a patto che lei accetti di sposarlo ma Nikya rifiuta e danza fino alla morte. Nel terzo atto Solor, per dimenticare il dolore della morte della sua amata, fuma oppio, si addormenta e si ritrova nel regno delle Ombre e tra esse ritrova anche l’amata Nikya alla quale giurerà fedeltà eterna. Nel quarto atto durante le nozze tra Solor e Gamzatti il tempio crolla seppellendoli sotto le macerie.

La versione integrale de “La Bayadère” è un allestimento ancora appannaggio del solo Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, comprensiva del quarto atto del cosiddetto crollo del tempio. Del resto proprio da quel palcoscenico si è partiti per la prima tournée in Occidente nel lontano 1961 con “La Bayadère” poi ripresa da Rudolf Nureyev per il londinese Royal Ballet nel 1963 e da Natalia Makarova per l’American Ballet Theatre nel 1974. Un viaggio nel tempo avviato quasi un secolo dopo la prima rappresentazione a dimostrazione delle oggettive difficoltà legate alla valorizzazione dei titoli di balletto russi dell’epoca sovietica.

Crediti fotografici: Marco Brescia

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