“Dancer”. La vita di Sergei Polunin in anteprima al 58° Festival dei Popoli

di Beatrice Micalizzi
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Il prossimo 10 ottobre si aprirà a Firenze la 58esima edizione del Festival dei Popoli, manifestazione internazionale il cui scopo è quello di promuovere e diffondere il cinema documentario d’autore e il cinema di ricerca, favorendo il confronto tra esperienze diverse.
Nella serata inaugurale, verrà presentata l’anteprima italiana di Dancer, il docu-film firmato Steven Cantor che racconta i retroscena della vita di Sergei Polunin, enfant terrible del balletto, uscito lo scorso marzo.
Questo moderno James Dean, bello e dannato dal fascino misterioso, a soli 27 anni, si è già guadagnato il titolo di “ballerino più dotato della sua generazione” (New York Times), facendosi amare dal pubblico mondiale nonostante la sua condotta non sia stata tra le più ammirevoli.

Cantor, regista non avvezzo al mondo della danza, ha voluto far luce sull’infanzia e sull’adolescenza di Polunin, partendo da brevi flashback dei suoi familiari, che lo ricordano “in grado di trasportare se stesso dentro la musica”, fino ad oggi, passando attraverso gli anni più controversi, anni di grande dissidio interiore, quando la sua linfa vitale sembrava essere sparita del tutto. Recuperando i vecchi filmati che lo ritraggono mentre piroettava nella sua casa, in una poverissima Ucraina, Cantor racconta la sua storia nascosta, al di là del palcoscenico e dello smisurato successo che Sergei ha ottenuto.

Sì, perché difficilmente nel mondo della danza si sente parlare di droga e tatuaggi, né tantomeno di danzatori ribelli, estremamente dotati che rinnegano il proprio dono. Polunin massimizza la sua contraddittorietà lasciando il Royal Ballet, la scuola che lo aveva cresciuto e formato, la Compagnia di cui a soli 19 anni diventa Primo ballerino, per tornare in Russia.

Tuttavia Polunin vive ancora anni di amore-odio verso la danza, meditando costantemente di ritirarsi dalla scena, e il 2015 gliene offre occasione. David LaChapelle lo dirige nel video di Take me to Church di Hozier, dove interpreta una coreografia eccezionale, una performance ineguagliabile descritta da Polunin come suo formale addio alle scene, per dedicarsi a una vita normale. Questa la sua intenzione prima che il video diventasse un fenomeno virale, con oltre 21 milioni di visualizzazioni, facendo sì che in lui la volontà di abbandonare la danza si affievolisse.

Cantor termina qui il suo documentario, ben prima di poter registrare un’ulteriore svolta nella vita di Polunin, oggi decisamente meno tormentata, ovvero l’incontro con Natalia Osipova, ballerina russa, di cui si innamora. Lei, come sostiene lo stesso Polunin, lo aiuta a ritrovare il suo perduto amore per la danza e a proseguire la sua carriera, lasciandosi alle spalle i suoi demoni e le sue inquietudini.

Ecco spiegata la scelta di aprire il Festival dei Popoli con il documentario di Cantor; come ricorda Vittorio Iervese, Presidente della manifestazione, lo scopo, e insieme sfida più difficile, è quello di “portare i margini al centro… in barba alla concorrenza, alle convenienze e alle mode”. Sergei Polunin oggi è l’idolo del pubblico oltre a essere al centro delle attenzioni dei media internazionali ma lo è diventato pur essendo stato un vero e proprio outsider, irriverente, con la fortuna un po’ maledetta di essere straordinario.

Il film, dopo l’anteprima di Firenze, verrà distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Wanted.

Festival dei Popoli
Vicolo di Santa Maria Maggiore, 1; 50123 Firenze
tel. +39 055 244778[email protected]
www.festivaldeipopoli.org

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