Danza e Musica per gli altri. A dirigere, il maestro Bregovich

di Vittoria Maggio
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Lo scorso 15 settembre, si è danzato per aiutare a costruire un ospedale pediatrico all’Auditorium di Milano. Il pubblico sin dalle prime note si è alzato in piedi e ha iniziato a ballare liberamente sulle note balcaniche di Goran Bregovich e della sua magica orchestra che incrocia echi est-europei, arabi e note da messa da requiem cattolica. Al di là delle differenze politiche e culturali ancora una volta la musica e il ballo uniscono le persone e aiutano chi ha più bisogno di noi. L'incasso del concerto è stato devoluto interamente in beneficienza.

Dopo l’iniziale brano mesto in solitario di Goran, entrano in sala fra il pubblico i tanto attesi ottoni e comincia la festa: tutti battono le mani a tempo, tengono il ritmo, qualcuno canticchia e molti iniziano a ballare sorridendo gli uni agli altri, saltellando a coppia o singolarmente.

I colori dei costumi tradizionali, l’oro degli ottoni, il bianco dell'abito del maestro illuminano il palcoscenico; l’allegria alternata a tristezza di note danzanti e suonate dalla sua storica orchestra “di matrimoni e funerali”, come ama chiamarla lui, richiama quell’eterno contrasto di vita e morte di cui è fatta la nostra esistenza.

Quest'anno il concerto ha dato molto spazio alle musiche più impegnate, a volte malinconiche e sofferte, connotate dalla severità del suono costante della grancassa alla quale si contrappone la celestiale voce delle due cantanti.

Forse la scelta di Goran Bregovich è stata determinata da un  mondo oggi più in lutto che mai? Uno degli ultimi brani termina con la parola “libertà “… Forse non è un caso.

A tratti ipnotici, alcuni brani ti portano quasi  all’abbandono di una dimensione conscia per trascinarti in un'altra più ancestrale profonda, lontana, dentro nel nostro passato secolare. E le persone si lasciano andare a questa danza quasi di trance.

D'altro canto… “Chi non diventa pazzo non è normale” dice Goran Bregovich a metà spettacolo, citando  il titolo del suo concerto.

Dal sacro si passa al profano nella seconda parte dove non mancano naturalmente le balcaniche “marcette” tipiche  e così definite, quasi con sdegno, da supposti intenditori musicali! E invece sono belle le marcette di Goran Bregovich nel loro semplice ritmo uno/ due, quello a noi  più naturale, quello del nostro cuore, del nostro respiro, del nostro essere. Il primo ritmo che ci insegnano alla prima lezione di danza!

Forse per questo eravamo tutti sorridenti e felicemente danzanti nel nostro clap- clap di  battere di mani che hanno accompagnato con gioia due ore e mezza di ritmo incalzante! Ci ha anche rimproverato il maestro perché sulla intima “In The Dead Car” non dovevamo fare Clap-clap…“non c'è ragione, non ha senso” … “Cantate il lalalà!”

È così si è danzato, suonato e cantato…per gli altri. diretti tutti dal maestro Bregovich!

Un abbraccio.

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