Attesissimo, al Teatro Alla Scala di Milano, il prossimo debutto del capolavoro di Wayne McGregor, coreografo residente del Royal Ballet, dal titolo Woolf Works, in scena dal 7 al 20 aprile p.v.
Protagonista un’altrettanto attesa Alessandra Ferri; accanto a lei, sul palco, il principal dancer della compagnia londinese Federico Bonelli. Ad alternarsi nei primi ruoli, nelle recite successive, Emanuela Montanari e Antonino Sutera, mentre il secondo atto sarà interpretato da primi ballerini e solisti scaligeri, fra cui Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Claudio Coviello, Christian Fagetti, Virna Toppi e Nicola del Freo.
«Woolf Works mi ha cambiato la vita. È il lavoro che mi ha portato a scoprire, a 50 anni, un nuovo universo creativo» afferma l’étoile. Woolf Works è per Alessandra Ferri un ritorno alle origini, la chiusura di un cerchio: è dal Royal Ballet che la sua carriera strepitosa ebbe inizio, quando lei aveva solo 19 anni, ed è lì che è iniziata la sua straordinaria collaborazione, nel 2015, con McGregor. A vent’anni la Ferri ricevette il suo primo Olivier Award for “Outstanding Achievement in Dance”, il massimo riconoscimento britannico per la danza; nel 2016, con questo balletto, riceve il secondo.
Mai rappresentato prima in Italia, questo lavoro, che ha avuto la sua prima assoluta l’11 maggio 2015 presso la Royal Opera House di Londra, ha portato Wayne McGregor a vincere il Critics’ Circle Award come migliore coreografia classica e il suo secondo Olivier Award come “Best New Dance Production”.
Il balletto, in tre atti, si avvale della partitura originale di Max Richter, che include musica elettronica e musica dal vivo, per la direzione d’orchestra di Oleg Caetani, e celebra il mondo artistico e letterario ma soprattutto la personalità di una delle scrittrici più eclettiche e straordinarie del XX secolo.
Il pioneristico stile letterario di Virginia Woolf ispira a Wayne McGregor il brillante trittico da lui coreografato, in cui a lettere, saggi e diari che parlano della vita della scrittrice si intrecciano i temi di tre dei romanzi più importanti della Woolf, che all’interno della serata scandiscono altrettanti momenti distinti: I now, I then (da Mrs. Dalloway), Becomings (da Orlando), Tuesday (da Le Onde).
Il primo brano del trittico I know, I then ispirato al romanzo Mrs Dalloway, è un viaggio emozionale ed evocativo. Una coreografia che restituisce attraverso il movimento il fluire di stati d’animo e dimensioni emotive.
Becomings, la parte centrale, è ispirata a Orlando, il personaggio che attraversa tre secoli senza mai invecchiare e in costante mutazione fra maschile e femminile. La scena qui è inondata da laser e il movimento è ipercinetico. I rapporti sono fugaci e l’esperienza del tempo e dello spazio è relativa.
L’ultimo brano, Tuesday, che prende spunto da The Waves, fonde temi tratti dal romanzo con l’evocazione del suicidio di Virginia Woolf per annegamento. Il suo procedere verso l’acqua, da casa fino al fiume Ouse, è un cammino solo suggerito.
«Per me» puntualizza la Ferri «questa coreografia è una riflessione sulla vita, rappresenta il lasciar andare ciò che non ha più senso per trovare pace con il proprio vissuto». Rappresenta anche un punto di svolta nello stile di Mc Gregor: «È un approccio nuovissimo e la sua riuscita è molto forte, arriva direttamente allo stadio emotivo del pubblico» afferma l’étoile, che in scena interpreta contemporaneamente Mrs Dalloway e la scrittrice stessa. Del resto, ogni artista mette sé stesso nella propria opera, ma Mc Gregor è riuscito, insieme ad Alessandra Ferri, a costruire un personaggio in cui i confini fra l’autore e la sua creatura sono così labili da essere quasi totalmente inesistenti. Ciò che il pubblico vede e guarda non sono mai fatti tangibili ma sono sempre le sensazioni, le emozioni che tali eventi suscitano nell’animo dei personaggi che le vivono.
Ad aprire lo spettacolo sono le parole della stessa Virginia Woolf, nell’unica registrazione esistente del 1937 per un programma radiofonico della BBC.
«…How can we combine the old words in new orders so they survive, so they create beauty, so that they tell the truth? That is the question.»
Come possiamo combinare le vecchie parole in nuovi ordini così che sopravvivano, così che creino bellezza, così che dicano la verità? Questo è il punto.