Diana, Even: circoli mitologici di azioni contemporanee

di Elio Zingarelli
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Lo spettacolo Diana, Even, presentato in prima nazionale presso il Teatro Argentina di Roma lo scorso 7 ottobre, nell’ambito del Romaeuropa Festival 2023, mette in scena una rilettura del mito di Diana.

La coreografa e danzatrice greca Kat Válastur, berlinese d’adozione, rielabora, riformula e attualizza questo materiale mitologico circoscrivendolo in uno spazio lunare e notturno che si connota fin da subito di una ritualità suggerita anche dalla circolarità del cerchio che prima posto a terra, proprio sulla terra vera che ricorpre il palcoscenico, viene poi sollevato dalle quattro meravigliose interpreti: Xenia Koghilaki, Malika Lamwersiek, Ogbitse Omagbemi, Tamar Sonn.

Un hula hoop, forse, simbolo dell’immaginario contemporaneo che coabita con lo spazio-tempo mitico provocando un cortocircuito sul quale poggia l’intero lavoro della coreografa interessata al mito come deposito di contenuti in grado di sollecitare interrogativi sul nostro presente, rivelarne un’inedita vitalità promuovendo punti di vista non sempre concilianti. Qui Diana è ripetutamente cacciatrice e vittima determinando nuovamente un’azione circolare che si realizza mediante un agire trasformativo: ovvero, quello dei corpi delle danzatrici che dopo aver sbranato la preda, in un’alternanza di palesamenti e nascondimenti dietro i pesanti abeti drappegiati dello scenografo Leon Eixenberger disegnano figure che si compongono e si scompongono, diventano corpi animali e poi corpi nudi. E sono queste ultime sembianze di nudità a rivelare senza equivoci la loro femminilità: un ulteriore elemento di indagine che nonostante il disinteresse di Kat Válastur per le questioni squisitamente di genere, conferisce alle vicende menzionate delle tinte di immediata attualità. La preda evoca la donna vittima del femminicidio e al contempo rimanda alla “crisi biologica” e “all’uccisione della biosfera”, come si legge nel programma di sala.

A rendere più profonda questa incursione nel femminile c’è l’ensemble vocale greco Pleiades: le quattro cantanti polifoniche si esibiscono dapprima sul retropalco poi calpestano la terra sul palco interagendo con le quattro performer. Nel finale, insieme come un unico corpo, camminano verso il pubblico attraversando quello spazio organico e materiale. Proprio come la materia Diana, Even attraversa stati diversi, compie passaggi che conducono a una dimensione indefinita, inquietante, ipnotica ed elettrizzante. Un’opera di danza materica ed evocativa che non lascia spazio e non concede compiacenze coreografiche ma destabilizza, offre occasioni di discussione sulle tematiche proposte e dispensa possibilità per “una trasformazione fisica e spirituale”.

CREDITI: http://katvalastur.com/project/dianaeven/

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