Divo Nerone – opera rock: la voce degli artisti sul flop del musical colossal

di Alessandra Colpo
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È Riccardo Maccaferri il portavoce degli artisti dello sfortunato “Divo Nerone – opera rock”, musical colossal che sta letteralmente “infuocando” la cronaca dello spettacolo italiano. In scena con il personaggio di Tullio, Riccardo Maccaferri dà voce a tutto il cast artistico di uno spettacolo dalle grandi promesse, finanziato dalla Regione Lazio per 1.050.000 euro e costretto alla sospensione per mancati permessi, sulle spalle una denuncia di inquinamento acustico e attualmente al centro delle polemiche anche per i mancati pagamenti degli stipendi e per le condizioni con cui veniva trattato il cast artistico e tecnico.

Di seguito le dichiarazione dell’attore.

Il tutto è iniziato circa un anno fa quando la produzione di Divo Nerone mi ha chiamato per riferirmi che ero stato scelto per il ruolo di Tullio e che ci saremmo risentiti da lì a breve per firmare una lettera d’impegno. Tale lettera richiedeva assoluta disponibilità a partire dal primo di marzo 2017 e con la quale veniva bloccato il cachet discusso con la stessa produzione, cachet ovviamente accettato viste le mille promesse che i produttori hanno messo sul tavolo, le garanzie di un piano di lavoro davvero efficiente (che purtroppo tale non è stato), la partecipazione di un ente come Lazio Innova S.p.A. investitore nel progetto per 1 milione e 50 mila Euro, i diversi patrocini istituzionali presenti (Mibact, Comune di Roma, ecc.) che hanno sostenuto questa iniziativa e i molteplici premi Oscar presenti.

Qualche settimana prima delle prove vengo contattato dalla Sig.ra Rebecca Huner, produttore esecutivo di Divo Nerone, la quale mi propone un cachet forfettario per i 3 mesi di prove che avremmo dovuto sostenere. Cachet a dir poco ridicolo visto che non vivevo a Roma e comunque un compenso al di sotto del minimo sindacale previsto dal CCNL.

Riviste le condizioni di quest’ultimo, condizioni rimaste comunque al di sotto del minimo sindacale, iniziamo le prove il primo di marzo agli studi Lumina di Roma.

Non nascondo che inizio le prove con forti dubbi su questa produzione. Uno spettacolo che sarebbe andato in scena per tutta l’estate in un’arena da 3000 posti e che non era ancora stato minimamente pubblicizzato. Tutto davvero strano, ma provo a fare il mio lavoro senza pensare a quello che non mi riguarda, sperando che la produzione sappia quello che sta facendo.

Le prove si rivelano una tortura.Una disorganizzazione mai vista prima: convocazioni senza alcun senso, ore ed ore perse a non far nulla in mezzo al prato degli studi Lumina.

Ci veniva richiesto di rimanere oltre l’orario di prove stabilito per la registrazione del CD o per registrare dei video che sarebbero serviti per le proiezioni previste nello spettacolo.

Tutto questo senza un minimo riconoscimento. Se ci veniva fornita un po’ di acqua naturale era tanto.

Passato il primo mese e mezzo di prove senza contratto, quest’ultimo da noi richiesto diverse volte ma non pervenutoci per colpa, a detta della produzione, di problemi avuti con la cooperativa che ci avrebbe assunto ovvero la SO.VI.A. SOC. COOP., cooperativa “in prova” per un solo mese, obbligati a diventarne soci e dalla quale aspettiamo ancora le dimissioni controfirmate, iniziano anche i primi ritardi sui pagamenti così che, il mese di marzo, ci viene pagato il 19 di Aprile.

E intanto ancora nessuna pubblicità circola per Roma e la pagina Facebook dello spettacolo conta solamente un migliaio di like. A dir poco ridicolo quando oltretutto vieni a conoscenza che i biglietti vanno dai 50 Euro fino ai 198 Euro.

Le prove continuano e le problematiche sono sempre maggiori:

– Un copione inglese di cui ci vengono fornite solo le prime 20 scene di 34 a un mese e poco più dal debutto.
– Uno spettacolo che deve durare massimo 2 ore e che ne dura circa 3 ma nessuno si decide a fare i tagli. Il povero maestro Landi non sapeva più dove sbattere la testa per far sì che questi tagli venissero effettuati.
– Microfoni e impianto di una qualità pessima, arrivati a fine aprile, che non ci mettono nella condizione di provare serenamente.
– Costumi di scena che non arrivano.
– Ore di attesa ad aspettare le varie TV nazionali per registrare dei servizi promozionali, per poi scoprire che la registrazione era stata annullata.
– Attori, figuranti e comparse mancanti, arrivati 2 settimane prima del debutto ed obbligati quindi a far recitare alcune scene all’assistente alla regia Cristina Arró durante le prove.

Il 3 maggio ci spostiamo al Palatino per l’ultimo mese di prove.

I nostri occhi, a primo impatto, rimangono stupiti dalla bellezza della location ma, con il passare dei giorni, tutto diventa sempre più complicato.

Servizi igienici mancanti (un bagno chimico per circa 80/100 persone), più volte siamo stati costretti ad utilizzare la natura della Vigna Barberini per fare i nostri bisogni, polvere dappertutto tanto da arrivare a casa la sera e vedere cadere acqua sporca sotto la doccia, pezzi di scenografia mancanti, impossibilità di effettuare un sound check perché le basi non erano ancora state finalizzate, costumi che continuano a non arrivare, corrente che salta perché non muniti di generatori di corrente privati ma collegati a quelli comunali.

E intanto, a fine maggio, nonostante i nostri solleciti, il bonifico non arriva così, veniamo convocati dai Sigg. Cristian Casella e Jacopo Capanna per una riunione dove ci viene comunicato che lo spettacolo non potrà debuttare il primo di giugno perché i biglietti non sono stati venduti. La cosa non ci sorprende minimamente per i motivi sopra detti. Lo spettacolo dovrà quindi debuttare il 7 di giugno con anteprima il 6.

Oltre a questo, ci viene chiesto di continuare a lavorare senza stipendio, perché impossibilitati a pagarci e ci viene proposto di saldare i mesi di aprile e maggio entro il 15 di Giugno salvo che, se ne fossero stati capaci, ci avrebbero fatto avere un acconto entro il 30 Maggio.

Che fare? Mandare all’aria mesi e mesi di impegni e sacrifici o provare a dare fiducia a questa produzione? Proviamo a dare fiducia.

Peccato che il 30 Maggio non sia arrivato nessun acconto e che il 13 Giugno ci sia stata la seconda riunione richiesta dai 2 produttori durante la quale ci dicono che non riescono a pagarci quello che ci era stato promesso.

Decidiamo così di affidarci in gruppo all’avvocato Cristiana Massaro e al suo studio legale perché la nostra situazione possa essere seguita e tutelata.

Iniziano le prime diffide da parte degli attori ma le risposte da parte della produzione scarseggiano o sono, il più delle volte, del tutto superficiali.

L’aria che tira al palatino è davvero pesante. Attori, ballerini, figuranti, fornitori, traduttori, security, team creativo, macchinisti, tecnici, parrucchieri, truccatori, sarte, costumisti, assistenti, scenografi: nessuno è stato pagato.

Gli spettacoli vanno avanti fino a quando, il 21 Giugno, riceviamo un messaggio che ci informa che lo spettacolo di quella sera era stato annullato.Veniamo così a conoscenza che le suore del convento di fronte al palco hanno sporto denuncia per inquinamento acustico.

Veniamo avvisati del fatto che avremmo ripreso le repliche già dal giorno successivo ma così non fu.

La produzione non è munita di permessi regolari per poter svolgere l’attività perciò, il 18 giugno, fu la nostra ultima replica di Divo Nerone.

A detta dei produttori il tutto si sarebbe sbloccato nell’arco di pochissimi giorni e tutt’ora vengono rilasciate interviste da parte di questi ultimi i quali dicono che lo spettacolo riprenderà entro i primi giorni di Agosto ma, arrivati a questo punto, in queste condizioni, come poter continuare a credere a quello che questa “produzione” ci dice? Come poter essere in grado di ricominciare se degli stipendi arretrati non vi è nemmeno una minima traccia?

Ad oggi sono state presentate diverse interrogazioni parlamentari tra le quali quella del vice presidente del consiglio regionale del Lazio, Francesco Storace ma ancora nessuna risposta è stata ricevuta.

Ancora una volta l’Italia si fa riconoscere per il poco rispetto nei confronti dei lavoratori. Un paese nel quale tutt’oggi il lavoro dell’artista non viene riconosciuto come tale. Viviamo un disagio davvero grande.

Molti di noi, non vivendo a Roma, hanno dovuto lasciare i residence non pagati dalla produzione e chi più chi meno, si è ritrovato a dover rifiutare offerte lavorative in Italia e all’estero perché vincolati da un contratto fino al 10 Settembre, assicurandosi così un’estate rovinata.

Abbiamo speso mesi e mesi a studiare copioni in italiano ed inglese, a cercare di migliorare le nostre pronunce per portare in scena uno spettacolo credibile, visto anche il poco tempo concessoci con la nostra English Coach. Abbiamo dato il 100% ogni giorno per il rispetto del nostro regista, per le persone che stavano lavorando come noi e per le persone che sarebbero venute a vederci, ma quello che abbiamo ricevuto è una totale mancanza di rispetto, di disorganizzazione e a mio avviso una completa inesperienza.

Un’umiliazione che a mio avviso non meritavamo.

Aspettiamo risposte concrete da parte della produzione e delle istituzioni e non ci arrenderemo finché non ci verrà dato quello che ci spetta di diritto.

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