Finche c’è tango c’è vita conclude oggi il trittico di articoli dedicato alle donne protagoniste di tanghi famosi: Alfonsina, Malena di cui abbiamo raccontato e Maria de Buenos Aires cui dedichiamo l’articolo di oggi.
Maria de Buenos Aires è un’opera tango – tango operita – su libretto del poeta Horacio Ferrer composta da Astor Piazzolla, il grande musicista creatore del nuovo tango. La sua prima rappresentazione è stata eseguita al Teatro Colón di Buenos Aires l’8 maggio del 1968.
Chi era Maria de Buenos Aires?
Nel nostro immaginario artistico Maria è Milva, la nostra cantante italiana, fra le più famose all’estero, la “nuvola rossa” di cui si incantarono grandi artisti da Giorgio Strehler ad Astor Piazzola che le dedicò questa operetta.
Milva è stata sublime cantante di tango entusiasmando i palcoscenici con le sue interpretazioni: Cumparsita, A Media Luz, Balada para mi muerte, Libertango, Rinascerò, brano di cui abbiamo parlato la scorsa primavera.
È sempre stata rara interprete di testi molto forti nei contenuti e nello stile: protagonista di brani dedicati a poveri, derelitti, vittime, “giovani puttane” alla Bertold Brecht, con una straordinaria maestria nell’incarnare quella parte della popolazione ai margini della società.
L’interprete ideale dunque di un’opera legata al tango e al suo vissuto più profondo.
La trama dell’operetta è surreale ed è divisa in due parti: nella prima parte si canta la vita e l’avventura di una prostituta di Buenos Aires e nella seconda si inscena una specie di resa dei conti dopo la morte della stessa Maria, col suo fantasma che erra per la città.
María, una giovane operaia di un’industria tessile, ingenua e onesta nei costumi, ma forse nata “un giorno che Dio era ubriaco” in un sobborgo povero di Buenos Aires, si dirige una notte verso il centro della città e viene sedotta dalla musica del tango. Diventa cantante e prostituta, ma pur sempre donna dal carattere superbo e orgoglioso e pertanto invisa a ladri e tenutari di bordello che riuniti per una messa nera ne decidono la morte.
Anche dopo la morte, Maria non ha pace e viene condannata a vagare come uno spettro nella sua stessa città. L’operetta si fa oltremodo surreale quando lo spettro di Maria, che ritrova in un certo senso la sua purezza e verginità dopo la morte, viene ingravidato da un poeta folletto. Partorisce una bimba di nome Maria che diviene il simbolo della sua rinascita, nonché del riscatto della stessa città di Buenos Aires.
Una sorta quindi di perpetua morte e rinascita che vuole essere anche specchio della crisi della città attorno agli anni sessanta, momento in cui molte persone caddero in nevrosi per la disperazione della perdita della propria identità personale, civica e sociale. La psicanalisi fiorì proprio in quegli anni a Buenos Aires e nell’operita sono frequenti i richiami alla nuova scienza attraverso numerosi simboli messi in scena.
L’opera originale di Piazzolla è strutturata in due parti di otto quadri ciascuna per un totale di sedici seduttive situazioni: le poesie di Ferrer sono bellissime, la musica di Piazzolla è innovativa e lega una narrazione non facile da seguire.
Il brano più famoso si intitola Yo soy Maria, raramente si balla in milonga, è un tango più da ascolto e da interiorizzare nel suo testo misto a rabbia, desiderio di autoaffermazione, illusione, speranza e disincanto che la voce di Milva fa sprofondare nella disperazione dell’anima!
Finche c’è tango c’è vita avrebbe voluto intervistare Milva e da lei farsi raccontare di Piazzolla e dell’operita, ma non sarebbe stato possibile, la salute di oggi di questa nostra grande artista non lo avrebbe forse permesso.
E così abbiamo trovato un’intervista di parecchi anni fa che amiamo riportare integralmente per farne omaggio agli artisti di un’opera che troppo poco spesso viene rappresentata: chissà il coraggio di paragonarsi con chi l’ha ideata mette in atto a volte troppo rispetto e conseguente rassegnazione.
Chi è Maria de Buenos Aires nelle parole di Milva, la sua protagonista simbolo?
«Non è di un personaggio definito che si parla. Maria è una metafora che si presta a molte possibili visioni. Maria è un po’ la città di Buenos Aires: la faccia, l’anima e la coscienza di una metropoli nelle sue continue ascese e cadute. Per me, piuttosto, dal punto di vista personale è anche la memoria di un incontro determinante nella mia carriera…alludo ad Astor Piazzolla.
Fu Astor in persona a regalarmi negli anni ‘ 80 la partitura di ‘Maria de Buenos Aires’ : immaginava che l’ avremmo potuta mettere in scena insieme. Quello che purtroppo non è mai invece potuto avvenire, vista la sua morte…È un genio insostituibile di cui il mondo della musica si è ritrovato orfano.
Per un certo periodo, dopo la sua scomparsa, non riuscivo nemmeno più a cantare le sue cose. Non riuscivo a trovare musicisti degni di lui e della sua arte. Poi col tempo in tutto il mondo si è andati riscoprendo la musica di Piazzolla.
E dico musica, non solo tanghi, perché la musica di Astor è contemporanea, segnata da un impianto fortemente jazzistico…La storia di ‘Maria de Buenos Aires nasce da un’idea di Piazzolla e del poeta Horacio Ferrer, che ne scrisse il libretto. Vide la luce nella Parigi della seconda metà degli anni ‘ 60, dove entrambi avevano trovato rifugio come esuli politici dal regime dei colonnelli.
E la musica non si ferma un attimo: accompagna ogni momento, anche le azioni di ballo e il recitato. Tuttavia, non è qualcosa di facile da seguirsi…. ‘Maria’ è interamente cantata e recitata in lunfardo, un dialetto meticcio che nasce dall’incontro a Buenos Aires tra lo spagnolo e le mille lingue degli emigranti.
A proposito, la parola operita non vuol mica dire operetta, ma vuole indicarne la brevità: un paio d’ore, intervallo compreso…Questa ‘Maria de Buenos Aires’ avrei voluto portarla in un vero grande teatro!”.
Ci sono in effetti opere, storie da raccontare che meriterebbero un grande teatro e sicuramente Maria de Buenos Aires è una di queste: i teatri delle nostre città italiane sarebbero palcoscenici perfetti per questo gioiello tanguero di Astor Piazzolla.
Certo non ci mancano i registi oppure le degne protagoniste da scegliere… che cosa manca quindi per far rivivere in scena Maria de Buenos Aires?
E come sempre Buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi solo lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!
Un abbraccio